home

 
Visualizzazione post con etichetta cultura transgender. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta cultura transgender. Mostra tutti i post

lunedì 7 settembre 2015

LA CULTURA DEI "DUE SPIRITI" NELLA TRADIZIONE DEI NATIVI AMERICANI

lo Spirito "Berdache" di Wendy Susan Parker

Quechan khwerhame, female two spirit




traduzioni a cura di Mirella Izzo e Mirella Izzo e Matteo Manetti
All Rights Reserved

LSpirito "Berdache"
Nel 1530, l'esploratore spagnolo Cabeza de Vaca scrisse nel suo diario di aver visto maschi nativi indiani addolciti nelle tribù della Florida che vestivano e lavoravano come donne. PIù tardi, nel sudovest, i Conquistadores spagnoli nel 17esimo secolo, gli scritti dei missionari cattolici del 15esimo secolo, i venditori di pellicce francesi e i coloni inglesi, nel nordovest, confermavano lo stesso fenomeno in altre tribù.
Più tardi gli antropologi culturali documentarono questo "status" di "terzo sesso" (gender ndt) in almeno altre 120 tribù nord-americane e in numerose altre culture in tutto il mondo.
Gli europei chiamarono questo tipo di persone "berdache" parola che deriva dal persiano "bardaj", originariamente termine che indicava parnter omosessuali passivi, in genere graziosi, o ragazzi effemminati. Ma, i berdache indiani erano molto differenti dalla visione europea dei "berdaj" come "eretici sodomiti", così come scritto dai crociati quando invasero la Persia nel Medio Evo.
Al contrario, le culture native indiane sembrano abbracciare la nozione di un'opposta identità di genere, differente dal proprio sesso anatomico SENZA alcuna implicazione riferita alle preferenze sessuali. I "Berdache" erano visti in genere dalle tribù native come persone dotate di uno stato quasi Sacro. 

domenica 21 agosto 2011

PARLA MARRAZZO: UN REMIND

PARLA MARRAZZO: UN REMIND

UN'INTERVISTA DI MIRELLA IZZO 

A SEGUITO DELLO SCOPPIO DELLO "SCANDALO"

A pochi giorni dall'intervista rilasciata dall'ex governatore della regione Lazio, Marrazzo e dalle evidenti contraddizioni delle sue parole - sospinte dal bisogno di "perdono" e dalla difesa della propria dignità (laddove ci scappa anche una controversa difesa della dignità delle persone trans con cui aveva a che fare), ritengo utile pescare dal dimenticatoio una
 
Recentemente, invece, nel merito della recente intervista a Marrazzo, ho, a caldo, avuto modo di scrivere su facebook vari interventi che riassumo nelle seguenti (non letterali) parole:

giovedì 7 aprile 2011

Lezione Universitaria di Mirella Izzo su Transgender e Identità di Genere

Lezione Universitaria di Mirella Izzo su Transgender e Identità di Genere

Nel ripropormi di utilizzare più spesso questo blog per il futuro (specie per chi non usa FaceBook), mi permetto di segnalare i video on line di una lezione che ho tenuto presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione, Corso di Sociologia Generale, Indirizzo Scienze Tecniche e Psicologiche, sul tema delle Identità di Genere e sul Transgender. 
Chi fosse interessat* può vederne il video (quasi) completo:


martedì 10 agosto 2010

Trans: problema o risposta?

CHI E COSA SIAMO?
Siamo in agosto, mese di scarso desiderio di impegnarsi e di preoccuparsi per le vicende del mondo intero. Molte persone desidererebbero una "pausa" da ogni problema... Purtroppo ci si può solo isolare dal resto del mondo non seguendo tv, giornali, internet, ecc., ma i problemi personali e familiari restano: soldi, salute, amore, umore, autostima ecc.. Problemi o concreti o esistenziali che in comune hanno solo il fatto di "inseguirci" anche sulla punta dell'Everest.
Dico "Inseguirci" perché noi vorremmo scappare, spesso da tutte le difficoltà pratiche (ecco perché si dice che "la ricchezza non fa la felicità ma l'aiuta molto") e da noi stess* e dalle dinamiche relazionali che abbiamo messo in gioco o che abbiamo ereditato per nascita (la famiglia di sangue o adottiva).
Noi transgender siamo specialist* nelle questioni esistenziali ("Chi e cosa sono?"), ma, più sovente di quanto non si creda, diamo risposte molto diverse alla stessa domanda.. «Sono un maschio uomo o sono un errore biologico e sono maschio per errore ma donna?» «Non sono né maschio né femmina, né uomo né donna? Sono, al contrario, sia uomo sia donna?».
Domande che - di norma - restano oscure al "grande pubblico" di chi non vive sulla pelle questa opportunità che la vita ci ha posto davanti. Non la chiamo né sfortuna fortuna proprio per il motivo accennato: diamo risposte diverse alla stessa domanda, C'è chi ritiene una fortuna avere in sé "entrambe le "anime" del maschile e del femminile", c'è chi la ritiene una grave ferita e tenta in ogni modo di cancellare "l'errore originale", chi, ancora, nega di essere "due anime" e ritiene la propria condizione un errore meramente biologico che non porta affatto ad essere sia uomo sia donna, ma "donna intrappolata in un corpo maschile" o, viceversa "uomo intrappolato in un corpo femminile".
Chi ha ragione? Chi dà la risposta corretta? Chi sono io o chiunque altro, per dare una risposta univoca nel decretare chi sbaglia e chi è nel giusto? Al di là di alcuni punti fermi strettamente biologici (alcuni noti altri ancora no) che negare sarebbe una falsificazione evidente - e cioè, per esempio, che nasciamo maschi o femmine in termini genetici anche se ci sentiamo e sappiamo d'essere l'opposto di quel che ci dice il corpo e non possiamo modificare questa differenza nelle sue parti più "funzionali" come l'impossibilità a far transizionare delle ovaie in testicoli e viceversa, un utero in prostata e viceversa, ecc. - il resto appartiene più all'intimo sentire che non ad una oggettiva realtà. Perlomeno allo stato attuale delle nostre conoscenze psicobiologiche.
Alcuni studi (troppo pochi per diventare scientificamente accertabili) sembrano dimostrare che a livello di neuroscienze, effettivamente qualcosa di diverso vi sia anche nelle funzionalità biologiche fra noi trans e chi non lo è. Studi che sembrano dimostrare che i cervelli di tutte le persone trans analizzate  "funzionino" e abbiano caratteristiche tipiche del sesso opposto a quello di nascita. Qualora dovesse arrivare uno studio, replicato, di massa e con "cieco", fatto su persone trans prima che inizino la terapia ormonale e che desse lo stesso risultato di difformità tra corpo e cervello, ci troveremmo di fronte ad un nuovo affascinante enigma scientifico che però, nella correlazione inestricabile tra psiche e soma (PNI) non modificherebbe in modo determinante la "risposta individuale" che si darebbe alla citata domanda e, in questo caso, anche alla successiva «cosa significa avere un corpo maschile e una mente femminile (o viceversa)... Mi rende donna (o viceversa) o una via di mezzo, una sorta di terzo sesso, una sorta di intersessuale cerebro-somatico?»
L'aspetto "esistenziale" e - come tale - individuale, non credo potrà essere spazzato via mai. Anche qualora si trovassero aspetti genetici predisponenti (e se ce ne fossero anche altri, ignoti, che annulla o rinforzano o sostituiscano quelli scoperti?), il "kit diagnostico" di transgenderismo non credo sarà mai disopnibile. 
Non è come essere in cinta o meno o la misurazione dell'insulina. Nell'identità di genere entrano fattori "esistenziali" tali da mettere persino in dubbio l'attuale caratterizzazione patologico/psichiatrica della condizione stessa.
L'attuale bisogno di "ormoni/chirugie" ecc., questo sì, potrebbe diventare un obsoleto ricordo qualora gli studi attuali sulle staminali e sulla terapia genica dessero risultati per ora solo sperati. Il ricorso alla medicalizzazione "pesante" (mi riferisco alla chirurgia e a farmaci con impatto pesante) renderebbe ancora più difficile giustificare il già ingiustificabile inquadramento di patologia psichiatrica curabile con farmaci non psichiatrici e chirurgia non neuropsicologica.

In realtà, a ben guardare, la nostra realtà è così evidenziata e caricata di significati, esclusivamente per motivi culturali che vedono nell'appartenenza all'uno o all'altro sesso la prima e più importante discriminante per spiegare la natura umana. Esigenza di "classificazioni" chiare, inequivocabili per spartirsi gli "oneri" di una vita sociale, basata sul sesso di appartenenza. 

Senza questi aspetti, il nostro interrogarci sul "chi e cosa sono" non dovrebbe essere poi così diverso dalle domande ancestrali e universali che dovrebbe porsi ogni essere umano, da sempre. I classici "chi sono", "perché sono", "da dove provengo", "dove vado".
Proprio questi motivi culturali che ci fanno balzare in testa agli interessi "popolari" sia in termini morbosi, sia in termini di condanna dogmatica, sia in termini positivi, di curiosità verso il confronto con una realtà "altra" rispetto all'imposto dualismo sessuale, rende - di fatto - la nostra condizione un qualcosa che, pur partendo da uno specifico territorio dell'identità umana, diventa di valore universale per ogni essere umano.
Per questo subiamo un carico di stigma sociale vergognoso.
Per questo siamo l'oggetto del desiderio di molti studiosi della natura umana.
Per questo siamo altrettanto interessanti per chi si occupa di psiche o di sistema neuroendocrinologico, di genetica ed epigenetica.
Per questo raccogliamo tanto successo sia con uomini sia con donne in ambito sensuale.
Per questo sempre più raccogliamo l'interesse di sociologi e studiosi di diritto.
Per questo la nostra presenza fa sempre alzare lo "share" nelle tv.
Generalmente non ne siamo pienamente consapevoli noi, non lo sono né i ricercatori che ci studiano per trovare delle risposte, né - tantomeno - il "pubblico popolare" di tv e giornali,
ma di fatto, la nostra realtà, per via dei dogmi culturali che spezza e corrode, rappresenta un universale "remind", valido per tutte e tutti alle domande essenziali che chiunque dovrebbe porsi per vivere una vita consapevole e che la cutlura di una vita tutta esoversa (rivolta all'esterno, alle merci, al denaro, all'accumulo di beni materiali e umani, alla carriera, al bisogno di arrivare a fine mese o di arricchirsi, ecc) rende così difficile da praticare.
Viviamo in un mondo che non lascia molto spazio e tempo ad interrogarsi su di sé e per questo suscitiamo scandalo o morboso o appassionato interesse.
In fondo, non lo sappiamo, ma abbiamo una grande responsabilità sulle spalle: ricordare al mondo degli uomini e donne, che per vivere bisogna prima essere e per essere bisogna prima capire chi e cosa siamo.
Non c'è che dire: una bella grande responsabilità.... di cui, prevedo, l'umanità diventerà più consapevole tra qualche decennio (2012 permettendo).


Mirella Izzo
Genova 10 agosto 2010, ore 12


PS: questo scritto doveva, in partenza, essere una breve presentazione alla riproposizione "in casa" di una mia vecchia intervista rilasciata a blog esterni, che ritenevo ancora attuale e importante per la natura divulgativa del suo contenuto.
Poi, come talvolta mi accade, le mani hanno iniziato ad andare da sole, spinte da sinapsi che si formavano via via scrivendo e quindi, il pezzo ha assunto una sua autonoma natura e come tale ve lo presento

mercoledì 22 luglio 2009

MEMORIAL PER TIZIANA LORENZI



Tiziana Lorenzi è scomparsa dopo una lunga agonia risalente al 27 giugno 2009, durante il corteo del GenovaPride. Là, sul carro dell'Associazione Transgenere e della Comunità di San Benedetto, si è sentita male. Dal corteo è stata trasportata d'urgenza in ospedale. Fino alla notizia di ieri che ne annunciava la morte. Per chi l'ha conosciuta, sia in internet sia nella vita reale, dedico lo spazio dei commenti al suo ricordo. Chiunque voglia può lasciare poche o tante righe in sua memoria ed in suo ricordo. Anche io lascerò il mio nei commenti.
Militava nell'Associazione Transgenere, che opera in Versilia ed in Toscana, regione nella quale risiedeva.
Esprimo la mia costernazione e la dolorosa sorpresa per la notizia.

Mirella Izzo

giovedì 7 maggio 2009

CRISALIDE: DIECI ANNI DI BLUFF INVOLONTARIO

CRISALIDE: DIECI ANNI DI BLUFF INVOLONTARIO
Dimenticate tutto quel che ho scritto a riguardo di “cultura transgender”, di nativi americani e “two spirits”, “Winkte”, ecc.
Dimenticate che esista realmente, in Italia, un movimento transgender capace di esprimere una, anche vaga, propria cultura alternativa rispetto a quella socialmente dominante, basata sui “dualismi”.
Dimenticate che le persone “trans” italiane, assomiglino, anche vagamente, a come spesso io le ho dipinte.
Non che io abbia mentito consapevolmente. Un po’ sono stata ingannata da una serie di eventi, un po’ mi sono aggrappata – all’ultimo disperatamente – a quel che io stessa avevo costruito come immagine delle persone transgender.
Capita, quando ci si sbaglia e si investe tutta la propria vita su un errore di valutazione iniziale, di attaccarsi a quell’errore per non ammettere di non avere capito. Per non ammettere di avere costruito una realtà che non esiste o meglio, che esiste come fenomeno marginale, elitario, ed ormai completamente privato.
Le persone transgender che in Italia avevano qualcosa di importante da dire sono, ormai, tutte fuori dai “giochi”. O perché ritiratesi a vita privata o perché si occupano di altro. Mi permetto di fare io dei nomi: Davide Tolu, Matteo Manetti, Diana Nardacchione, Helena Velena, Alex Barbieri. E’ triste che l’elenco finisca qui, potrei dimenticarne un paio, ma gli altri nomi “noti” sono solo costruzioni artificiose (talvolta al limite del plagio) basate sulle idee di chi ho menzionato. Idee riportate ma non elaborate, quindi non vissute. In altro “post” ho già citato un libro di altra autrice che dovrebbe essere ascritto a me perché riporta al 90% elaborazioni da me scritte su web da anni.
Altre persone continuano a sciacquarsi la bocca con le idee di un movimento transgender ma praticano una vita da manager maschilista e venale.
AzioneTrans è, con la volontà di Francesca, ormai un’associazione di “transessuali primarie”, che lotta per leggi più giuste, ma che trascura l’elemento culturale che è poi quello che forma le persone e, successivamente, i movimenti. Ottimo lavoro ma anche lei credo stia iniziando a chiedersi: “per chi lo faccio?”.
Se non lo stesse facendo, mi preoccuperei.
Crisalide nacque proprio dall’incontro fra me e Manetti. Poco dopo si aggiunse Davide Tolu.
Non conoscevo gran che dell’”altro” prevalente. Conobbi loro (e più tardi gli altri nomi citati) e mi feci un’idea molto ottimistica a riguardo della profondità delle persone transgender.
Quando iniziai a vedere cosa invece facevano, come vivevano, cosa pensavano, la stragrande maggioranza delle persone “trans”, capii che gli sparuti altri che avevo conosciuto all’inizio del mio percorso di transizione, erano un’intellighenzia che per caso era entrata in contatto con me e che mi fece avere suggestioni errate.
La realtà è che una grande maggioranza di trans non è affatto interessata al “transgender”, alla rottura dei ruoli “binari” maschio/femmina e tutto quel che ne consegue anche in termini di diritti civili (si pensi all’istituto del matrimonio o all’istituto dell’anagrafe come sarebbero stravolti); vuole solo passare da uno stereotipo all’altro. Chiede non un diritto che provenga da un’elaborazione culturale e scientifica, ma il privilegio di transitare da un sesso all’altro senza mettere in discussione la binarietà dei sessi (per questo lo chiamo “privilegio”, perché la binarietà non prevede che si passi da una parte all’altra tanto allegramente).
La grande maggioranza delle persone trans italiane, non sa neppure chi siano le persone intersessuate, ovvero quelle persone a noi “sorelle” (o fratelli) maggiori.
La stragrande maggioranza delle trans MtF, non scende in piazza per il diritto al lavoro, ma si mobilita in massa (con la benedizione delle “associazioni” riunite in “coordinamento”) a Napoli per chiedere che si preservi il “diritto a prostituirsi”, motivandolo con il fatto che «noi trans non abbiamo altro lavoro per mantenerci».
Non interessa il diritto al lavoro, ma il diritto a restare marginali (ma ricche) riconoscendo che il vero lavoro (pre)destinato alle trans, è la prostituzione.
Non sono opinioni, ma fatti. A Napoli sono scese in piazza molte più trans di quante ne scesero a Sanremo, quando si manifestò contro la fine dei pregiudizi contro le persone transgender sul lavoro (gli altri, non la prostituzione).


“Transfemminismo”? “Uomo Nuovo” (de-maschilizzato e proveniente dal movimento internazionale FtM)?. Si, si… esistono le transfemministe ed anche uomini FtM che rifiutano gli stereotipi di genere maschilisti. Una percentuale irrisoria rispetto alle trans “maschie” nel cuore e nelle modalità di vivere il rapporto sesso/sentimento e agli FtM che sognano di diventare i migliori strapazzapapere dell’universo.

L’altro giorno parlavo con un’amica transgender americana del mio libro “Translesbismo: istruzioni per l’uso” (ormai davvero vicino alla pubblicazione italiana…) come di una novità assoluta nel panorama librario nazionale, per i temi trattati. Lei era molto stupita perché i temi del translesbismo e ancora di più del transfemminismo, sono oggetto di numerosissime pubblicazioni in USA e sono temi centrali nel dibattito dei movimenti femminista, lesbico, transgender.
Mi viene da ridere (o da piangere) se penso allo sparuto numero di translesbiche che associano al proprio orientamento sessuale lesbico, una coscienza di dignità femminile, di “femminismo transgender”.


Crisalide è stato un grande bluff che, per un certo periodo, ha quasi convinto una parte dei “media” italiani che le persone transgender potessero avere qualcosa di speciale, di utile alla società.
La realtà è che ancora oggi la maggioranza delle trans MtF SCEGLIE (dichiara di) la strada e ne rivendica grande dignità.


Mi sono vergognata a leggere su un bel libro femminista come “Altri Femminismi”, un intervento di Porpora Marcasciano che inneggiava alla prostituzione come strumento di indagine e conoscenza socio/psicologica e rivendicava alle trans questo ruolo di mediatrice tra i sessi che, chissà perché, dovrebbe avvenire facendo pompini o altri splendori della sessualità mercificata.

Mi vergogno ancora a leggere la sua approvazione ad affermazioni di sex worker americane e mistress (sadomaso in ruolo dominante) che giustificano il proprio mestiere e voglia di far soldi con frasi del tipo: «facciamo agli uomini quello che gli uomini hanno fatto da sempre alle donne».
Non capire che tali spiegazioni erano mere giustificazioni al proprio business, da parte di una trans; non capire la differenza tra chi ti paga per farsi frustare e la violenza perpetrata contro le donne per millenni, per me può significare soltanto che si è restate uomini e pure un po’ “stronzi”, dentro. Ovviamente è un’opinione personale derivante dalla mentalità che esce da certe dichiarazioni.
Oh, per carità… si sa che «le trans sono ottime prostitute…»
E’ noto, specie fra i clienti affezionati: «le donne lo fanno per lavoro, la trans per proprio piacere». Farsi pagare per il desiderio sessuale come conferma di una femminilità raggiunta, dimenticando un paio di particolari: che le donne raramente provano soddisfazione nel prostituirsi e che questi uomini che pagano le trans, pretendono l’”uccello” e possibilmente attivo e funzionante. Sai che conferma di femminilità!! Uno stereotipo? In parte sì, ma gli stereotipi, l’ho imparato, non nascono dal nulla. E reale che per molte trans che si prostituiscono, farlo è fonte di autostima e piacere. Se non bastasse la mia parola, la presidente di Libellula 2001 di Roma, ha dichiarato cose analoghe in una tv romana. Si, è così: una rappresentante vera (non come me, che rappresentavo me stessa e pochissime decine di altre persone) delle trans, ha affermato che prostituirsi ha anche un valore di crescita nella propria nuova condizione femminile (sic!).


L’”Uomo Nuovo”? Oh, basta frequentare per un’ora Davide Tolu o Matteo Manetti per accorgersi che esiste e per capire quanto è differente dallo stereotipo classico maschile/ista.

Certo è, però, che dall’altra parte sono decine le mie conoscenze di “nuovi uomini” (in senso temporale, in questo caso), che con la crescita dei primi peletti di barba hanno fatto impennare la loro stronzaggine testosteronica, prendendo e lasciando ragazze come fossero fazzoletti di carta. Ragazze incantate e inebetite da questi apparenti nuovi uomini “senza pene” che evocano il maschio non prevaricatore.
Quanti FtM maschietti perfetti, in tiro, alla continua ricerca dell’affermazione sociale nel lavoro, nel sesso, nei soldi… e nell’insopprimibile desiderio di far conquiste su conquiste! Quanti FtM yuppy anche ora che lo “yuppismo” è morto negli anni ‘90!


Non volevamo essere un “bidone”, noi di Crisalide… anzi non credevamo di esserlo, nei primi anni di attività. Pensavamo che il nostro fosse un sentire diffuso e comune e che magari noi avessimo semplicemente più voglia di comunicare e di farlo politicamente. Dopo un paio di anni, già sapevamo di esserci sbagliati ma pensavamo ancora che il nostro stimolo avrebbe potuto svegliare le nuove generazioni transgender ad una propria dignità in quanto tali. “Two spirits”, uomini e donne “come gli altri”, ma con un proprio specifico culturale, dovuto alla realtà oggettiva della propria condizione, realtà, biografia di transito fra i generi.

Ci abbiamo provato con tutte le forze per anni. Al massimo siamo stati ingannati da qualche falsa/o “discepola/o” della prima associazione transgender (e non transessuale) italiana, che ha usato la “novità” a proprio uso e consumo.

Solo io – di quel gruppo - ho resistito così a lungo (segno di minor intelligenza, di maggior impegno o di mera testardaggine? A chi legge la scelta) nel perseverare con la cultura transgender in Italia.
Sia chiaro: la cultura transgender esiste eccome! In USA, in UK, in Spagna, in Olanda, in quasi tutta Europa, ma non ha scalfito lo status di “italiota” che non ci distingue dal resto della popolazione, anzi, spesso, pur di piacere, ci rende, noi “trans”, più italioti degli italioti.


In tutto il mondo, le cure di cui necessitano le persone trans, sono fornite dai Sistemi Sanitari Nazionali (così come sono organizzati) tranne che negli USA, dove però il problema delle cure mediche a carico dello Stato è generalizzato.

In Italia, una classe politica (di sinistra) squallida e di un’ignoranza abissale, alleata a squali transgender che cercavano la via individuale alla ricchezza, magari stanche di dar via il culo, sta “dando vita” ai cosiddetti “consultori”, gestiti dalle Associazioni.
Non consultori che diano informazioni utili - come ci sono in tutto il mondo - ma che proprio gestiscono la salute e la transizione medica delle trans, ovviamente con personale medico, ma decontestualizzato dalla multi specializzazione che offre un ospedale.

Così le trans ed i trans “utenti” fanno più favori (a proprie spese): si tolgono dai coglioni negli ospedali dove ci sono “i malati veri” , spendono molti più soldi che con i ticket, e non hanno l’assistenza – normale negli ospedali – delle consulenze gratuite di eventuali altri specialisti per altri ambiti della salute che possono derivare proprio dalla terapia ormonale. Il tutto per mantenere vive queste Associazioni e soprattutto chi le dirige.

Complimenti alle soluzioni all’Italiana. Poi abbiamo protocolli diversi da quelli internazionali perché noi siamo più furbi di tutti ed infatti le ed i trans italiani si devono sorbire a volte anni di psicoterapia (quasi sempre pagata) per avere l’ok agli “ormoni” (nel mondo si eseguono test psichiatrici e si ha una diagnosi in pochi mesi).
Ci si potrebbe immaginare una rivolta popolare di fronte a questi abusi: «vogliamo essere seguite/i negli ospedali che offrono maggiori garanzie e sicurezza, in cui spendiamo meno e sostiamo meno a lungo nella terra di nessuno delle indagini psicologiche senza diagnosi».
Niente di niente di niente. Piegare il capo e obbedire: questa è l’attitudine prevalente in ambito trans, salvo poi scatenarsi di notte (per le MtF) nelle discoteche ad offrire il proprio corpo conquistato, come un trofeo di silicone o, per gli FtM, darsi finalmente alla “dolce vita” fatta di alcool e tanta più figa possibile…

Insomma Crisalide ha per anni falsificato la realtà. Io, in prima persona, ho raccontato a giornali, riviste, radio e tv, una realtà di persone meravigliose che in realtà non esistono, se non in una percentuale inferiore rispetto al resto della popolazione.
Di me un ex dirigente di Arcigay, ora presidente onorario (e che non è Grillini), so che disse: “è l’unica trans con il cervello”, o qualcosa del genere.

Mi offesi allora perché derideva una “categoria” che credevo esistere. Oggi, sebbene non pensi di essere l’unica, comprendo molto meglio tale affermazione. Ripeto non sono l’unica e poi “nel movimento” c’è tanta “merda” che ovviamente, anche una persona di media onestà intellettuale, fa già un figurone!
E poi, non sono così convinta che ripeterebbe tale affermazione, leggendomi oggi, negli ultimi periodi in genere.
Mi pento di avere rappresentato una realtà come prevalente, quando invece è ultra minoritaria? No, perché alla fine è bene rappresentare anche le minoranze. Perché è bene conoscere Stalin ma anche Trotzky, Bush ma anche Luther King.

Certo gente come King sembrava rappresentare il sentire comune dei neri d’America… ma era un falso. Tolto di mezzo lui, tutto si è perduto. E questa è la prova che tante belle menti, rappresentano solo se stesse, anche se a volte, godono di una certa popolarità. Perché anche gli stronzi, a volte, sognano d’essere buoni e si scelgono un leader che li rappresenti per continuare a farsi i propri affari (più o meno sporchi).
Succede ovunque? Vero. Tanto vero che molti anni fa ebbi a dichiarare in pubblico che le persone transgender avranno conquistato pari diritti solo il giorno in cui avranno diritto alla “mediocrità”.
Cioè che per riuscire a trovare un lavoro non fosse più necessario essere talmente brave/i e redditizie/i da far superare i pregiudizi, in nome del Dio “convenienza”.
In quella frase c’era la mia consapevolezza della realtà in cui mi muovevo ma che non potevo dichiarare come realtà prevalente.
Continuo a pensare che le persone transgender debbano avere accesso ai diritti di tutti, anche se non particolarmente brillanti, ma quel pensiero non mi sarebbe mai venuto in mente se non avessi già capito in che ambito mi muovevo.
Perché la mediocrità – lo dico perché è la verità, non perché sono diventata una vecchia acida – in ambito trans è molto più diffusa che altrove.
In un certo senso è normale che sia così. Lo è in genere per tutte le comunità emarginate al punto da portare chi vi appartiene ad auto ghettizzarsi pur di avere qualche vantaggio (vedi la vocazione alla prostituzione) Perché la comunità trans avrebbe dovuto fare eccezione?
Perché una cinquantina è riuscita a vincere l’emarginazione per fortuna o per merito?

Non è così, non lo è stato e non è.
Orgoglio transgender? Mi viene da ridere (o ancora da piangere). Esistono talmente tante trans che dopo avere completato la transizione, cambiano città, e nascondono la loro ex condizione persino ai loro partner, da far tristezza. In gergo si dice “vivere in modo stealth”. Ecco l’orgoglio transgender! Oppure esiste l’orgoglio” che vanta il diritto a prostituirsi come una bandiera dell’essere transgender. O l’orgoglio di corpi totalmente sintetici e denudati alle parate dei Pride.
Poco, pochissimo orgoglio rispetto alla propria intelligenza, sensibilità, ecc.
Anni fa a Matteo Manetti capitò di polemizzare con un CTU che faceva eseguire il Quoziente di Intelligenza alle ed ai trans, per avere l’ok all’intervento. La risposta che lo psichiatra gli diede fu laconica. Disse: “faccio questo test, lo ammetto, per una ricerca mia personale, perché il riscontro, rispetto al resto della popolazione, di capacità intellettive delle persone trans – specie da maschio a femmina – sono sconfortanti. Sono felice che lei faccia eccezione e “alzi” la media”. Al tempo, quando mi riferì l’episodio, sia io sia lui, rifiutammo ideologicamente l’affermazione dello psichiatra… Mentiva.. doveva per forza mentire. Oggi mi chiedo: “perché avrebbe dovuto farlo? A che pro, dato che era persona supportiva e non ideologicamente contraria alla transizione?”
Non che io creda poi molto al test del Q.I….. certo però che la cosa fa pensare

Un’amica lesbica, leggendo la bozza di quanto scritto fino a qui, mi ha contestato varie cose: che le situazioni di cui parlo sono comuni a tutte le realtà, che – ad esempio - anche la maggior parte delle lesbiche pensa a scoparsi qualcuna e non certo ai documenti programmatici di ArciLesbica, ma ci si iscrive perché delega all’Associazione il “pensare sociale” per i suoi diritti.
Mi dice che sbaglio a ritirarmi e soprattutto che è grave che io diffonda questi messaggi a tutti e non, magari, solo all’interno del “movimento”.
Sono anni che dico tante cose, all’interno del movimento, invano (forse le mie controparti non hanno mai effettuato un Q.I.? ).
In realtà non voglio dire che sono scontenta del lavoro fatto in Crisalide. Credo che l’Associazione abbia prodotto tanta qualità al punto che oggi, a sito fermo (dagli aggiornamenti) mi è arrivata una proposta di pubblicità sulle pagine del sito di Crisalide AzioneTrans. Segno che è ancora letto e visitato. Non è questo il punto. Il punto è che io ho rappresentato all’esterno una realtà transgender italiana che semplicemente non esiste. Ho proiettato su tutte le ed i trans l’identità mia e di uno sparuto gruppo di “intellettuali transgender”, forse un po’ segaiole/i, visti i risultati. Questo è il bluff, non certo le nostre proposte, articoli, interviste, lettere, proteste, ecc. Sono orgogliosa della produzione di Crisalide e semmai potranno essere altri a contestarne la qualità o validità.
Il bluff è solo la rappresentazione in “collettiva” di una realtà poco più che individuale.
Questo, secondo la mia amica, non va detto a tutti: «ci sarà chi utilizzerà le tue parole per gettare fango sulla “categoria”».
A parte che non mi ritengo così “seguita” da far sì che le mie parole vengano usate contro “la categoria”, il punto per me è un altro. Qualsiasi conquista di diritti, nella storia, passa attraverso una realtà vera di movimento e non attraverso rappresentazioni fantasiose, proiezioni dei propri desiderata.
E’ bene dire la verità sulla realtà trans italiana. Una realtà pessima come pessimo è quasi tutto, oggi, in Italia. Siamo diventati un popolo razzista, intollerante, abbuffino, senza ideali.
Chi li ha gli ideali, non è più rappresentativo. Capita a Crisalide come è capitato ai sognatori di “uguaglianza e fraternità” di Rifondazione Comunista e come capiterà anche ai sognatori di una destra rinnovata (penso a “Casa Pound”, se ne ricordo la dizione esatta). Siamo un popolo forcaiolo che però si commuove tanto se si raccontano storie strappalacrime. Diritti niente, ma solo gentili concessioni che portano, magari, Luxuria a vincere “L’Isola dei Famosi” o poche altre “transfortunate” a godere di un certo appeal mediatico.
Non potrei “andarmene” senza avere dichiarato prima il “bluff”.
Non perché voglia far del male alla “categoria”… questa il male se lo fa già da sola inseguendo il nulla, semmai per lanciare il mio ultimo “allarme”.
Se non si impara a “muovere il culo” diversamente da come si fa in discoteca, se non si impara a studiare, pensare, elaborare, leggere e poi, solo poi, lottare, beh, se le cose poi andranno male, ci sarà solo da fare un enorme e collettivo “mea culpa” perché si perderà, senza lottare, senza verificare se ci poteva essere una chance, un futuro diverso e migliore.
Tutte cose che non mi toccheranno gran che personalmente dato che lo status di persona con handicap è infinitamente più pressante, nella vita reale, di quello di transgender.
Già è noto cosa io pensi di chi oggi rappresenta il movimento trans in Italia. Mi basta aggiungere che tutte, ma proprio tutte, le persone perbene e soprattutto capaci, si sono ritirate a vita privata, alcune sconsolate, altre depresse, altre con un «andate a dar via il culo» represso per anni passati ad ascoltare pretese senza mettere mai in campo un millimetro di impegno, di assunzione di responsabilità.
Quel che fa rabbia è che questa non è la realtà transgender, ma quella italiana.
Basterebbe varcare il confine per accorgersi che di “Mirella Izzo” non ce ne è una sola, che non è né “mitica”, né “pazza”, ma che sarebbe una fra tante che provano ad usare cuore e cervello (maschile o femminile che sia… se non lo si usa, non si nota la differenza).
Di libri sul translesbismo e transfemminismo o riguardanti le riflessioni di trans FtM rispetto ad un modello maschile non maschilista, è pieno il mondo. Non in lingua italiana però.
Perché non ne vengono scritti e neppure vengono tradotti i tanti provenienti da paesi civili, senza scomodare le fatiche di pochissime/i italiane/i appartenenti a questa Repubblica delle Banane.
Non avrei finito ma sono stanca e poi «non si scrive così tanto su internet… dovresti fare un riassunto».
Beh, io alle elementari odiavo i riassunti, ma se qualcun* si vuole dilettare, che ci provi .
IMPORTANTE PRECISAZIONE: i nomi delle persone transgender che ho fatto, come esempio di bontà intellettuale (e non solo), non implicano alcuna condivisione – da parte loro – del mio pensiero, passato ed attuale, né l’appartenenza a Crisalide AzioneTrans. Sono nomi che io ho fatto per la stima che porto verso di loro e che non necessariamente è ricambiata, salvo – credo di poterlo dire – il caso di Davide e Matteo.

Mirella Izzo

PS: non so cosa rispondere a questa Azienda che vuol fare pubblicità sul sito di un’associazione abbandonata…