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giovedì 30 dicembre 2010

LODE ALL'IMPERFETTO (SDURATA COPPIE E SVITA CIVILE)

LODE ALL'IMPERFETTO (SDURATA COPPIE E SVITA CIVILE)

Guardando un banale film (seppur carino nella sua apparente semplicità della trama principale) come "Scusa se ti voglio sposare" (seguito di "Scusami se ti chiamo amore") mi sono emersi dei pensieri che il film, se guardato extra trama principale, quindi transversalmente, stimola (o perlomeno ha stimolato in me).
Le coppie scoppiano, non durano. I matrimoni mediamente si sfaldano dopo 4 anni (ufficialmente per cui mettiamoci già un anno di crisi precedente, mediamente), delle coppie di fatto si sa poco o niente grazie allla lungimiranza della politica italiana. Ho ragione di pensare che i tempi siano un po' più lunghi prima di arrivare allo sfaldamento. Questo perché l'aspettativa - di norma - è minore in una coppia di fatto rispetto a chi "decide il grande passo". Un passo così grande che le gambe non lo sostengono.
Prima era diverso. I matrimoni duravano una vita. Neppure era previsto il divorzio. Prima c'era la soggezione vicina alla schiavitù della donna nei confronti dell'uomo. Come minimo la soggezione economica. Le donne NON lavoravano e gli stipendi degli uomini erano pari a quelli che oggi danno a 2 lavoratori (mettiamo i componenti della coppia). La liberazione della donna si è miseramente schiantata contro il muro di un'astuta economia maschilista ancor prima che capitalista. Molte libertà la donna le ha conquistate e sono millenni di passi avanti avvenuti in pochi decenni (si pensi che fino a pochi decenni fa esisteva l'attenuante del "delitto d'onore").
Le coppie scoppiano e non durano, quindi, perchè le donne non sono più schiave, l'amore, per natura, non dura per sempre, e finito l'obbligo a stare insieme anche ad amore finito (che coinvolgeva anche gli uomini che però potevano distrarsi con amanti quasi ovvie e talvolta persino non nascoste).
Ma è davvero così? Meglio: è davvero solo questo il motivo?



E' cambiato solo il rapporto uomo/donna in questi decenni da trasformare una istituzione "fino a che morte non ci separi" ad uno scherzetto da pochi anni?
Sono cambiate, in realtà, secondo me, tante altre cose che incidono nel fallimento della vita di coppia progettuale (etero o meno poco importa). Forse oggi, passati i primi decenni dalla liberazione della donna (molto parziale, sia chiaro), la "sdurata" delle coppie è da cercare anche altrove. Principalmente altrove.
Se è vero che per un buon 70% sono le donne a chiedere le separazioni, non considererei pari a zero il 30% che vede invece gli uomini come attori della "sdurata". Inoltre, a divieti di una volta azzerati, sono le donne ad accontentarsi meno, a sognare il "PRINCIPE AZZURRO" (o la PRINCIPESSA per le lesbiche), a cercare nel partner la SOLUZIONE in termini non contestualizzati, assoluti.
L'uomo, in genere, vede nel matrimonio o nella coppia istituzionalizzata più un progetto pragmatico proprio perché sa quanto il suo pene lo potrà guidare verso infiniti amorucchi con certe implicazioni sessuali ma non altrettanto certe a livello sentimentale.
Quindi l'uomo sceglie la compagna più spesso non come "l'assoluta", la "PRINCIPESSA ROSA", ma più pragmaticamente come la donna con cui - in mezzo a tanti amorazzi molto penosi e soprattutto penieni - progettare qualcosa di più. Con cui costruire qualcosa di stabile (e ovviamente c'entrano i figli tra le prime "istanze" che richiedono stabilità).
Luogo comune ma vero: gli uomini "cornificano" ma non lasciano, le donne se "cornificano" lasciano.
E qui si spiega, forse, almeno in parte, perché il maschio ha voluto sottomettere la femmina fino a che ha potuto.
Le donne, infinitamente più spesso degli uomini, cercano nel partner (di qualsiasi sesso sia) qualcosa di molto vicino alla "PERFEZIONE", se non addirittura la completa sovrapposizione tra proprie aspettative e realtà raggiungibile.
L'uomo sopporta le "stranezze" (per lui) della propria compagna, tanto sa come distrarsi nel lavoro e nelle relazioni che nascono dal lavoro. Si accontenta e in questo accontentarsi ama sua moglie.
La donna, meno frequentemente riesce a sopportare a lungo un uomo che la costringe ad accontentarsi (o anche un'altra donna). Da sempre? Macché!! Per secoli e secoli le donne sono state costrette a sopportare mariti inenarrabili per il loro squallore. Hanno sopportato l'insopportabile. Ma stiamo iniziando a parlare di Storia (in occidente, ovviamente!) e non più di attualità.
Il matrimonio era - quasi per tutti - un obbiettivo ma anche un sacramento religioso. Come tale era "nella buona e nella cattiva sorte" perché consapevole dell'imperfezione della capacità di amare dell'essere umano.
Le alternative erano due: infiniti intrecci amorosi non durevoli (che presentavano rischi notevoli in termini sanitari che hanno inciso non poco nella scarsa diffusione di questa prassi... si pensi alla Lue e a tutte le malattie veneree mortali fino a pochi decenni fa) oppure l'accettazione dell'imperfezione umana e la decisione di scegliere tra le tante ipotesi amorose che si presentano nella vita, una persona su cui puntare per una maggiore stabilità.
Per questo mogli e mariti non erano sempre i più o le più belli/e, i/le più sensuali o anche le persone con le maggiori "affinità di interessi". Le grandi passioni sensuali ed anche quelle artistiche o hobbistiche, spesso bruciano rapidamente i rapporti. Alle passioni sensuali presto ci si abitua, le "affinità di interessi comuni" (a meno di non essere davvero tante, quasi tutte) si consumano e poi ci si chiede cosa realmente tiene unite le persone. Ci si chiede presto se sia amore o il piacere di condividere un interesse con una singola persona a tenere unita la coppia. Dopo poco ti accorgi che altre persone, magari più interessanti per carattere, condividono gli stessi interessi, hanno gli stessi gusti in alcuni importanti ambiti.
Prescindendo per un attimo dalle costrizioni subite dalle donne, cos'altro è cambiato nei rapporti interpersonali?
E' cambiato qualcosa che chiamerei capitalismo affettivo che ci ha contagiato tutte e tutti.
Il capitalismo prevede la ricerca del maggior profitto possibile e quindi prevede lo spostamento continuo dei soldi da un "posto" all'altro, seguendo, appunto il maggior profitto (possibilmente stabile ma è un sogno).
Noi, uomini, donne e "altri gender" siamo tutt* ammalat* di perfezione.
Vogliamo cioè unire insieme ciò che non può essere unito: la stabilità ed il maggior profitto possibile.
Cerchiamo in una sola (povera) persona la stabilità ed il maggior profitto. Che sia possibilmente perfetta. L'altra persona farà lo stesso con (poverin*) noi.
Presto, molto presto scopriamo che le nostre proiezioni da innamoramento (che è una patologia per quanto gradevole e necessaria alla continuazione della specie) sono fantasie. Che l'uomo o la donna che pensavamo fosse in un modo, improvvisamente appare sotto una luce sporca e intermittente che rende l'aureola dell'innamoramento, persino sgradevole. Confondiamo innamoramento e amore e vorremmo la passione dell'innamoramento con la sicurezza dell'amore. Ma non sappiamo più cosa sia l'amore.
Confondiamo il capitalismo affettivo di cui soffriamo con l'amore che è tutt'altra cosa. Forse l'opposto del "capitalismo affettivo".
L'amore è soprattutto una semina che non conosce aspettative immediate di raccolto, è un "mettersi nei panni di chi si ama" per lo stesso tempo (non di più altrimenti si cade nella codipendenza) in cui si vestono i propri.
Soprattutto confondiamo la "ricerca dell'amore" con la "ricerca dell'amato/a". L'amore si cerca dentro di sé: gli altri non c'entrano niente. E' una sovrabbondanza che si produce dentro di sé e richiede di traboccare. L'amato/a è il "miglior terreno" su cui riversare questa sovrabbondanza. Ovviamente perché il processo funzioni deve esserci una reciprocità di sovrabbondanze. Se c'è questo, diventa secondario il "gusto simile", gli interessi condivisi... le affinità caratteriali...
Si entra nelle "affinità elettive" che sono semplicemente il vivere lo stesso sentimento quando parliamo di amore. Non è quasi mai così. Se si chiedesse alla gente (magari in coppia) cosa è l'amore si scoprirebbero terribili equivoci. Ci si dice reciprocamente "ti amo" intendendo cose totalmente diverse, spesso, sempre più spesso.
Parlo ovviamente solo dei rapporti in buona fede. Quelli cercati per interesse sono tutt'altra cosa e totalmente fuori tema. In questi casi (che ci sono sempre stati) il "capitalismo affettivo" è consapevole e soprattutto è un "capitalismo" anche "extra affettivo ma molto più materiale, fatto di concreti interessi personali (non di coppia).
Lode all'imperfezione e all'accettazione del fatto che lo siamo.
Ampliando, il problema non riguarda solo le coppie ma anche altri ambiti della vita: siamo diventate/i fameliche/i di soddisfazioni esterne a noi stess*. Incolpiamo società o gli altri dei nostri insuccessi ben oltre quel che è giusto, pur di non guardare in noi stessi per vedere (e superare) i nostri limiti.
Penso per un attimo al sociale.
Penso alla generazione ex 1000, ora 700 (ma si arriverà a 500) euro, senza pensione, senza un posto di lavoro stabile. Guardo queste centinaia di migliaia di ragazzi (milioni se penso all'europa, decine di milioni se penso all'occidente, una miliardata se penso al mondo intero) che si lamentano di una società che li esclude e il massimo che sanno fare è qualche vecchio e stantio corteo (con o senza black blocks).
Penso se questo fosse accaduto alle generazioni degli anni '60-'70 e penso che si fermerebbe il mondo a costo di dormire sotto i ponti per un po'. Penso che ci sarebbero decine di milioni di persone in piazza e scioperi a tempo indeterminato. Nell'arco di una settimana si fermerebbe il mondo. L'economia andrebbe a pezzi, cadrebbe persino il capitalismo (se fosse una ribellione mondiale... e in passato è successo il propagarsi di una ribellione da una zona del mondo a tutto - o quasi - il mondo... non secoli fa, decenni).
Basterebbe fermarsi: ci sono interi settori di servizi e industriali e culturali e turistici che vivono esclusivamente di "precari". Cazzo, mettetevi d'accordo e fermatevi: tutti, per un mese, almeno in tutta Europa, coinvolgendo almeno un 60% di chi vive questa condizione. In un mese basta bere, si può anche digiunare e non avere un centesimo in tasca. In ballo c'è TUTTO IL FUTURO. Ne vale la pena di fare una lotta così'. A 20 - 30 anni, poi... Ci ho dormito io in strada senza cellu (non esisteva), senza pc in rete (non esistevano), senza FaceBook (non esisteva). Eppure eccome se ci si trovava a centinaia di migliaia. E' andata male? Ma noi vivevamo nel LUSSO ESTREMO rispetto a questa generazione... Ce la siamo menata con le ideologie. Oggi sono "morte" (nel loro senso deleterio del termine) e si può più facilmente fare le cose insieme. Gli obbiettivi sono "di vita o di morte" e quindi comuni. Cosa ci vuole a svegliarvi? Noi 50enni? Mio dio...
Tutto o nulla e siccome tutto è inarrivabile, la gente, specie le nuove generazioni, sole o in coppia, alla fine scelgono (e scelgono davvero, non è una scelta obbligata) il "nulla" pur di non rischiar di farsi male.
Perché la perfezione non prevede il farsi male. In realtà ci si avvicina, con il tempo, alla minor imperfezione possibile, proprio facendosi qualche volta anche male. Certo non bisogna buttarsi nel vuoto.
Ma i ragazzi di oggi hanno QI altissimi... Peccato abbiano QV inesistenti. QV? Quoziente di volontà. Non lo misurano? Basta guardare come funzionano le coppie, come funzionano i rapporti interpersonali, come i sindacati perdano costantemente diritti per misurarlo.
Si ha paura di perdere tutto proprio quando c'è sempre meno da perdere!!!
LODE ALL'IMPERFEZIONE perché solo attraverso la consapevolezza d'essere imperfetti possiamo trovare la forza di "faticare" per raggiungere qualsiasi obbiettivo: sociale, individuale, politico ecc.
Ma non serve essere "viola", "grillini", black block, panterini per farcela.
Siamo gli esseri umani (pangender) cui è stato espropriata l'intera vita attraverso condizionamenti neonatali (tv ma non solo) che ci spingono verso l'impossibile per farci arenare e dire: "ho perso", "non ce la farò mai", "l'amore non esiste" o "esiste" ma è un attaccamento e non una qualità interiore.
Vogliamo amare ed essere amat* senza avere coltivato l'amore dentro di noi (a prescindere dalla presenza di altre persone)... Vogliamo il lavoro senza farci male, senza rischiare di farsi male, qualche volta, si spera il meno possibile, di morire (perché i nemici ci sono, cazzo, ci sono).
Senza mettere in discussione - non tanto i modelli economici dell'economia - quanto i modelli interiorizzati di valori e obbiettivi totalmente fantasiosi, inesistenti, totalizzanti (così se non si ha successo ci si ritira nel proprio dolore e non si fa più nulla).
A gioco breve ne beneficiano gli psicoterapeuti ma anche tra loro cambiano le generazioni... e davvero non si sà come andrà a finire...

Dobbiamo imparare ad accettare compagne/i imperfetti ma che abbiano i "fondamenti": la capacità di amare.
Dobbiamo imparare a preferire un lavoro umile ma con diritti piuttosto che uno meglio pagato senza diritti.
Dobbiamo imparare a dire sì alle nostre imperfezioni e a dire NO alle illusioni che ci portano solo sofferenza.
IMHO
in Genova, lì 27/12/2010
Mirella Izzo (Ma Shanti Prashna)
(... ed ho affrontato solo qualche lembo del groviglio in cui vivivamo, almeno oggi)
Sono stanca. A voi.

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