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martedì 24 giugno 2008

NESSUN CONSOCIATIVISMO SUI PROTOCOLLI DI DIAGNOSI

Prenderla da lontano:
La teoria del Big Bang, Lemeitre ed i nemici del progresso (civile)
delle persone "trans"
(revisione del 25 giugno, ore 20.00)
Chi era Georges Esouard Lemaître? Non credo lo sappiano in molti, oltre gli esperti del settore.
Può aiutare la foto qui sotto a capirlo:



Georges
Esouard Lemaître
Studioso, fisico, matematico e... prete (1894 - 1966)
Già...
era un prete. La Chiesa Cattolica da sempre si è opposta alle conquiste della Scienza perché trovava sempre meno spazio per il suo Dio e casi di alchimisti prima, scenziati poi, finiti male, sono così tanti da scoraggiare chiunque ne volesse fare l'elenco (anche se probabilmente sul web si troverà qualcosa).
Georges Esouard Lemaître però era anche qualcosa d'altro. Uno studioso.
Quello studioso che per primo, proprio grazie alla comprensione della teoria della relatività di Einstein, formulò la teoria dell'Universo Dinamico e quindi "non statico". Quello che gli scienziati d.o.c. come Fred Hoyle (anche grande scrittore di Fantascienza) chiamarono per deriderla, la teoria del "Big Bang" (in assenza di spazio e tempo nessun suono era possibile, ovviamente). Anche lo stesso Einstein rifiutò la teoria di Lemaître. La rifiutarono a priori perché erano scienziati e, come tali, non potevano ammettere che l'universo potesse avere avuto un inizio.
Se lo avesse avuto, allora significava che forse, da qualche parte, si poteva inserire il concetto di forza divina, di Dio che diede il "via" a quell'infinitesimo punto da cui, sembra, tutto nacque. Non a caso la teoria di Lemaître non dispiaceva invece al Papa. Un universo "sempre esistito" (come sostenevano Einstein prima ed Hoyle dopo, con la teoria dell'Universo Stazionario). Piaceva ma non al punto da farlo diventare santo o comunque una persona da ricordare tra i cristiani.
La teoria del Big Bang, pur essendo ancora una teoria per quanto riguarda gli istanti iniziali dell'universo, è accreditata ormai come scientifica almeno su due basi:
tutte le galassie e l'universo stesso si sta espandendo e allontanandosi da un "punto centrale"; è stato trovato ed ascoltato il "rumore di fondo" costante dell'energia sprigionata in quel momento.
Il resto è più matematica ed estrapolazione. Anche la semplice logica ci dice però che, se ora l'universo si sta espandendo, nel passato doveva essere più piccolo. Portando alle estreme conseguenze il tutto, ad un certo punto, nel profondo passato cosmico, l'intero universo doveva "stare" in un "punto" grande come la più piccola parte di un atomo. E l'"esplosione" avvenne fuori dalle leggi universali che conosciamo perché quando tutto era un puntino, le forze cosmiche portanti, erano un unica "megaforza" che sconfiggeva le leggi nate dopo la loro separazione. Quando -sembra, la forza di gravità - si separò dalle altre (chissà perché, come, quando.. ed ecco che torna l'ipotesi di una "intelligenza superiore"), avvenne il Big Bang e l'espansione avvenne a velocità superiore alla luce (teoria dell'inflazione cosmica), il che spiegherebbe come sia possibile che l'universo abbia mantenuto ovunque una temperatura costante.
Beh.. teorie su cui ci si scanneranno per decenni.
Come quella che ipotizzava un ritorno della prevalenza della forza di gravità e quindi un nuovo ritorno al punto iniziale di tutto l'universo che avrebbe portato ad un secondo Big Bang. Una cosa per noi comprensibile.
Il Big Bang come un cuore che ad ogni battito crea un diverso universo.
Sembra invece che la materia sia poca per far sì che la forza di gravità possa vincere la forza centrifuga che allontana le galassie e che quindi, tra miliardi di anni, l'universo stesso sarà così grande e lontano
l'un "pezzo" dall'altro, che semplicemente si disgregherà nel nulla. Persino gli atomi non riusciranno più a stare insieme. Questo universo come "unico" spaventa le menti scientifiche e piace alle religioni figlie di Abramo, ovviamente.
Quindi Lemaître per decenni, pur avendo estrapolato la teoria più logica dall'altra teoria, più famosa, della relatività, non fu creduto per decenni. Anzi non fu creduto fino a quando l'uomo non si dotò di strumenti che furono in grado di dimostrare che effettivamente l'Universo si stava allontanando (Hubble... lo scienziato, ben prima del telescopio orbitante a lui dedicato)..

Perché Lemaître non fu creduto? Perché si preferì credere ad Einstein, nonostante sbagliasse? Perché non fu creduto proprio da scienziati di prim'ordine come Einstein od Hoyle?

La risposta è tristemente semplice: perché era un prete.
Inambissibile che fosse proprio un prete ad arrivare per primo all'intuizione dell'universo in movimento. Inammissibile che - guarda caso - un prete trovava una teoria che prevedeva "l'inizio di tutto", come, in un certo senso, dicevano le sue Antiche Scritture.

La verità? La verità ha fatto, fà ed ancora farà fatica a farsi spazio fino a che la Scienza avrà le sue fettine di prosciutto davanti agli occhi, le Religioni storiche i loro "prosciutti interi" davanti ai propri..

La verità può a volte essere scomoda per il nostro modo di pensare.
Può sconvolgere credenze e "affidabilità" su cui contiamo costantemente.
Soprattutto affidiamo la scoperta della verità alla Scienza o alla Religione, che però, entrambe (seppur con ben diversa difficoltà) rifiutano di voler vedere quel che supera i singoli preconcetti (per gli scienziati) o dogmi (per le religioni rivelate).
Gli studi sulla memoria cellulare fanno fatica ad affermarsi perché se le cellule hanno memoria, li hanno anche i singoli organi. Se questo fosse vero, si rivoluzionerebbe totalmente il concetto stesso del Corpo Umano che oggi vede un computer al centro (cervello) e tanti terminali diffusi nel corpo (organi o "sistemi"). Se la memoria cellulare fosse una verità scientifica, dovremmo immaginare il corpo come una serie di elaboratori di cui il cervello rappresenterebbe solo il più importante e deputato all'organizzazione
delle funzionalità dell'intera rete, ognuno dotato di una sua memoria volatile (diciamo una memoria ram) ed anche, probabilmente, di una memoria stabile (diciamo memoria rom). Quindi anche un cuore o un fegato contribuirebbero, con le loro memorie, a far funzionare il sistema, in una comunicazione di informazioni bilaterale e non unilaterale.
Questo fatto da solo spiegherebbe perché così tante persone trapiantate riferiscono ricordi (a flash e spesso collegati ad una memoria che ha interessato l'organo.. tipo la paura, per il cuore) estremamente precisi, della persona donatrice. La scienza bolla tutte queste persone come visionarie e fa presto.
Ma la memoria cellulare, prima o poi verrà accettata, se ci sarà chi avrà il coraggio di affermarla, studiarla e provarla. Stessa sorte alcuni studi su alcune potenzialità telepatiche fra gemelli. Come è possibile che gli studi di chi crede nella possibilità telepatica dimostrino che sia plausibile e quelli svolti da chi non ci crede, il contrario? Sempre e senza eccezioni? Il prosciutto davanti gli occhi sembra rispamiare solo rare eccezioni, spesso derise e minoritarie.

E accade in ogni ambito. Ed è questo il motivo di un così lungo preambolo.

Ci sono voluti quasi dieci anni perché io ed altre poche persone coraggiose, riunite in AzioneTrans, potessimo capire quel che il nostro prosciutto non voleva vedere.
Non potevamo ammettere a noi stessi che, fra i nemici dei diritti delle persone trans, fra chi ne ostacola una vita serena, dovessimo contemplare non solo la "società cattiva, sessista, maschilista, fascista e chi più ne ha più ne metta", ma anche le persone che "amorevolmente" si prendono cura "di noi": medici (nella fattispecie l'Osservatorio Nazionale sull'Identità di Genere, più semplicemente ONIG) e - dolore dolore - quasi tutte le Associazioni nate con lo scopo di tutelare le persone trans.

Ci sentiamo un poco come Lemaître.... o come Galileo Galilei, notoriamente credente. Siamo preti o credenti dello stesso tipo di "missione, siamo un'Associazione Trans, ma abbiamo scoperto verità che erano comode per la nostra comune Chiesa (il movimento trans) fino a che le scoprivamo senza dichiararne (come fece Lemaitre con il Papa, affermando che la sua teoria nulla c'entrava con la religione) estraneità. Inoltre, come Lemaître, rischiamo di non essere credut* da chi sta fuori il nostro "movimento", proprio perché ne facciamo parte.
Cosa sta accadendo di questi tempi alle spalle anche di quelle persone transche vogliono informarsi?

E' noto che AzioneTrans ha preso delle posizioni chiare e l'una conseguente all'altra:
  1. vogliamo una legge che non consideri obbligatorio ogni intervento chirurgico non necessario alla salute psicofisica della persona, per avere documenti adeguati al proprio genere
  2. vogliamo azioni positive sulle Pari Opportunità fra i Sessi inclusive delle persone trans (come previsto dalla UE)
  3. vogliamo azioni positive contro lo stigma sociale sviluppatosi contro le persone trans a causa di sciocche credenze etiche e morali sbagliate
  4. vogliamo una totale privacy sul percorso di transizione (e si torna anche al punto1, ma non solo)
  5. vogliamo che la scienza si aggiorni e ammetta di non conoscere l'eziogenesi della condizione trans (al momento) che, come tale, può essere riconosciuta, ma che non vi è un solo presupposto scientifico per qualificarla come malattia psichiatrica
  6. vogliamo che le persone trans che sono vissute, anche parzialmente, prima del 1982, anno di approvazione della legge 164, abbiano diritto ad un risarcimento individuale per il danno subito dall'essere state trattate ben al di sotto di quanto previsto dalla "Dichiarazione Universale per i Diritti Umani".
  7. vogliamo che la nostra transizione sia a totale carico del SSN perché se è patologia cronica, come ci dicono, allora ne abbiamo diritto
  8. vogliamo protocolli di diagnosi e cura aderenti il più possibile allo stato dell'arte della conoscenza della nostra realtà e quindi non marcatamente psicoqualcosa se non per escludere patologie gravi psichiatriche che possano mimare, ma non essere, una vera distonia fra sex e gender (cosa che un discreto psichiatra può comprendere quasi sempre facilmente nel giro di pochi incontri)
  9. non vogliamo che le Associazioni assumano in sé "consultori" privati e convenzionati di diagnosi e cura perché ambiamo al SSN e non ai ghetti e perché, essendo finanziati pubblicamente, questi
    Centri rischiano di incorrere in un conflitto d'interessi fra finanziamenti e rapidità della diagnosi (qualcosa dovrebbe far riflettere tutti, dopo i recenti fatti di cronaca nera a Milano, in una "clinica convenzionata" dove il rischio di conflitto di interessi si è prefigurato nella sua forma più disastrosa e inumana. Altri conflitti possono esservi senza arrivare a quello scempio... ad esempio allungando i tempi della diagnosi,possibile grazie ai protocolli ONIG che tanto piacciono alle ALTRE ass.ni
    trans).
Se per i primi sei punti (talvolta con fatica) siamo riusciti a farci almeno capire dalle altre ass.ni trans (alcune esprimono ancora un certo disprezzo verso chi non possa o non intenda operarsi ai genitali), per il settimo, ben poco ascolto e per gli ultimi due - fondamentali per un inizio di transizione sereno - abbiamo
dovuto ammettere che, nemiche del cambiamento, si sono rivelate essere proprio le stesse associazioni trans, legate mani e corpo all'ONIG (ricordo che la vicepresidente dell'Onig è Marcella di Folco, quindi un'esponente storica delle Associazioni che, a nostro parere, serve più che altro a far sentire l'ONIG "a
posto
" con i suoi barbari protocolli diagnostici).

Abbiamo più volte parlato contro questi protocolli e l'anno scorso abbiamo anche agito con la - ormai famosa in queste pagine - lettera (che a giorni rispediremo in raccomandata con ricevuta di ritorno e tradotta in inglese per l'WPATH).

Ad un anno di distanza dalla prima nostra lettera, arriva una mail da parte "onig", di cui ho già parlato nel post precedente, ed anche da altre parti continuano ad arrivare segnali, telefonate, per cercare di individuare "il ventre mollo" di AzioneTrans. Ventre mollo che non esiste più, vista la nostra scelta di essere piuttosto in pochi, ma omogenei nel pensare cosa sia il miglioramento della vita delle persone trans. Infatti non chiamano la presidenza nazionale (me). Ma possono chiamare altre persone e le risposte saranno identiche, se le domande sono sempre le stesse.

Quali? Il concetto è semplice: l'invito ad addivenire ad un accordo (immaginiamo intermedio) fra le nostre richieste e la disponibilità dell'Onig a rivedere i propri protocolli.
Che domanda - mi si perdoni l'espressione, ma la cosa è così disgustosa da richiederla- del cazzo è mai questa?

Noi chiediamo l'applicazione di protocolli approvati internazionalmente da professionisti che si occupano (da sempre) della questione transgender e alla quale si piccano d'essere iscritti anche parecchi professionisti ONIG, e ci chiedono di "mediare"?

Si possono mediare gli aumenti salariali, gli orari di lavoro, ma un protocollo di diagnosi e cura che è lo Stato dell'Arte cui sono giunti insieme professionisti di tutto il mondo, perché non dovrebbe andare bene per l'Italia? Perché dovrebbe subire una "mediazione"? Le persone transgender italiane sono forse dotate di un handicap cerebrale presente solo nel nostro territorio? Lo provino e vedremo.
Chiediamo l'applicazione di protocolli che non abbiamo scritto noi e che in alcuni punti neppure condividiamo al 100%, ma che comunque sono "un altro pianeta" rispetto a quel pastrocchio italiano, illecito e, secondo noi, illegale, chiamato "linee guida" (omonimo di Standard) dell'Onig.

In realtà la disputa è così semplice e così squallida da non poter essere più taciuta (ed infatti abbiamo già iniziato, ma solo iniziato, a parlarne pubblicamente).
Su cosa vogliono che ci "ammorbidiamo"?
Semplice. I protocolli internazionali di fatto non prevedono la figura dello psicoterapeuta nella fase
"diagnostica" nella persona transgender adulta, se non come figura di accompagnamento o, in rari e ben specificati casi, come parere diagnostico da affiancare a quello del MEDICO (psichiatra).
I protocolli internazionali prevedono il passaggio dallo psichiatra fondamentalmente per due ragioni che, tutto sommato, condividiamo: escludere che dietro il "sentirsi donna" (o uomo) non vi sia un "sentirsi Napoleone" (schizofrenia, personalità multipla ecc.), che vi sia una chiarezza di cosa sia e di cosa non sia un percorso di transizione, senza quindi pensieri deliranti (sindrome border line della personalità grave), e che constati un coerente e persistente (basta l'anamnesi e la visita ed eventuali test) bisogno profondo di vivere nell'altro genere (o anche in un genere misto, specie nel caso delle persone intersessuate) rispetto al sesso biologico. Più tardi dovrà anche constatare la persistenza del desiderio di affrontare interventi chirurgici irreversibili di conversione dei genitali... il tutto slegato però dall'inizio della terapia ormonale che dà il via alla "transizione" vera e propria, attraverso l'intervento degli endocrinologi e della "terapia
ormonale" (TOS).
I protocolli, lo scempio organizzato dall'ONIG con il consenso di quasi tutte le Ass.ni trans conosciute per un bocconcino di fama o di consociativismo, prevedono invece una terapia psicologica PREVENTIVA della durata MINIMA di SEI MESI.

Minima e rinnovabile in eterno, di sei mesi in sei mesi. Questi protocolli prevedono quindi la possibilità di assenza di diagnosi per anni e anni.

Cosa potrebbero chiederci ora? A quali privilegi potrebbero rendersi disponibili a rinunciare ora che la paura che i loro protocolli vengano sottoposti ad enti sovrannazionali e clamorosamente bocciati, si fa largo? Possiamo immaginarlo. Un periodo di sei mesi di psicoterapia (sempre obbligatoria) non rinnovabile. Al termine della quale emettere una diagnosi obbligatoriamente.
Sarebbe un passo avanti? No, se i criteri per un "si" o un "no" restano così aleatori come oggi (fondamentalmente devi convincere lo psicologo) e pertanto non ci fermerebbe dal contestarli nelle sedi che prevederemo di chiamare in causa.

Perché è proprio il concetto di psicoterapia (che la chiamino "accompagnamento psicologico" è una burla.. se fosse accompagnamento non sarebbe in antitesi con l'inizio della terapia ormonale, ovviamente!) coercizzata se non proprio coatta, a non starci bene! Non sta bene a noi, ma neppure a qualsiasi ordine degli psicologi del mondo. Psicoterapia coatta è simbolo di fallimento automatico. Vero che si praticano colloqui psicologici con persone psichichicamente dichiarate fortemente instabili ed incapaci di badare a sé stesse (TSO), ma le persone transgender sono lontane anni luce da questa tipologia di sofferenza psichica. Sono persone che in genere sarebbero in grado di svolgere qualsiasi
lavoro e relazionarsi al mondo in modo naturale e semplice (semmai il problema nasce dalla deprivazione del diritto al lavoro e alla socializzazione priva di stigma sociale!!!).

A cosa mirano questi "contatti informali" che ci raggiungono senza mai coinvolgere la presidenza (come se fra presidenza e segreteria non vi fosse una coesione forte, che forse tentano - invano - di rompere) e che cercano "il compromesso"? Se mireranno a salvare consultori finanziati dallo Stato, a preservare posti di lavoro a psicologi e psicoterapeuti; se mireranno ad aumentare - per questi settori - finanziamenti (pubblici all'interno del SSN o da Governi Locali, come le Regioni), noi resteremo contrari come oggi. Chi paga e pagherebbe comunque le conseguenze di questi "protocolli"? Le persone transgender - che non hanno maggiori garanzie sulla conservazione del loro stato di salute psicofisico -ma devono semplicemente convincere lo psicologo di turno (sapessero quali bugie vengono sistematicamente raccontate... cosa ovvia se la psicoterapia è obbligatoria e prevede un premio o punizione finale, cioè la
diagnosi).

La legge obbliga anche chi non lo vorrebbe a sottoporsi a costosissimi interventi chirurgici sui genitali, pur di poter vivere normalmente (senza documenti coerenti, scordarsela una vita normale), si obbliga a percorsi psicoterapeutici infiniti (anch'essi costosi per lo Stato) e poi si fanno pagare le terapie ormonali necessarie alla transizione. Si spendono milioni di euro per risparmiarne qualche centinaio di migliaia. Almeno lo Stato sapesse fare due conti. Almeno "gli specialisti" sapessero che non sono poche le persone trans che si operano solo per avere i documenti (barbarie come il chirugo di Milano che toglieva i polmoni...).

Per questo le nostre richieste sono insindacabili e ben poco mediabili. Perché le abbiamo formulate già al minimo degli interessi delle persone trans e al massimo degli interessi (persino non legittimi) di alcuni movimenti politico-culturali).
La nostra proposta di legge sul cambio di genere e nome, ad esempio, unica al mondo, prevedeva che - nella ipotesi (ben rara) che DOPO la riassegnazione anagrafica, un neo uomo o una neo donna, diventassero genitori secondo il sesso di origine - perderebbero il diritto al nuovo genere raggiunto. Non c'è in Spagna né in UK questa regola, perché sanno quanto sia statisticamente irrilevante l'ipotesi che anche solo dopo sei mesi di castrazione chimica si possa tornare ad essere fertili nel sesso di origine. Ma noi accetteremmo questo (non altri) compromesso se serve a tranquillizzare certe morali dominanti nel nostro paese. Sia chiaro, si parla di figli avuti DOPO la riassegnazione e non PRIMA. Quelli restano e
devono restare perché la storia si può riscrivere e cambiare ma non cancellare, e dopo deve essere aperta totalmente la porta delle adozioni.

Non chiediamo la Luna ma la norma che vale nel mondo: vogliamo i protocolli della World Professional Association for Transgender Health. Niente psicoterapia coatta. Una indagine seria psichiatrica, soprattutto ad escludere altre cose, l'avvio della terapia ormonale a carico del SSN e l'eventuale intervento prima o dopo il cambio dei documenti e la privacy per trovare più facilmente lavoro e poco altro. I soldi risparmiati per quegli interventi sui genitali che oggi vengono eseguiti anche su una discreta percentuale di persone trans che ci si sottopone in fretta e furia solo per i documenti, e quelli risparmiati per le eterne cure psicoterapeutiche diagnostiche, potrebbero essere meglio spesi per l'inclusione della condizione trans fra le indicazioni dei farmaci ormonali tutti e, magari per autorizzare qualche intervento chirurgico "costruttivo", laddove la persona ne senta il bisogno per sentirsi adeguata nel nuovo genere (possono essere i genitali, o magari un seno, o magari una mascella da "levigare" perché troppo macha o l'eliminazione della barba ecc. ecc.). Soprattutto si spendano per i reparti di endocrinologia che magari possano ordinare qualche esame diagnostico in più (ad esempio la predisposizione genetica allo sviluppo di problemi associati alla coagulazione del sangue) e, perché no, qualche SERIA ricerca scientifica, se ovviamente su base volontaria.

L'Onig faccia quel che creda. L'Onig e i loro invitati ed associati: il MIT, la CGIL Nuovi Diritti, Libellula 2001 e quant'altro. Noi non siamo iscritti all'ONIG (per scelta) da sempre: non tendiamo al consociativismo, so sorry.
Si collabora ma ognuno al suo posto. Se ci vogliono invitare, andremo. Ma non sarà questione fondamentale. Quel che valuteremo sarà il risultato del parto dell'Onig. Tanto più si distanzierà dai protocolli internazionali, tanto più ci porterà verso una pur odiosa battaglia che ci vedrà contro anche altre ass.ni trans (peraltro una scelta suicida fatta già da tempo perché non stiam a certi giochi e risultiamo"scomodi", rompiballe ).

Il nostro interesse sono i diritti e la qualità di vita delle persone trans, non delle persone trans inserite nelle associazioni a livello di vertice.
Nè ci interessa poi molto sopravvivere agli obbiettivi che abbiamo elencato.
Raggiungendoli, potremmo sentirci ben bene appagati ed avvicinarci velocemente alla "pensione militante" per una vita più tranquilla e serena dove magari trovare il tempo di scrivere qualche libro, come altre persone fanno, senza però curare bene gli interessi delle persone di cui scrivono.
Infine due necessarie precisazioni:
  1. Questo dibattito è interno al movimento trans e non vuole coinvolgere coercitivamente i movimenti gay e lesbico (se non per convinzione maturata)
  2. La contrarietà ai trattamenti psicoterapeutici è riferita all'uso di questi come metodo diagnostico. Nulla in contrario all'aiuto della psicoterapia, laddove sia volontaria e slegata dalla diagnosi. Laddove sia quindi un accompagnamento alle difficoltà della transizione e non una conditio sine qua non per arrivare alla terapia ormonale
  3. promuoviamo, sempre per chi lo desideri, oltre la psicoterapia, i Gruppi di Auto Mutuo Aiuto con facilitatori pari.
Mirella Izzo
presidente AzioneTrans
Genova, martedì 24 giugno 2008

domenica 15 giugno 2008

L'ONIG (OSSERVATORIO NAZIONALE SULL'IDENTITA' DI GENERE) CI RIPENSA?

STANDARD DIAGNOSTICI E DI CURA ITALIANI E TUTTO D'UN TRATTO ARRIVERANNO I "NUOVI" PROTOCOLLI ITALIANI?

Per chi fosse a digiuno, la storia è lunga e proverò a raccontarla in estrema sintesi. In Italia, da molti anni, sono in vigore, nel 90% dei Centri medici che seguono le persone transgender (terapia ormonale ed eventuale relazione di "ok" per l'intervento sui genitali per chi intende operarsi), dei protocolli di diagnosi e cura "ideati" da un ente privato il cui nome è Onig (Osservatorio Nazionale sull'Identità di Genere).
A questo osservatorio aderiscono la maggior parte dei centri clinici pubblici e privati di tutta Italia ed inoltre, la maggior parte delle Associazioni Trans Italiane, con l'eccezione di AzioneTrans (ed anche della ex Crisalide).
Perché noi non abbiamo mai aderito? Perché contestiamo all'Onig di avere introdotto dei protocolli (o linee guida o standard of care) di diagnosi e cura che violano un tot di leggi, che introducono una sorta di "abuso della professione medica" da parte degli psicologi e che soprattutto includono una sorta di psicoterapia coatta (contraria alla base stessa del concetto di psicoterapia, perché posssa ritenersi strumento utile).
Inoltre, anche volendolo, per iscriversi all'ONIG è necessario condividere gli stessi protocolli di cura. Chiunque sia iscritt* di fatto deve approvare quei protocolli.
Il fatto che Marcella di Folco, presidente del Movimento Identità Transessuale (MIT) sia vicepresidente nazionale anche dell'Onig spiega che questi protocolli, di fatto, allungando all'infinito la fase diagnostica che è lasciata all'arbitrio di uno psicologo a tempo indeterminato (prima violazione di legge), procura un bell'aumento di capitali da fornire a quei centri che praticano tali protocolli. Guarda caso il MIT ne gestisce uno a Bologna molto conosciuto e finanziato pubblicamente. Tanto più le persone restano in "diagnosi" tanto più aumentano le spese e quindi anche le richieste di finanziamento. Di questo abbiamo già più volte detto. Le Ass.ni non dovrebbero mai gestire in proprio Centri di diagnosi perché entrano in conflitto d'interessi. Diversi sono consultori di accompagnamento, gruppi di auto mutuo aiuto, ecc. ma non sostituirsi al Sistema Sanitario Nazionale con centri che poi diventano pure ghetti. Come a dire che per noi il SSN non esiste e quindi si finanziano alcune ass.ni perché facciano quel che non fa lo Stato.
In realtà molti centri medici in Italia seguono gratuitamente le persone trans e non si comprende la ragione di questi consultori privati, se non come sistema di acquisizione di consenso e di denaro.
Quindi la polemica è grande e ha portato ad una incomunicabilità fra Crisalide prima e AzioneTrans ora ed il MIT ed altre ass.ni che ambiscono a tali strutture.
Ma cosa hanno di così terribile questi protocolli italiani? Per chi voglia approfondire l'argomento, rimando alla lettera (e relativo comunicato stampa)che AzioneTrans inviò a vari indirizzi e che - pezzo per pezzo - dimostrava le contraddizioni di questi "standard" con alcuni passaggi che noi riteniamo illegittimi e lesivi della persona umana. Tutto questo, attraverso la comparazione degli stessi con i protocolli della World Professional Association for Transgender Care (WPATH), ex Harry Benjamin Foundation, redatti da professionisti di tutto il mondo e considerati in tutto il mondo civile (quindi eccetto l'Italia) gli standard internazionali.
Molte sono le differenze fra i due protocolli. Una su tutte è quella che brevemente riassumo qui, per chi non ha voglia di leggersi la lettera di cui sopra. Di fatto la nostra condizione umana di transgender viene considerata una patologia psichiatrica in tutto il mondo. Ci piaccia o non ci piaccia è così. Esiste una battaglia di tutte le ass.ni transgender nel mondo civile contro questa impostazione diagnostica... ovviamente mondo civile che esclude l'Italia dove invece le ass.ni mai hanno fatto una battaglia contro la psichiatrizzazione della nostra condizione, altrimenti addio Centri diagnostici privati più o meno gratuiti e più o meno finanziati.
In ogni caso finché questa è la realtà, chi dovrebbe farci la diagnosi è ovviamente un medico psichiatra. Lo psichiatra, per diagnosticare una patologia non ci mette mai anni. Di norma ha strumenti che gli consentono diagnosi nell'arco di pochi mesi anche in casi di patologie ben più reali e gravi della presunta "nostra". In Italia questo compito è invece stato lasciato agli psicologi (non obbligatoriamente laureati in medicina) che utilizzano la psicoterapia. I protocolli italiani stabiliscono un periodo MINIMO di sei mesi di psicoterapia prima di avere una diagnosi e quindi l'accesso alle terapie ormonali. Conosciamo casi di persone tenute per due anni in psicoterapia, senza uno straccio di diagnosi (fosse anche negativa, ma che vi sia). Chi si ribella a questo stato di cose viene di fatto minacciato con il fatto che questa è l'unica via per arrivare alla terapia ormonale e che se si interrompe la psicoterapia nessun centro medico autorizzerà mai l'inizio della terapia ormonale. Di fatto un ricatto bello e buono di fronte a persone per le quali, iniziare la transizione è la fine di un incubo lungo spesso decenni.
I protocolli internazionali invece per la diagnosi degli adulti prevedono un passaggio dallo psichiatra (fondamentalmente per escludere patologie psichiatriche che possano minare la capacità di intendere e volere) e l'inizio della terapia ormonale. In rari casi di dubbio lo psichiatra può chiedere un periodo LIMITATO (deve proprio indicare per iscritto quante sedute e il motivo dei suoi dubbi) di analisi psicologica che - secondo noi - dovrebbe comunque accompagnare l'inizio della terapia ormonale e non bloccarla. Anche perché è noto che i primi tre-sei mesi di terapia ormonale sono reversibili, al contrario di quanto dichiara l'ONIG per giustificare le eterne permanenze in fase di diagnosi.
Molte bugie sono contenute nei protocolli italiani per giustificare la psicoterapia coercizzata, ma per questo rimando alla lettera.
Ma perché ho raccontato tutto questo? Perché già dopo la lettera uno dei centri onig più importanti, il SAIFIP di Roma, aveva promesso una revisione dei propri protocolli; promessa che poi svanì nel nulla. Poi, recentemente, è arrivata un'intervista alla nostra Francesca Busdraghi con qualche mia dichiarazione aggiuntiva, pubblicata su Liberazione dove si poteva intuire l'intenzione di sottoporre questi protocolli ad un vaglio della magistratura.. e... tutto d'un tratto... a pochi giorni di distanza, arriva una email a Francesca, segretaria naz. di AzioneTrans, di un noto Centro Onig italiano, una persona onesta e per bene, nonostante l'adesione a protocolli sbagliati (ma loro non abusano dei "sei mesi" rinnovandoli in eterno), un professore medico di cui non riveliamo il nome per motivi di privacy che però sostanzialmente notifica a Francesca (quindi ad AzioneTrans, visto il suo ruolo) una novità inaspettata.
Dice l'email:

Cara Francesca Busdraghi, La informo che l’ONIG ha nominato al suo interno una commissione (di cui fanno parte anche esponenti del MIT) che ha il compito di rivedere le linee guida a cui fanno riferimento i vari servizi a cui si rivolgono le persone che fanno richiesta di riassegnazione chirurgica dei caratteri sessuali.. Queste linee guida, che tengono conto dell’esperienza maturata dall’ONIG e si rifanno ai principi ribaditi dalla World Professional Association for Transgender Health accolgono alcune delle istanze da lei avanzate e sono finalizzate a garantire il rispetto della persona e la tutela della salute delle persone trans che si accingono a sottoporsi a interventi medici e/o chirurgici. Saluti cordiali. Prof. (omissis)
Oh hoooo! Cosa ha rotto l'ostracismo verso le nostre posizioni? Convinzione della giustezza delle nostre istanze o consapevolezza e paura che gli attuali protocolli sianodavvero illeciti come noi sostenevamo anche con l'ONIG?
Sappiamo che la lettera aveva già provocato un po' di subbugli all'interno di qualche "Società" di medici specialisti, sapevamo che all'interno dell'Onig si era necessariamente aperta una discussione, pur non avendo mai ricevuto una risposta. L'invio dell'email a Francesca piuttosto che a me, in qualità di Presidente, fa capire che è l'articolo pubblicato su Liberazione (oltre che un impegno personale su questa specifica battaglia, condotta negli ultimi mesi dalla nostra segretaria nazionale) ad avere fatto traboccare il vaso.
Su questi protocolli non si poteva più stare fermi di fronte ad un'associazione che minacciava di andare fino in fondo (e l'avremmo fatto o lo faremo se la montagna partorirà un topolino).
Di certo non ci tranquillizza la presenza di esponenti del MIT per questa revisione, perché, come già detto, il conflitto di interessi in cui si trova de facto, non garantisce che quest'associazione si batta perché in Italia si faccia come nel resto del mondo: si applichino i protocolli WPATH.
Ovviamente AzioneTrans non è stata invitata al tavolo della Commissione. Non siamo iscritti e - di più - neppure potremmo farlo anche volendolo perché da poco, l'Onig ha inserito come pre requisito per l'iscrizione, l'adesione ai protocolli che noi contestiamo (sic!).
Facciano come vogliono ma sappiano fin d'ora una cosa.
Qualsiasi pastrocchio all'italiana che cerchi di salvare capra (il business degli psicologi) e cavolo (i diritti delle persone trans ad una diagnosi rapida, come nel resto del mondo), non cambierà di una virgola il nostro atteggiamento e la nostra intenzione di arrivare ad un giudizio super partes su questi protocolli.
Quel che noi chiediamo è l'applicazione integrale di quanto scritto nella pluri citata lettera. Non una virgola di meno.
Considero l'email di provenienza Onig, una vittoria della sola AzioneTrans e non del movimento transgender italiano, perché siamo sempre stat* sol* in questa battaglia. O meglio una potenziale vittoria perché non abbiamo l'abitudine di "dire quattro se non è nel sacco" e appunto attenderemo, volenti o nolenti, alla finestra il "difficile parto" che si accinge a fare l'ONIG. Difficile perché applicare i protocolli internazionali significa ridurre quasi a zero alcune competenze che si sono costruite la carriera sulle nostre spalle. La psicoterapia dovrà essere un sostegno su base volontaria (come è ovvio che sia!!!!) e alcune carriere, alcuni finanziamenti si perderanno A FAVORE delle persone transgender che hanno bisogno di protocolli di diagnosi, non di trattamenti che di norma si applicano solo alle persone dichiarate incapaci di intendere e di volere!

Un dettaglio tragicomico. Una volta, parlando con l'attuale presidente ONIG in via informale, mentre contestavo la psicoterapia coercitiva, mi rispose: "ma non è psicoterapia... è solo un accompagnamento psicoterapeutico". Peccato che se davvero si trattasse di accompagnamento, sarebbe su base volontaria perché con il ricatto dell'ok alla transizione, il 90% delle persone trans che vanno in psicoterapia, pur di non rischiare di avere un "no", danno risposte che corrispondono alle aspettative dello psicoterapeuta più che raccontare la verità. Ed è questa la ragione principale per la quale una psicoterapia può funzionare solo se volontaria, solo se non ne conseguano "punizioni" o "premi". Una cosa elementare per ogni laureato in psicologia.. ma i soldi sono soldi... Poi magari ci si scrive qualche libro... Solita solfa italiana.
Ma visto che non ci vogliono "dentro" la commissione, anche solo come osservatori di chi contesta i loro protocolli, facciano quel che vogliono, cambino come meglio credano i protocolli italiani.
Per noi saranno ben accetti solo laddove ricopieranno quelli internazionali.
Vedremo cosa accadrà, ma tutta la vicenda dimostra che di AzioneTrans c'è bisogno e che le persone trans (ma non solo) forse dovrebbero darci un po' più sostegno di quanto non facciano, per darci forza ed impulso morale ed economico (noi che non abbiamo finanziamenti per consultori), attraverso l'iscrizione. Anche per questo, vedremo.
Mirella Izzo

lunedì 9 giugno 2008

Prostituzione un reato?

Per consentire un dibattito riporto sul blog il comunicato stampa di AzioneTrans, sulle dichiarazioni del ministro Maroni ed il progetto di istituire il reato di prostituzione.

COMUNICATO STAMPA - RIFLESSIONI SUL REATO DI PROSTITUZIONE

Il Ministro Maroni ha invitato pubblicamente alla riflessione riguardo il reato di “adescamento”, quindi di prostituzione. Nella speranza che l’invito non fosse esclusivamente rivolto ai Parlamentari, ci permettiamo alcune riflessioni che sottoponiamo al Ministro ed a chiunque dovrà assumersi responsabilità in merito all’argomento.

Come è noto, la prostituzione – specie quella “in strada” – è formata da donne in gran parte extracomunitarie e sotto trafficking e da persone transessuali, anch’esse spesso extracomunitarie e sotto trafficking (fatto che si vuol rendere poco noto per affermare l’immagine della “trans” che “batte” perché le piace farlo), ma con una più alta percentuale anche di italiane.

Come responsabili nazionali di AzioneTrans, la nostra competenza è più specifica per la prostituzione transessuale e su questa ci permetteremo alcune considerazioni più approfondite, dopo una più generale sul “reato di prostituzione” in sé. Pensare di mettere nelle carceri donne che spesso arrivano in Italia attraverso dei veri traffici di carne e sono costrette a prostituirsi, dovrebbe far ribollire il sangue ad ogni uomo e donna, di qualunque “colore politico” sia. Punire le vittime è operazione semplice ma inutile (dove sono tutte queste carceri femminili? Quanti giudici e processi?) ed ha il sapore pesante della beffa.

Per quanto riguarda la prostituzione transessuale - spesso la più biasimata dalla gente e dai media - per quanto riguarda le extracomunitarie valgono le stesse considerazioni fatte per le donne sotto trafficking.

Per le “trans” cittadine italiane che si prostituiscono, crediamo di poter dire senza tema di smentita, che considerarle criminali in uno Stato che non ha mai applicato le Direttive Europee e le pronunce della Corte di Giustizia Europea che, in modo esplicito, stabiliscono l’obbligo di applicazione delle norme sulle pari opportunità fra i sessi, anche per chi intenda o sia nel percorso di transizione da un sesso all’altro, rappresenti un vero accanimento anti umanitario, ai limiti della violazione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

Invitiamo il Ministro Maroni e tutte le forze politiche del parlamento a riflettere sull’incredibile ingiustizia che comporterebbe punire chi si prostituisce perché non ha una chance di trovare lavoro. Potremmo elencare centinaia di casi di transessuali che, superati i primi test in Aziende che cercavano personale, sono poi state respinte perché con documenti “non in regola” (con cosa? In realtà sono perfettamente in regola secondo le leggi italiane) o “perché si vede” anche se già rettificate all’anagrafe.

Se prima non si mettono in atto tutte quelle disposizioni che obbligano alle pari opportunità anche per le persone transessuali, se non si combatte contro uno stigma sociale ingiustificato dai fatti (la transessualità non produce alcun danno alla comunità), se non si provvede a dare documenti adeguati anche a chi non possa o intenda sottoporsi ad una chirurgia “pesante”, se insomma, da una parte lo Stato induce alla prostituzione proprie cittadine e dall’altra le punisce, si determina un vero sopruso inumano ed ingiusto.

Ci permettiamo di ricordare al Ministro, al Governo tutto, che la richiesta di AzioneTrans su questi temi, presentata da poco al Comune di Roma, è stata fatta immediatamente propria dal sindaco, Gianni Alemanno, importante esponente dei partiti che compongono l’attuale Governo.

Attivarsi contro palesi ingiustizie, evidenti distorsioni di un sistema che rinchiude proprie cittadine nei ghetti, per la semplice condizione umana che vivono, non dovrebbe essere né di sinistra né di destra, ma di semplice buonsenso e umanità.

Rifletta sig. Ministro e riflettano tutti i parlamentari anche su questo, prima di procedere con norme che servono solo a stigmatizzare ancora di più, chi è costretta alla prostituzione e a nient’altro.

E per quanto riguarda la regolamentazione della prostituzione, pur essendo preferibile al reato, resta un “cerotto” che non interviene nell’unico processo che potrebbe contrastarla. Uno Stato attivo nel combattere tutte quelle situazioni sociali, culturali ed economiche, che portano donne e transessuali a vendere il proprio corpo.

Genova – Roma, 9 giugno 2008

Per AzioneTrans

Mirella Izzo Francesca Busdraghi

Presidente Nazionale Segretaria Nazionale

lunedì 2 giugno 2008

Letture: TranScritti

Recensione del libro
TranScritti L'altra faccia delle solite storie
a cura di Buci Sopelsa e Davide Tolu - AA.VV
Pro Art Edizioni
ISBN:
€. 19.50
codice ISBN: 978-88-95494-02-9
web: http://www.transcritti.it/

Posso scrivere una recensione obbiettiva su un libro nel quale otto pagine sono scritte da me, se ne conta in totale 296? Io credo di si. La mia partecipazione personale alla formazione del libro non è andata oltre qualche scambio di email e l'invio del mio breve pezzo, peraltro l'unico a non essere totalmente inedito. Credo quindi di poter scrivere con lucidità almeno su 288 delle 296 pagine,
Confesso che - forse proprio per gli scarsi contatti avuti con la curatrice principale, Buci Sopelsa - non avevo dato troppa importanza al libro, durante la fase di raccolta materiale e stesura. Forse perché non mi aveva entusiasmato il suo primo, scritto in collaborazione con la figlia Mia Battaglia, forse perché impegnata a combattere battaglile interiori in un periodo nel quale ho douto affrontare una strenua lotta interiore per accettare la mia nuova condizione di persona seriamente invalida.
Quando ho ricevuto copia del libro ho quindi iniziato a leggerlo con curiosità soprattutto perché conosco personalmente una parte degli autori e delle autrici e ne avevo già gran stima. La curiosità si è però presto trasformata in quella classica avidità di lettura, che ci prende solo per quei libri che appassionano e intrigano particolarmente.
Sebbene TranScritti risulti accreditato alla sola Buci Sopelsa (in collaborazione con Davide Tolu), in realtà gli autori del testo sono tanti. Un libro corale di diversi "respiri" o, se si vuole, un "minestrone" di quelli carichi di sapori ed aromi che - diversi fra loro - si fondono in una sinfonia di gusti agri, amari, piccanti e dolci che risultano particolarmente stimolanti e piacevoli per il palato. Molto piacevoli.
La prima considerazione da fare su questo libro è che la curatrice Buci Sopelsa, ha riempito con suoi scritti i vari contributi autoriali con un vero e proprio "diario di bordo" sulla formazione, sul work in progress del libro stesso. Email scambiate con gli autori e collaboratori, considerazioni autobiografiche e biografiche, rendono scorrevole e leggeri i passaggi da un "pezzo" all'altro. Ironia e riflessioni (talvolta amare, ma sempre spostate sull'ottimismo) sulle cose che via via le pervenivano e leggeva, rendono partecipe il lettore di cosa possa essere la costruzione di un libro multiautoriale... Ed è un'idea di per sé intrigante. Ma tutto questo varrebbe poco se gli autori scelti non avessero consegnato testi brillanti, interessanti e molto ben scritti.
L'unica vera grande pecca che ho trovato nel libro è appunto nella scelta editoriale di farlo passare come un libro autoriale della Sopelsa e non "a cura" della stessa, ma di Autori Vari. Neppure nell'indice si trova traccia degli autori. Solo durante la lettura si può capire chi ha scritto cosa, anche perché un breve capitolo iniziale che presenta con poche parole chi ha contribuito alla formazione del volume, è sbagliato (cita Helena Velena, assente, dimentica Alex Barbieri che ha scritto due fra i capitoli più interessanti dell'intera opera).
Un difetto che può forse infastidire i co-autori, non chi legge, a meno che non voglia cercare proprio un autore particolare. In quel caso dovrà perdere un po' di tempo per trovarlo, perché anche nell'indice manca l'indicazione degli autori.
E di questi e di alcuni dei "capitoli" (se così si possono chiamare) che hanno scritto, voglio parlare per sottolinearne l'interesse ed anche per coprire la citata lacuna editoriale.
Chi ha scritto: Davide Tolu (due pezzi brevi più svariate email, Alex Barbieri (due pezzi lunghi), le mie otto paginette, Marco Romelli, Mia Battaglia, Tiziana, Alessia, una anonima teologa transgender e molti altri, fra cui genitori e compagni di persone transgender.
La bellezza del libro è in parte proprio dovuta al mix di interventi e di riflessioni che emergono da diversi punti di vista, su uno stesso "oggetto". Come un diamante con decine e decine di sfaccettature, ognuna con la sua propria luce, che esaltano il diamante stesso.
A rendere l'opera particolarmente interessante sono anche gli acuti di ottima letteratura di alcuni scrittori.
Personalmente ho trovato affascinante l'excursus storico sul proto transessualismo nella Storia, scritto da Alex Barbieri. Qualcosa si era già letto in merito ma mai in modo così preciso ed esaustivo. La dimostrazione che "il terzo genere" è sempre esistito in culture fra loro diverse, dimostra quanto sia falsa la comune opinione legata al transgender come di un fenomeno moderno. Di moderno, nella realtà "due spiriti" da cui provengono le persone transgender, vi sono solo tecniche mediche e chirurgiche che consentono un equilibrio anche fisico fra identità di genere e sesso.
Lo stesso Alex regala al libro un secondo capitolo autobiografico dedicato a quelle persone che non si sentono identificate né con il sex maschile, né con quello femminile in forma chiara e netta. Delinea contorni di una identità fluida o di una "non identità sessuata in modo bipolare (maschio o femmina)" della persona umana. Sebbene la narrazione sia autobiografica, risulta stimolante e induce riflessioni, non solo per le persone trans, ma per chiunque si interroghi sul concetto di identità della persona.
Davide Tolu, sempre più fine narratore, racconta in parte di sé e del suo vissuto all'interno della comunità transgender italiana (è stato il fondatore del primo Coordinamento dei trans da femmina a uomo). Inoltre regala - con la mia modesta collaborazione . un arricchimento informativo sulle legislazioni internazionali che regolano il cosiddetto "cambio di sesso".
Marco Romelli, con una serie di flash che stanno fra l'autobiografia ed il racconto, esprime con un linguaggio asciutto e diretto davvero intrigante i disagi e le speranze di molti adolescenti o ragazzi giovani, da un osservatorio particolare: quello di un trans da Femmina a Maschio gay, ma anche quelle di molti altri ragazzi con le loro inquietudini legate all'insofferenza verso ogni forma di potere che alla fine coercizza sempre la libertà individuale. Le sue pagine catturano l'attenzione così come anche le varie testimonianze di padri, madri ed un paio di compagni di vita, di persone trans. Le paure dei genitori di fronte ad uno sconvolgimento dell'identità, dell'aspetto fisico dei loro figli, la consapevolezza dei compagni di vita di cosa significhi "stare con una trans" e i rischi di discriminazione che comporta anche il solo avvicinarsi a noi. Del mio racconto non dico altro se non che è una denuncia irriverente ed ironica sull'atteggiamento della Chiesa Cattolica verso la transessualità, visualizzata in un ipotetico ed onirico incontro fra me e Benedetto XVI. A Mia Battaglia il compito di "tirare le fila" di questo libromix, con considerazioni sia autobiografiche, sia in merito al contenuto. Mia infati è l'unica autrice ad evere scritto il pezzo dopo aver letto tutto il resto del libro.
L'opera peraltro contiene anche, casualmente e purtroppo, una rarità. Un intervista al dott. Cattabeni, a poco tempo dalla sua tragica scomparsa durante un'escursione in montagna.
Il nome di Cattabeni, endocrinologo di specializzazione, è praticamente conosciuto dal quasi 100% delle persone trans italiane. Il suo approccio alla nostra condizione è stato (e finora continua ad essere) unico, rispetto a tutti gli altri suoi colleghi. Le sue scelte, spesso agli antipodi con il resto della comunità scientifica e quindi foriere di discussioni e polemiche, hanno fornito un approccio unico in Italia, non tanto alla condizione, quanto alle persone/clienti/pazienti che a lui si rivolgevano. Il suo fiuto e soprattutto l'autodeterminazione della persona, erano al centro delle sue modalità di cura.
Rarissimo trovare suoi interventi scritti perché preferiva seguire la clinica ed il rapporto con i "pazienti", questo libro ha l'onore di raccogliere le sue ultime parole pubbliche.
Nel libro ci sono molte altre cose, molte testimonianze di "coming out", di "discriminazioni subite", di biografie familiari.. Il tutto bilanciato fra momenti di intensa emozione, ma anche ricchi di quella sana autoironia di cui - ho avuto modo di apprezzare - sono spesso ricche le persone transgender più illuminate e sensibili (di sé ma anche degli altri).
Infine un libro che raccogllie quasi tutto il meglio della produzione culturale transgender italiana.
Per concludere: un libro per tutti e per - se non tutti . moltissimi gusti. Perché per ogni tipologia di lettore, il libro offre pagine di riflessione raramente riscontrabili altrove, almeno nel panorama nazionale,
Poco meno di 20 euro che sicuramente non saranno spesi male.
Per chi volesse saperne di più ripeto il link al sito ufficiale (con blog) del libro: http://www.transcritti.it
Mirella Izzo