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giovedì 23 aprile 2009

50 anni e due satori

50 ANNI E 2 SATORI

Nel giorno del mio 50esimo compleanno, mezzo secolo, e intorno ai 2/3 del “cammin di nostra vita” - secondo l’aspettativa di vita media occidentale – ritengo di dover raccontare qualcosa di cui mai ho fatto cenno con alcuno, in precedenza.

Ho avuto molti Maestri nella mia vita. Tra i più significativi ci sono l’osservazione degli infiniti itinerari di ogni storia umana, le leggi dell’Universo secondo la moderna cosmologia, le moderne neuroscienze, la genetica e l’epigenetica. Dall’altra parte e contemporaneamente ho imparato cose fondamentali dai bambini, spesso i più piccoli fra loro e dagli anziani.

I bambini se li ascoltassimo, hanno la capacità di “fulminarti” con intuizioni sulla vita, (spesso sulla tua), che neppure il miglior psicologo al mondo ne sarebbe capace.

Io li ho sempre ascoltati e ho decine di grazie per loro perché mi hanno – per la loro parte - insegnato a vivere. Del resto io con loro parlo come con gli adulti. Uso solo un linguaggio più semplice ma non so dar loro ordini. Preferisco spiegare e se sono capace a farlo, capiscono e quindi “obbediscono” per scelta e non per imposizione.

Gli anziani invece sono “lenti” e bisogna stare anche ore ad ascoltare le loro infinite perifrasi, le loro storie antiche, affinché si riesca a disvelare le perle di saggezza che queste storie contengono. Parlo degli anziani “invecchiati bene”… purtroppo sono sempre di meno nell’attuale organizzazione della vita. Per fortuna ho un’età che mi ha consentito di conoscere – nella gioventù – molti anziani rispettati, figli della tradizione contadina.

Se gli insegnamenti dei bambini sono vere e proprie “rivelazioni”, quelli degli anziani sono portatori, spesso, di una saggezza concreta ed empirica, capace di far cadere i nostri stupidi sogni che vorremmo far diventare case, senza neppure avere costruito le fondamenta perché i sogni possano diventare di carne o di pietra, di anima o di materia.

I bambini poi sono capaci di comunicare vibrazioni sottili anche nell’età precedente al linguaggio, se sai sintonizzarti sulle loro “frequenze”.

Ricordo un capodanno, negli anni più confusi della mia vita, in cui finii in una specie di festa casalinga con persone poco conosciute. Eravamo in campagna in una casa a due piani. Dopo un’ora di chiacchiere adulte io già mi iniziavo ad annoiare. Al piano di sopra dormiva una bambina di 4-6 mesi. Intorno alle 23 chiesi di poterla andare a vedere. Andammo tutti ma gli altri tornarono ai loro vini, alle loro chiacchiere, alle loro confuse biografie che si raccontano in serate come quelle.

Io restai da sola con lei. Ovviamente non parlava ma si era svegliata. Mi accucciai accanto alla sua culla e immediatamente si verificò un contatto visivo e fisico. Dopo poco, tenendomi tipicamente un dito fra le sue manine e facendosi accarezzare leggerissimamente sul capo e sul volto, iniziò ad interagire anche a livello verbale. Emetteva i suoi gorgoglii e suoni come in un latihan orientale. Dentro di esso – fu un po’ un momento magico – io iniziai a comprendere il senso dei suoi suoni accompagnati da una mimica facciale, da sorrisi disarmanti, risatine e movimenti del corpo. Persi totalmente il senso del trascorrere del tempo. Anche io iniziai il mio latihan verbale, talvolta con parole, altre con i miei suoni e i miei sorrisi. Era molto felice della mia presenza e comprendeva perfettamente l’abbandono che stava vivendo dai suoi genitori, anche se non ne soffriva particolarmente, essendovi abituata, come accade a moltissimi infanti, lasciati da soli nelle loro “tane”, magari con qualche meccanismo targato “beghelli” per sentire se qualcosa non và ed eventualmente accorrere nel momento del bisogno.

A prescindere dal fatto che un bambino di quell’età il bisogno lo ha sempre, non solo se corre pericoli di vita.

Fui risvegliata dal fracasso delle bottiglie stappate per la mezzanotte e, pochi minuti dopo, dall’arrivo della mandria umana adulta a salutare chiassosamente la bimba.

Il disappunto fu evidente nella sua comunicazione non verbale che io ormai comprendevo. Provai a scusarmi per questi casinisti che riempivano di rumori assordanti, orecchie ancora memori dei suoni dolci e attenuati del ventre materno.

In realtà, lei stessa mi tranquillizzò… come a dirmi che anche a questo ormai si era abituata. A quel punto, gli adulti, dopo aver rotto le energie sottili che trasmettono e ricevono i bambini piccoli, gli adulti pensarono bene di tornare a bere di sotto e questa volta, accortisi della mia assenza, mi reclamarono con frasi del tipo: «non ti isolare, dai… » o, peggio, «perché te ne stai qui nella solitudine, vieni giù».

Solitudine? La solitudine era con loro e con l’inutile utilizzo del dono delle corde vocali e del linguaggio. Chiesi un secondo, mi congedai con la piccola e mi rassegnai a tornare giù, anche perché iniziavo a vedere negli occhi della madre quello sguardo interrogativo e non amichevole di chi “tocca” quei figli che però abbandonano con grande nonchalance.

I bambini inoltre – tutti senza eccezione – sono stati gli unici a capire perfettamente il senso della mia transizione. Nessuno scandalo e tanta solidarietà per una persona che - come i loro personaggi di fiabe e fumetti - voleva usare la “magia” per essere e sentirsi se stessa. Se Cenerentola poteva trasformarsi da sguattera in principessa, perché non un uomo infelice in donna? La meravigliosa assenza di sovrastrutture mentali nei bambini, purtroppo talvolta è rovinata da condizionamenti precoci all’odio, alla diffidenza, al nascondimento delle realtà della vita degli adulti (realtà che di norma capiscono perfettamente anni prima che genitori imbarazzati si decidano a parlarne).

I bambini sono il “punto di partenza” della vita umana e i cosiddetti “illuminati”, i maestri di vita, devono tornare ad essere infanti con un solo dono in più: la consapevolezza conquistata nell’età adulta. Per il resto non vi sono differenze.

Quegli anziani che hanno saputo usare la vita per diventare saggi, sono veri e propri iniziatori, battezzatori ad una nuova vita, se li sai ascoltare ed interpretare dentro la tua realtà.

E’ poi arrivato Osho di cui sono diventata discepola. Non perché sia per me un “semidio”, ma semplicemente per la grande quantità di chiavi che è capace di offrire per aprire le innumerevoli porte che sbarrano la via a chi vuole dare un senso alla propria vita. Sono dei Giovanni Battista in attesa di giovani “Gesù” da iniziare.

Ed è di alcune parole di Osho… Maestro come colui che offre tutte le chiavi ma lascia la libertà di scegliere quella giusta per te (o anche di rifiutarle tutte)… di cui mi servirò oggi. Non come “adorante” ma come discepola.

Chi adora Osho, oggi, è rimasto attaccato al dito che indica la luna. Io sento una profonda gratitudine ma nessuna tendenza a divinizzarlo, propagandarlo, ecc.

Vi è un passaggio dai suoi commenti ai Vangeli che più facilmente di altri - forse perché commenta un testo a noi occidentali, più familiari di altri di origine orientale - mi aiuta a fare capire alcune cose di me che voglio, per la prima volta, tentare di condividere, a mio rischio e pericolo.

Parlando del battesimo di Giovanni a Gesù, ovvero di come sia possibile che una persona meno consapevole possa purificarne, iniziarne una più consapevole, Osho, fra tante altre importanti cose, dice:


L’iniziazione non è così semplice. Puoi essere iniziato solo da qualcuno che ha conseguito come minimo il primo satori, il primo samadhi.

Esistono tre satori. Il primo indica che hai avuto un’intuizione da molto lontano: hai visto l’Himalaya da molto lontano, risplendere nel sole. Quello è il primo satori. Il secondo satori accade quando hai raggiunto la vetta. Sei arrivato. E Il terzo satori accade quando tu e la vetta vi fondete. Quello è l’ultimo samadhi, l’assoluto.

Chi ti dà l’iniziazione deve aver conseguito quanto meno il primo. Se non lo ha conseguito, l’iniziazione è solo fittizia. Questo è un presupposto del Maestro: deve quanto meno aver conseguito il primo satori.

E da parte del discepolo occorre moltissimo, perché se il discepolo non è pronto, attraverso una profonda meditazione e purificazione, attraverso una profonda catarsi e pulizia interiore… anche se il Maestro è presente, non gli permetterai di raddrizzare la tua coppa. Opporrai resistenza, non ti arrenderai, non sarai in uno stato di abbandono.


Questo passaggio mi aiuta a dire alcune cose di me - e non solo di me - che sento di poter condividere soltanto ora.

Io ho conseguito i primi due satori, quelli che Osho chiama così, secondo la tradizione orientale.

Una premessa. Quando Osho enumera i tre satori, enumera tre qualità di beatitudini figlie di un nuovo livello di consapevolezza. Può accadere mille volte il primo e, successivamente, anche mille volte il secondo. Solo il terzo accade e resta definitivamente in te, come qualità del tuo essere. Il terzo satori è la cosiddetta “illuminazione”, “realizzazione”.

Inoltre non sempre i primi due satori arrivano come la famosa “mela sulla testa di Newton”, improvvisamente (ammesso e non concesso che la storiella sia reale). Solo se frutto di meditazione o di preghiera o di semplice “silenzio interiore”, anche non cercato, possono avere una precisa identificazione del momento. Se provengono dall’intuizione, dall’amore, dalla dedizione, dalla devozione (a persone o a ideali… non ideologie), specie il primo satori è possibile che neppure venga identificato come tale, se non dopo un certo periodo di tempo.

Il primo satori lo raggiunsi a seguito delle esperienze che feci con l’LSD dai 17 ai 18 anni. Chiarisco la parola “a seguito”. In realtà l’LSD a me ha solo fatto vedere, dimostrato, che esistono altri possibili livelli di coscienza. Una visione che però è totalmente in balia della sostanza e non realmente propria. A me però ha come confermato un qualcosa che sentivo dentro fin dai miei primi ricordi infantili, quando, di notte, non riuscivo ad addormentarmi, intorno ai 4-5 anni, riflettendo sulla morte e sulle sue implicazioni.

Lo slogan “Allargate l’area della coscienza” del poeta americano Allen Ginsberg, riferendosi alle esperienze allucinogene del “peyote” (mescalina), del “teonanactl” o “carne degli dei” (psilocibina) e dell’LSD (dietilammide dell’acido lisergico, di sintesi anche se l’acido lisergico è presente in natura nella segale cornuta), è da prendere con le molle: da interpretare. Le esperienze “allucinogene” sono un bagliore, sono come un sogno molto vivido da cui, però, poi ti svegli e – nel tempo – ne perdi l’essenza o – proprio perché sogno – le separi dalla vita reale.

C’è modo e modo di avvicinarsi a queste esperienze e io credo che l’unica accettabile sia quella rituale (in molti stati degli USA, alla Chiesa dei Nativi Americani è concesso l’uso del peyote esclusivamente a scopi rituali).

Rischiosissima ogni esperienza collettiva con queste sostanze, senza una guida, possibilmente con esperienza, ma nel momento, non sotto l’effetto della sostanza. Non sto dando consigli su come usarle, semmai l’opposto. Ne sconsiglio l’uso e specifico però quali modalità sono più pericolose di altre.

Non sto, insomma, dicendo che queste esperienze portino ad un livello superiore di coscienza. Non a caso molti tendono a ripetere per anni queste esperienze. Sono spesso caduche, come sogni e come tali vengono spesso dimenticate o se ne perde l’essenza. Così torna la voglia di riprovare, nonostante nessuna sostanza allucinogena, tra quelle citate, dia la benché minima assuefazione. Io ho fatto otto esperienze con l’LSD, tutte circoscritte in un anno solare. Per me, come per altri ricercatori, è stato un passaggio significativo perché già cercavo. Sinceramente ci sono altre vie più semplici da percorrere per arrivare alla stessa percezione. Vie più consapevoli. Io ho sempre scelto le strade più pericolose per arrivare “da qualche parte”, dietro una spinta interiore, ma non mi sento di consigliarle a nessuna persona, perché sono vie che possono anche portare alla “perdizione” totale di ogni possibile evoluzione di coscienza. Un mio amico, abusando di tali sostanze, è rimasto “piantato” dentro una psicosi fortissima da 30 anni e non si è mai più ripreso. Ora vaga per le strade, perso in non so quale pensiero, magari anche profondo, ma senza la benché minima capacità di comunicare con gli altri. Aggiungo che l’LSD brucia davvero tanti neuroni (per carità, lo fa anche l’alcool o la nicotina, ma non in tali quantità… e l’uso continuativo per anni porta ad una riduzione delle capacità cognitive significative.

Chiarito questo, posso tornare a dire che il mio primo “satori”, o la mia prima visione dell’Himalaya (preferisco questa immagine alle parole “mistiche” orientali, perché più quotidiane, semplici, meno evocative di chissà quali “poteri” mistici), avvenne a seguito di quelle esperienze, avute tra i miei 17 e 18 anni. Come detto, terminate dopo un solo anno. Non ne avevo più bisogno… In realtà non ne avrei avuto più bisogno già dopo la terza esperienza, ma siamo sempre tentati di verificare più volte delle intuizioni avute “in stato alterato della coscienza”.

Queste esperienze comunque furono un prodromo al satori che non confondo assolutamente con gli “stati di grazia e beatitudine” che puoi provare con quelle sostanze. Sono, lo ripeto, solo un “sogno” che può confermare, a chi già cerca, che una certa cosa è possibile. E se lo è sotto sostanza, può esserlo anche da consapevoli.

Mi toccano tutte queste precisazioni che mi costringono ad “allungare il brodo” perché, pur essendo per me ovvie, è mio dovere spiegarne e specificarne i rischi, anche, ma non solo, per non violare le vigenti leggi che regolano, anzi vietano, l’uso e l’istigazione all’uso di queste sostanze.

Quindi intorno ai 18 anni io ho visto la catena dell’Himalaya da lontano. Forse da troppo lontano, forse così da lontano dal farmi pensare che mai mi sarebbe stato possibile raggiungerla. Non avevo la più pallida idea di quale potesse essere la “mia strada verso le vette. Proprio a quell’età caddi, senza guide o aiuti, in una profonda depressione (clinicamente tale) che perdurò fino ai 26 anni. Età nella quale lasciai casa dei miei ed iniziai a percorrere una strada (che si rivelò errata) finalmente, almeno in apparenza, mia.

Il solo fatto di essere in grado di “muovermi” mi liberò improvvisamente e totalmente dalla depressione e dai farmaci che assumevo, in pochi giorni e senza alcuna (pur prevista) crisi da assuefazione. Passai dalla dipendenza totale per otto anni dai farmaci, alla liberazione da essi senza fatica e senza effetti collaterali, in un solo giorno.

Per molti anni successivi, però, presi talmente tante strade sbagliate, che smisi persino di pensare a quella visione, a quel satori… Vedere da lontano è un processo reversibile. Puoi sempre chiudere gli occhi e non guardare.

Così feci io, immergendomi nella mondanità della vita ed in una ricerca di me stessa (al maschile), attraverso le relazioni sentimentali. Alla fine passai da una dipendenza (dalla famiglia) ad altre (dagli amori carnali).

La “rivelazione” del mio essere anima femminile avvenne in un attimo, in un momento preciso e identificabile (ma di cui non ho preso nota… Un giorno fra la fine di aprile e gli inizi di maggio del 1998). Non fu il “secondo satori” ma una seconda esperienza del “primo”. La differenza stava nel fatto che, pur lontano, l’Himalaya ora mi sembrava raggiungibile facilmente.

In realtà non fu così semplice e sebbene la transizione al femminile cambiò sostanzialmente la mia vita, essa mi aprì semplicemente alla possibilità del secondo satori. La fine del disastroso e caotico stridore dovuto al mio vivere “fuori gender”, mi rese più silenziosa e, conseguentemente più efficiente.

Inutile dire che una testa piena di pensieri, come una brocca piena d’acqua, non può più ricevere nulla, mentre una mente più libera, come una brocca vuota o comunque non piena, può accogliere altre esperienze ed intuizioni.

Il mio secondo satori, invece, è arrivato, ancora una volta, “a seguito” di un’altra esperienza. Non cercata, non voluta, ma accaduta.

La scoperta dell’aneurisma all’aorta, ma soprattutto l’intervento chirurgico a cuore fermo e senza metà sangue, avvenuto ovviamente in anestesia - che però – è noto – rende solo incosciente la mente, ma non elimina l’esperienza vissuta - ha spianato la via al secondo satori.

L’esperienza, la sensazione netta, il ricordo delle carni e della subcoscienza, dell’esperienza di una “morte da vivi” a me arrivò dopo un paio di mesi dall’intervento. La cosidetta “CEC” (Circolazione Extra Corporea) spesso produce infatti depressioni, se non psicosi (quando non brucia fisicamente parti del cervello per ipossia, ossia scarsità di ossigeno nel cervello) proprio dopo un periodo analogo, in molti pazienti che si sottopongono a tale pratica, pur essenziale, allo stato attuale delle conoscenze, per riparare cuore e zone limitrofe.

Non ho fatto eccezione e per molti mesi ho iniziato a sentirmi perseguitata dalla sensazione di non essere più completamente viva. In alcune mie poesie dell’epoca, credo di avere descritto al mio meglio, gli aspetti più terribili di questo stato psicologico. Inoltre, dall’intervento in poi, ho iniziato a scoprire parecchie zone ischemizzate nel cervello e sviluppato una lunga sequela di patologie, ultima delle quali la cosiddetta “fibromialgia”. Cosiddetta perché in realtà – e la scienza ci sta arrivando, sembra, finalmente – le cosiddette “Fibromialgia”, “Sindrome della fatica cronica”, “dolore neuropatico”, sono in realtà un unico problema legato ad una ipersensibilizzazione dei neurotrasmettitori cerebrali. Le reazioni non sono più corrette e quindi compaiono dolori generalizzati, stanchezza inverosimile anche senza sforzi (anergia), stati transitori di confusione mentale (chiamati con l’evocativo nome di fibrofog) e/o di parziali amnesie, parestesie, anestesie ed un altro centinaio di altri sintomi. Allo stato attuale non esistono cure per questo stato cerebrale che produce sintomi fisici.

Non credo potrà esistere una vera cura medica perché sono “sindromi” nelle quali il proprio cervello manda un segnale potente alla persona: «hai sfruttato troppo le mie capacità di reggere lo stress prolungato, gli choc, la tensione. Ora basta. Se non sai fermarti tu, ti fermo io!».

Per quattro anni, ho vissuto nell’inferno, cercando di dissimularlo agli altri, il più possibile. Chi sopporterebbe una persona che ti dice: «io sono viva al 50% e non vedo l’ora di raggiungere l’altro 50% che è morto per ritrovare la mia unità»?

Sentivo che qualcosa mi sfuggiva ma alla fine prevalevano gli impulsi a “farla finita”. Non pensieri, sia chiaro, ma veri e propri “impulsi” cui era sempre più difficile resistere.

Quindi sono entrata in profondo contatto con la morte e ho iniziato ad allontanarmi dalla vita, dagli altri. Poi, lentamente, non più dagli altri, ma dalla stupidità di chi vive senza la consapevolezza della morte.

Infine ho incontrato l’amore. Potrei dire uno dei tanti. Forse la 40esima storia d’amore della mia intera vita (M e F). La differenza è stata però che questo amore è arrivato mentre io ormai viaggiavo quasi felicemente verso la morte. La conversione rapida, immediata dalla morte all’amore ha provocato il mio secondo satori. Dove vita e morte convivono finalmente in pace dentro me, senza paure o conflitti. Senza rinuncia alla vita, senza vivere nell’inconsapevolezza dell’immanenza della morte.

Questa donna, Chiara, deve avermi amata in modo davvero speciale per tirarmi fuori da dove avevo incominciato a viaggiare. Dall’altra parte io ho saputo rispondere al suo richiamo e invertire la rotta con una conversione a U immediata.

Chi medita sa che è nell’istante che passa tra inspirazione ed espirazione, il momento in cui si aprono delle porte verso una consapevolezza più alta, una integrità fra “fuori” (espirazione) e “dentro” (inspirazione) ed anche, analogamente tra vita e morte, tra espansività e introspezione, e tutti i “contrari” (apparenti) della vita.

In realtà sono proprio le conversioni di direzione tutte a dare l’opportunità maggiore di un balzo in avanti di consapevolezza.

Qui ho conosciuto il mio secondo satori che si è esplicato chiaramente fin dal settembre 2007.

Il mio secondo satori potrei definirlo come un ritorno dopo avere viaggiato nella morte, averne vissuto lo choc, averla elaborata e quasi violentemente esserne tirata via proprio quando mi ci stavo abbandonando. Un ritorno improvviso ed immediatamente colmo d’amore.

Non è che i satori comportino solo grazia e beatitudine. Tutte balle raccontate a fin di bene, per spingere la gente a crescere e vivere la propria vita senza sprecarla.

Ogni nuova consapevolezza porta con sé un mutamento profondo del proprio relazionarsi al resto del mondo. E ci sono anche parecchi rischi. Molti si allontanano totalmente dal mondo e vanno sull’Himalaya in senso letterale, con il corpo e nella totale solitudine. Altri, sentono il bisogno di diffondere quel che hanno sentito.

Io da decenni operavo “nel sociale”, e da 9, dentro il movimento GLBT (poi diventato LGBT) e, per una delle mie ultime azioni interne al movimento, LGBTQI.

Il primo atto formale della mia militanza fu la co-fondazione di Crisalide, nel 1999. L’ultimo, la cofondazione del Comitato Genova Pride 2009. Sia da Crisalide/AzioneTrans, sia dal Comitato mi sono ritirata da ogni responsabilità, nel marzo/aprile 2009, a poche settimane dalla registrazione formale del Comitato.

L’aggiunta del “QI” (simbolico anche in altro senso), alla sigla LGBT, è l’ultimo atto politico nato da me, per il Pride genovese che oggi si chiama LGBTQI, insieme ad una parte consistente delle novità scritte nel programma, rispetto ai programmi dei Pride degli anni precedenti. Sia chiaro che per me LGBTQI è comunque una limitazione: la lista dovrebbe essere più lunga, oppure bisognerebbe trovare una parola condivisa che indicasse ogni varianza di genere e di orientamento sessuale (per approfondire rimando a “Translesbismo: istruzioni per l’uso” e, quando sarà pronto, a “Tra(n)scritti Politici”), ma allo stato attuale già l’includere la “Q” di Queer e la “I” di l’Intersessualità, ha provocato non pochi sobbalzi negli scragni delle più “alte autorità” del “movimento”: ovviamente in quelle che apparentemente sembrano più all’avanguardia, più innovative e più di estrema sinistra o – specularmente – di destra). «Una sigla così lunga e impronunciabile non sarebbe capita», è stata l’obiezione più comune, insieme a quella paradossale del «la gente già non capisce “LGBT”, figuriamoci “LGBTQI”.

Paradossale perché mi chiedo allora perché si sia usata questa locuzione per anni (includendo anche la precedente GLBT).

La realtà dei fatti è stata come io prevedevo. Chi non aveva mai “inteso” LGBT (e parlava sempre di Gay Pride, non per semplificare sui giornali, ma per reale identificazione) non ha capito LGBTQI, chi invece aveva capito LGBT, ha compreso immediatamente LGBTQI. Anzi, alcuni che non si erano mai soffermati sulla sigla di partenza, si è incuriosito – specie sui media – di una sigla non ignorabile per la sua lunghezza e anche per la sua reale impronunciabilità. Risultato: oggi chi ha avuto voglia di leggere, può sapere il significato di due nuove parole: queer e intersessualità.

A prescindere da questi micro resoconti “storici”, la domanda che iniziava ad avanzare in me, con la nuova consapevolezza che mi portava a tagliare con abitudini obsolete, ad essere insofferente verso politiche cieche e ripetitive e ribelle di fronte alle lotte quasi sanguinose di potere per poteri così microscopici, era: dopo il secondo satori, come mi sarei rapportata con questa parte così importante della mia vita, che avevo anche parzialmente distrutto, nella confusione nichilista che mi accadde nel 2004-2005, dopo l’intervento chirurgico e precedentemente al secondo evento personale?


E’ arrivato il momento di ritornare a Osho che, poche righe prima di quelle citate, a proposito di Gesù e Buddha, spiega il fatto che entrambi tentarono in ogni modo di stare dentro il flusso della loro tradizione, fallendo. Gesù morì ebreo, non cristiano e Budda morì induista, non buddista. Cercarono di stare dentro le tradizioni, cambiandole dall’interno. Ancora qualche testuale del suo speech:


Gesù cercò di connettersi alla vecchia mentalità. Dice a Giovanni: “Battezzami. Lascia che accada…” «Ora lascia: poiché così conviene a noi compiere ogni giustizia. Allora lo lasciò».

Giovanni lo comprese: in caso contrario, Gesù sarebbe stato uno straniero fin dal primo momento, e le cose sarebbero diventate praticamente impossibili.

Anche così le cose furono impossibili – ma nessuno può dire che Gesù non ci provò; nessuno può dire che Buddha non ci provò .

Da parte loro, essi fecero tutto il possibile per diventare un flusso che perpetuava l’antico, il vecchio, la tradizione. Essi vollero una rivoluzione non contro la tradizione, ma al suo interno. Ma non è mai accaduto: la vecchia mente è veramente ed estremamente ostinata, testarda fino all’inverosimile.


La stessa cosa ho tentato di fare io. Il successo di Crisalide era figlio del mio primo satori, la successiva involuzione, figlia del mio stato di prostrazione “post intervento”, la voglia di reinventare la stessa Crisalide / AzioneTrans, la stessa tradizione, figlia del mio secondo satori.


Ho continuato con la politica dentro il movimento ottenendo due risultati:

- una sempre maggiore ostilità da parte del “vecchio” di comprendere il senso del mio proporre, con punte di avversione e persino odio nei miei confronti, specie in ambiente associativo trans;

- un costante rischio di cadere dalla consapevolezza raggiunta, nello continuo sforzo di compromesso con la mia coscienza, nel piegarmi a scelte non condivise o condivise nei perché ma non nei come (perché si fa un Pride. Come si fa un Pride, ad esempio)


Un rischio che – nelle mie condizioni di salute (queste sono compromesse e nessun satori guarisce i guasti già fatti… non a caso anche molti grandi maestri spirituali non sono state proprio persone sanissime fisicamente) mi stava “teletrasportando” dentro un personale logoramento e contemporaneamente dentro una posizione di “voce nel deserto”, orami “interna solo per modo di dire” al resto del “movimento”.

Sono molte le cose che ho predetto essere sbagliate e che poi si sono verificate puntualmente. Sono molti i tentativi di portare anche un poco della mia consapevolezza nel “movimento” che sono stati ignorati o – talvolta – molto apprezzati in teoria e mal applicati nella prassi.

Mi spiaceva perché vedevo il “movimento LGBT” sempre più “vecchio”, i “dirigenti” sempre più somiglianti a moderni Kaifa, incapaci di leggere nel cuore della propria gente (le persone lesbiche, gay, trans, ecc.).

L’evidenza di un “movimento” ormai molto lontano dalla gente che intenderebbe rappresentare si è evidenziato in molte situazioni, la più evidente delle quali è stato l’appuntamento elettorale del 2006. Con indicazioni di voto totalmente disattese dai due milioni e fischia (almeno 4 se includiamo le famiglie e amici) di potenziali elettori.

Il mio “modo” di essere “leader” - che non è stato gran che capito da sempre – iniziava ad essere un vero fastidio. Durante le prime fasi di comunicazione del Comitato Genova Pride il mio interagire nei forum alla pari con la gente che si chiedeva tante cose sul Pride di Genova e si lamentava per l’apparente imposizione dello stesso come Pride Nazionale, fu frainteso e preso come una incapacità di lavorare in “equipe”. Era evidente che io stavo dando per scontato che le cose di cui avevo parlato nelle riunioni precedenti non era stato capito. Io non avrei dovuto rispondere alle singole domande, critiche, obiezioni, secondo molti, perché ero “dirigente”. Allo stesso modo, anni prima, mi si contestava il mio personale pormi alla pari degli altri, con una pagina web personale nella quale facevo conoscere molto della mia vita privata, raccontandone “miseria e nobiltà”, senza censure. Non dovevo. Ero “dirigente” e non dovevo dare “armi” a possibili nemici che mi potevano attaccare.

Non piacque quando misi on line le mie foto del percorso di transizione fisica dove mostravo seno e natiche che si modificavano via via nel tempo, a causa della della terapia ormonale. Una dirigente non mostra culo e tette!!! Si espone a facili strumentalizzazioni. Io pensavo invece quanto potesse servire a chi ancora non aveva iniziato, farsi un’idea di cosa poteva accadere al proprio corpo, con la terapia ormonale. Che mi importava se qualcun* avesse pubblicato le mie tette o natiche? C’erano decine, oggi centinaia di interviste, articoli, pagine web, dove si poteva evincere facilmente cosa ero/sono. Perché un “dirigente” dovrebbe essere diverso da chi “rappresenta” nei bisogni umani primari?

Ciò che non è stato capito è riassumibile nella frase:«Chi ti credi di essere tu a voler essere sia “dirigente”, sia “popolo”?».

Credo di avere, negli anni, infranto ogni regola (quelle non scritte) del “senso comune” vigente nelle altre Associazioni (specie trans che conosco meglio). In Crisalide la lista soci era di discussione e chiunque poteva criticare la presidenza o il direttivo. Non era un problema, in realtà, se si agisce correttamente. Se un direttivo non è capace di difendersi dialetticamente dalle critiche, che cazzo ci sta a fare? Madonna quante livide obiezioni ricevetti da altri membri del Direttivo perché li/le esponevo al pubblico ludibrio. «Non hai rispetto dei dirigenti», mi fu letteralmente contestato da una persona che poi attaccai sul piano personale, sbagliando (era il periodo “nero” in cui non stavo per lasciare per la prima volta la presidenza). «Dirigenti? Noi siamo al massimo rappresentanti», risposi io stizzita verso chi era arrivato al “Direttivo” su “nomina” presidenziale (mia) e non per elezione!!

Non posso enumerare tutte le cose accadute, tutte le intuizioni andate perdute perché “non conformi”.

L’ultimo “misunderstanding” è stato con il Comitato Genova Pride: mentre cercavo di stimolare le persone a partecipare con le proprie modalità, perché pensavo ad un Pride solo a metà del Comitato ma lasciato libero (seppur coordinato) all’auto-organizzazione delle persone, se, ad esempio, volevano fare un carro tematico a “modo loro”. Guai! Questo stimola la libera iniziativa al di fuori delle Associazioni che invece devono mantenere il monopolio assoluto della rappresentatività.

A dire il vero fu il “penultimo” misunderstanding. L’ultimo è accaduto in AzioneTrans, ma non ne voglio parlare per non trasformare un “post” in un libro. Posso dire che entrambi i misunderstanding appena citati, sono avvenuti nell’assoluta buona fede delle altre persone. Le differenze sono solo di “campo visivo”. Prendersela solo con il “gotha” gay e lesbico (per quello trans bisognerebbe fare un discorso a parte, perché le colpe sono reali e gravi), sarebbe stato sciocco e miope perché questa “gente” che si lamentava tanto delle Associazioni, alla fine, non ha fatto nulla, neppure dietro i miei stimoli e “coperture” ufficiali associative. La “gente” preferisce lamentarsi, lamentarsi, lamentarsi senza far nulla. Quanto è facile guardare dalla finestra e criticare! Quanto è più facile passare da “follower” ad ignavi piuttosto che da “follower” a “co-leader”, assumendosi qualche, anche piccola, responsabilità individuale!

Alla fine di pochi mesi, ho capito che non c’era “trippa” per “gatti come me”, dentro questo “movimento”.

Lo volevo riformare dall’interno, convincendo della bontà di alcune innovazioni e aperture. Il Sinedrio però non mi ha capita ed il popolo ha gridato “Barabba!”. Io non ho scacciato i mercanti dal tempio, li ho solo criticati e quindi niente crocifissione per me, solo una graduale emarginazione “de facto”. Al contrario di Gesù, mi sono ritirata prima. Anche perché non ho né la forza di Gesù o Buddha né la loro saggezza. Io sbaglio, cado dall’Himalaya perché non so cosa sia ancora il terzo satori. Lo dico per chiarire il senso del mio paragonarmi a questi immensi personaggi. I paragoni che ho usato iniziano e terminano nel tentativo di innovazione fallito.

Quindi, in assenza di un popolo che mi seguisse, in assenza di una mia morte che desse vita, in qualche “fan/atica/o”, la costruzione di una specie di Associazione-Chiesa in mio riferimento, in assenza di un Sinedrio che mi ascoltasse, ho compreso ciò che già sapevo: per me non c’era spazio. Lo sapevo ma dovevo tentare perché, appunto, posso sbagliarmi.

A volte, vorrei tanto che accadesse più spesso di sbagliarmi, visto che “la vedo nera”, rispetto ad una rivoluzione culturale di gender e sex.

Avremo i Didorè e lentamente anche le persone trans saranno “inserite” dentro la logica dualista “maschio/femmina” ed in questa logica accettate. Il sogno transgender, genderqueer, two spirits, verrà fagocitato dalla nuova normalità in cui trans ben ben operate avranno finalmente un lavoro per vivere. Una vittoria che è soltanto la convenienza di un potere che non vuole più le puttane per le strade. Ovvio che se vuole raggiungere questo obiettivo dovrà far entrare le trans nel mondo del lavoro. E se vorrà preservare il matrimonio cattolico, dovrà dare qualche boccone a gay e lesbiche.

Si lamenteranno le Associazioni. Diranno che “o matrimonio o niente” ma sicuramente dopo i Didorè (o qualcosa di simile), verranno tagliate le radici di una protesta che non aveva basi culturali, ma solo di convenienza.

Anche le Associazioni Trans faranno finta di lamentarsi quando arriverà una leggina che consente di cambiare il nome da maschile a femminile e viceversa, senza però cambio di genere/sesso, quindi con codici fiscali e passaporti che indicano chiaramente che “Mirella” è e resta maschio. Faranno finta perché si fregheranno invece le mani per la grande vittoria ottenuta. La non accettazione di leggi contro il solo cambio di nome infatti fu mal digerito quando lo proposi a tutto il movimento LGBT italiano, proprio dalle Ass.ni transgender. Allora Crisalide era potente e accettarono, dopo infinite polemiche e comportamenti ambigui (in particolar modo da parte di Libellula di Roma e, in misura minore, dal MIT di Bologna).

Tanto più i Didorè sapranno accontentare le convenienze di gay e lesbiche, tantomeno sarà praticabile la giusta rivendicazione secondo la quale deve esistere un unico strumento legislativo che regoli le unioni affettive con implicazioni sessuali. Se si accetterà una leggina che cambia il nome, sarà quasi impossibile, per decenni, sperare in una legge alla “spagnola/inglese/cubana” che modifichi sui documenti i veri dati sensibili che poi portano all’emarginazione sociale e lavorativa: il sesso (gender).


Potrei andare avanti per ore con una quantità di esempi davvero enorme. Mi fermo qua per ovvie ragioni di spazio, ormai superato da un bel po’.


Oggi mi interrogo su molte cose, seppur con una distanza analoga a quella che separa la vetta dell’Everest dal livello del mare.

Ora che ho rivelato i miei satori e ho lasciato il movimento potrei tentare la via della prima Guru Transgender del mondo (credo, prima). Ne avrei di carte da giocare, almeno sull’equanimità di trattamento tra uomini e donne. Anche perché il secondo satori ha modificato il mio atteggiamento radicale antimaschilista. Per le cose che ho scritto fino a pochi mesi fa, era difficile distinguere il giusto antimaschilismo dall’errato “antimaschio”, che traspariva dalle mie parole. Oggi avrei altro da dire sul tema, se parlassi a persone e non a masse indistinte (seppur minuscole). In passato dovevo “esagerare” per sperare di attirare attenzione sul “mostro” maschilista da sconfiggere.

Potrei far discepole/i? Potrei iniziare persone che lo volessero? Qualcosa avrei da dare, ne sono sicura. Alcun* trans lo sanno per via del mio comportamento, negli anni del mio “secondo” primo satori.

Potrei ma mi manca la voglia e la capacità di “vendermi”, di cercare quei compromessi che servono all’inizio per farsi capire…

Inoltre il mio corpo è più malato di quanto non fosse quello di Osho, o fragile quanto quello di Gesù e con esso convivrò fino alla morte.

Alla fine potrei non far nulla o continuare a scrivere blog e libri auto pubblicati che – se non si perderanno nel nulla – saranno davvero capiti post mortem… o forse saranno fraintesi o cadranno nell’oblio. A meno di non essere cercata con le giuste motivazioni. Attualmente le mie “parole” sono pressoché ignorate (a parte qualche decina di persone) e quindi le mie poche energie le spenderò per chi davvero mi vorrà come amica o consigliera (fa più figo counsellor, lo so).

Guru che sia o meno, sono tante le persone che potrei iniziare ad una visione diversa della vita e anche dell’impegno sociale in ambito LGBTQI.

Ho, oggi, 50 anni e due satori. Non solo questo, ovviamente.

In fin dei conti sono ai primi esordi di una nuova personale rivoluzione (che poi vuol semplicemente dire: un giro nuovo intorno alla fonte) e non ne conosco ancora precisamente i contorni. So che avrà a che fare con i passaggi di Osho citati e niente di più.

Per chi legge, ne sono consapevole, sarà più semplice pensare: «questa si è fottuta totalmente il cervello», magari, da parte di alcuni, anche amorevolmente e compassionevolmente. Sarà più facile mettersi il cuore in pace e smettere anche di leggermi (per chi già non l’ha fatto perché «sei troppo lunga… non ho tempo per leggerti »).

E poi, in fin dei conti, sebbene sappia prevedere l’evoluzione più probabile di molte cose che conosco, non sono assolutamente in grado di vedere nel futuro, in generale.

Quindi quel che sarà, sarà. Il tempo, si sa, è severo maestro.

Con libertà e amore.

Mirella “Shanti Prashna” Izzo


Genova, 23 aprile 2009


P.S.:Shanti Prashna è il mio nome iniziatico datomi da Osho e significa “pace attraverso la ricerca” o anche “ricerca come strumento di pace”, dove pace ha l’accezione di “quiete interiore” più che di “assenza di guerra”.


P.P.S: le correzioni grammaticali e sintattiche del testo verranno corrette nel tempo, forse. Mi scuso per gli eventuali “ho andata” ma oggi pubblico il testo “grezzo” senza alcun post editing.

giovedì 2 aprile 2009

ADDIO MOVIMENTO. VADO IN PENSIONE (con buona pace di tanti)

ADDIO "MOVIMENTO", IO VADO IN PENSIONE
(Con buona pace di tanti)


1999-2009
, la data di un epitaffio. 10 anni di vita che accompagnano un sogno, diventato poi speranza, infine realtà. Il sogno "Crisalide" che nacque nelle teste mia, di Matteo M., di Daniele M. a cui, un anno dopo si aggiunse Davide T.
Matteo e Davide, in particolare, che oggi cito solo con le iniziali del cognome per ragioni di privacy, sono i responsabili della nascita in Italia di una visibilità, ancor prima che movimento, dei transgender FtM (da Femminile a Maschile). Il Coordinamento Italiano Trans FtM, seguì di pochi anni Crisalide e ne fu un sogno complementare, aggiuntivo.

Dal 2000 al 2006, Crisalide e Coordinamento FtM hanno prodotto più materiale divulgativo, informativo e culturale di quanto non ne fosse stato prodotto in tutti gli anni precedenti (ed anche concomitanti) da tutto il resto del "movimento trans" italiano.

Dietro il progetto Crisalide c'era un sogno. Un sogno che - nella parte concettuale - è riversato nelle pagine del Manifesto AzioneTrans, ma che era qualcosa di più di un programma politico. Era un modo di intendere il volontariato sociale per le persone "trans".

Non più i ghetti dei "consultori" gestiti dalle Associazioni, ma il Sistema Sanitario Nazionale che tratti al meglio le persone transgender, con i protocolli più sicuri, più adeguati, più rispettosi della persona.

Non più Associazioni Trans che equivalevano a sindacati delle prostitute transgender, ma la voglia di attingere a quel poco o tanto che era riuscito a passare tra le maglie della ghettizzazione, per allargarle sempre di più, affinché la prostituzione potesse diventare davvero una libera scelta e non una nuova versione de "la volpe e l'uva" come appaiono oggi le dichiarazioni delle trans che "scelgono" la prostituzione.

Un modo diverso di stare insieme: non più diffidenza tra MtF e FtM, ma collaborazione, non più separazioni tra chi si opera e chi no, chi guadagna bene e chi no, chi è italiana chi no, ecc. ecc..

Un modo che prima non si era mai visto.

Infatti Crisalide crebbe a vista d'occhio, dopo il primo anno di assestamento... E la "leadership" mia, di Matteo e di Davide, era incontrastata perché chi si avvicinava a noi sentiva la verità del nostro sogno.
Noi però ci eravamo dati un tempo: sapevamo che avremmo vinto solo se l'Associazione sopravviveva a noi, senza perderne lo spirito di trasparenza e idealità. Ma Crisalide stava diventando importante e quindi, come la storia di tutti i tempi insegna, iniziava ad attrarre persone non particolarmente nobili ma a caccia di visibilità... Che i tempi stessero iniziando a cambiare, che l'afflato dei fondatori non fosse stato raccolto da alcuno, se ne resero conto Davide e Matteo.
Nel 2005 già non ci credevano più e nel 2006, "abbandonarono la causa", correndo il rischio di passare la "visione" di Crisalide in altre e nuove mani. A causa del mio aneurisma, anche io feci un passo indietro, ma ci credevo ancora, al contrario di loro. Fu così che venne eletta F.T..

Due anni per me infernali. Tutto quanto era stato per Crisalide "fiore all'occhiello" veniva distrutto in pochi mesi. Nessuna contabilità, nessuna trasparenza sui soldi che ci venivano dai soci. Nessuna iniziativa politica, nessun documento politico (e quei pochi, riscritti in italiano da me). La rabbia prevalse. Una rabbia resa "cieca" dalla mia difficoltà umana e psicologica di accettare un handicap che mi decimava (letteralmente) le forze, che mi condannava ad una sofferenza fisica (dolore) permanente, 24 ore al giorno, 365 giorni l'anno, dal 2004/2005. Vedere distruggere un sogno in pochi mesi, costruiti con anni di vero amore per la causa, e sentire che non avevo più le forze per ridare dignità all'Associazione, era troppo per me. In quel periodo commisi degli errori.

Esagerai non tanto nei contenuti, ma nelle forme. Individuai falsi "bersagli", nel senso che mi sono fatta ingannare dai sorrisi di facciata, dietro cui giaceva la malafede. Individuai in altre persone la "minaccia". Non avevo torto e forse non aveva torto Daniele Bocchetti, a comprendere che mi dovevo davvero fare da parte anche se neppure lui stava capendo chi davvero minacciava l'Associazione. Non io, per quanto "pazza" (momentanea), ma in buona fede.


A lui, a Daniele Bocchetti e, indirettamente a Nicole I., devo delle scuse. A lui gliele ho fatte personalmente già anni fa ed ora pubblicamente le rinnovo, includendo Nicole.

Allora non furono accettate e Crisalide perse un'ottima testa pensante ed una militante appassionata con grandi prospettive.

Per colpa mia sicuramente. In realtà il mio era solo strabismo ed un'esasperazione dovuta all'handicap che solo un paio di anni dopo, con fatica, ho iniziato a imparare a gestire.

Intanto il "buon nome di Crisalide" era stato trattato come uno straccio per cloache. Fummo d'accordo, io, Davide e Matteo. Così non poteva andare avanti e se così volevano andare avanti che lo facessero con un altro nome. Che il sogno "Crisalide", se doveva interrompersi per mancato cambio generazionale, che altri non pisciassero su quel nome che rappresentava il nostro lavoro serio e appassionato per il quale avevamo rinunciato a tantissima parte del nostro tempo libero.

Non era un desiderio - a rigor di legge - legittimo: le associazioni vanno avanti senza sciogliersi se trovano chi continua. Ma politicamente, piuttosto che vedere avanzare "il marcio", ero ancora in grado di sbarrargli la strada, anche se a costo di ridurre Crisalide a poco e nulla... Ma meglio ripartire da zero puliti o "morire" (già... Donchisciotte ... )
.

Poi, all'ultimo "Milano" si offrì a gestire l'Associazione, ma dopo neppure un mese un altro scandalo macchiò il nostro nome che per sei anni era stato tenuto immacolato. Nel nuovo Direttivo persone andavano scrivendo frasi razziste contro le transessuali "primarie", contro uomini e donne "genetici" (nati tali), sia etero, sia gay, sia lesbiche, in nome di una presunta "superiorità razziale transgender".

Una follia che si spinse fino al consigliare a chi si rivolgeva all'Associazione, di lasciare eventuali partner "non trans".

Potevo permettere tale follia a nome di Crisalide? Non ce l'ho fatta. Chiesi, da presidente onoraria, alla neopresidente milanese di far fare un passo indietro a chi aveva scritto pubblicamenti tali aberrazioni ma.... macché... Non avevo capito che non era stato eletto un Direttivo ma una
Regina con la sua corte e nessuno della corte poteva essere sacrificato.

Una Regina che poi ha pubblicato un libro, preso di pacca dai miei scritti (gratuiti) on line e riscritto nella forma ed i riferimenti a me sono stati tutti cambiati in un generico "cfr. Crisalide AzioneTrans", quando era ben noto che in Crisalide, il diritto sui contenuti erano della persona, prima che dell'Associazione!

Insomma, il libro della M.R. a me piace... peccato dovrebbe riportare prima la mia firma e poi la sua! Chissà, ora che ho tempo, magari mi prendo lo sfizio di fare un dossier e mandarlo alla SIAE o altro ente sulla proprietà intellettuale...

Sta di fatto che fu la seconda diaspora in pochi mesi. Fu quella che io ritenevo la fine. Ok, si chiudeva. All'ultimo arrivò Francesca Busdraghi, attuale presidente di AzioneTrans che voleva assolutamente non far morire il patrimonio di questa Associazione. Con lei un altro paio di militanti, volenterose ma troppo indietro con la transizione per potersi esporre, cedetti alla mia voglia di allontanarmi per passare da sognatrice a "Don(na) Chisciotte" e nel 2008 rifondammo in 4 gatti AzioneTrans.

Non più Crisalide, ma solo AzioneTrans.

Tornai ad essere presidente nonostante io sia ufficialmente dichiarata "
inabile per qualsiasi proficuo lavoro" e lo sia davvero. Lavoro è qualcosa che richiede un impegno costante, piccolo o grande, ma costante. E mai come in quel momento AzioneTrans richiedeva un grande impegno quotidiano. Giocai la scommessa a carte scoperte. Scrissi chiaro e tondo alle persone transgender: se AzioneTrans andrà avanti con il mio contributo, non lo deciderò io ma voi. Se arriveranno tante iscrizioni e soprattutto TANTA MILITANZA, ad affiancare le poche mie forze e quelle che diventeranno presto poche, di Francesca (Francesca Eugenia, lei preferisce) a causa di problemi medici, ora per fortuna superati ma che hanno occupato un anno cruciale in cui ero sola senza le forze per farcela.

Nel frattempo succedono una quantità di cose vomitevoli per il mio concetto di etica e morale. Nel movmento trans ma anche nel movimento LGBTQI spezzato in due da un'ala che vorrebbe far tornare indietro il tempo al 1977 (di queste cose ho già scritto).

Le Associazioni Trans, intanto, si riuniscono dentro un "Coordinamento che chiamano "Sylvia Rivera", una grande militante transgender americana, ora morta. Quella che diede il via alla rivolta di Stonewall, quella con cui io, Matteo ed Helena (Velena) passammo una intera notte svegli a parlare. Noi e non costoro che si fregiano del suo nome (e so che Silvia - o Sylvia - si rivolterebbe nella tomba).

Una roba di puro interesse. Consultori finanziati con soldi pubblici che tengono le persone trans all'infinito per gonfiare le spese. Costi superiori a quelli offerti dal Sistema Sanitario Nazionale (ad esempio a Genova, dopo un accordo con il Dipartimento Endocrinologico dell'Università di Genova, dove non si paga neppure il ticket perché le visite sono in Day Hospital). Gente che ci fa uscire di che vivere (e bene) alle spalle delle persone che dovrebbero difendere. In Toscana poi succede persino l'incredibile. Un'Associazione nasce dopo il consultorio voluto da una super ingenua "Regione Toscana" per gestirlo. Manco a dirlo, là ci si butta chi azzerò i conti di Crisalide in soli sei mesi (noi ci autofinanziavamo con le tessere e basta e il 5 per mille e basta).

Paura di denunce a dire ste cose? Ma no... io ho le carte che cantano (tipo i resoconti del conto corrente e le spese prevalentemente in ristoranti e treni per Roma) e chi mi dovesse denunciare rischierebbe di fare la fine di quei naziskin che anni fa, proprio a Genova, partirono per una spedizione punitiva contro le ragazze nigeriane che lavoravano in strada e finirono tutti al pronto soccorso (conosco bene le ragazze nigeriane, sono fantastiche ma hanno delle mani belle pesanti :D).

Anzi lancio una sfida alle neo dirigenti delle altre Ass.ni Trans: pubblichiamo tutte (e tutti) le nostre dichiarazioni dei redditi e paragoniamole allo stile di vita che conduciamo.... Io ci sto a mettere il mio CUD (non ho altro).

Si arriva a fine 2008 e nasce il progetto "Pride Nazionale a Genova". Sempre più "Don(na) Chisciotte" accetto di metterci nome, faccia, lavoro, documenti.. insomma tutto meno che il culo.... Anzi no, a dire il vero ci metto anche un po' di culo perché sappiamo tutti che il GenovaPride nasce con un vizio di forma piuttosto grave. Il mio culo l'ho messo quando ho accettato di far epurare un documento ufficiale del GenovaPride (scritto da me) della parte in cui si chiedeva pubblicamente scusa per quell'errore. Forse l'essere "PROUD" è stato frainteso...?

Pensavo che comunque, a parte quella falsa partenza, Genova poteva offrire un'ottima uscita dalla crisi del movimento.

Certo dovevano cambiare alcune cose. Una su tutte: se si fa un documento con delle rivendicazioni, ebbene, accanto ad esse, ci si deve scrivere come reagiremmo, di fronte ad un rifiuto alle nostre istanze tutte. C'era da studiarci un po' perché non siamo lavoratori di un'Azienda che possono fare sciopero... ma esistevano spazi per "scioperi" d'altro genere, che potevano fare male allo Stato (e allo sputtanamento dell'Italia in ambito UE), se messi in atto da una o due milionate di persone...

Peraltro la gente gay e lesbica, oggi è stufa dei Pride "parata" e vuole agire.... Forse solo ora è arrivato il momento che una forma di protesta raccoglierebbe consenso, se messa in atto in modo giusto, coinvolgendo la gente e non per "farsi belli".

Ma vallo a fare capire alla dirigenza LGBT italiana (giuro che ci ho provato cento volte, a parole e per iscritto, anche se privatamente).

Infatti la mia proposta non passa. Passa solo un acronimo più lungo di LGBT. Una Q ed una I che probabilmente non troveranno adeguata attenzione nelle iniziative concrete del Pride (anche se io spero di cuore di no). Non ho forze per le lotte interne. Mi dimetto: io socia fondatrice del Comitato GenovaPride mi tolgo da ogni responsabilità nel GenovaPride...

Non ho avuto neppure la presentazione (tra gli eventi del GenovaPride) del mio libro "Translesbismo: istruzioni per l'uso" che sta per uscire, finalmente, in edizione italiana e finale (insomma sarà acquistabile anche nelle nostre librerie, magari ordinandolo, con il codice ISBN italiano) e quella nausea che non capivo cosa fosse, che aveva preso a Davide e Matteo, me la sono ritrovata addosso, con gli interessi di quasi tre anni di inutile militanza. Tutto quel che è stato fatto di importante da Crisalide, è accaduto prima del 2006. Dopo ci sono stati scandali e poi alla fine una sopravvivenza da testimonianza.


Per queste e tante altre ragioni che mi porterebbero a scrivere un libro e non un "post",
ho deciso di lasciare ogni impegno in ambito politico, in particolar modo in ambito LGBT (Il QI sparirà subito dopo il GenovaPride).

Ho pensato di tirare avanti ancora con Crisalide, associazione mai chiusa, in ambito solo genovese, ma non ho voglia di far finta di spacciare una persona per un'Associazione.

Voglio chiudere pulita, chiedendo scusa a chi dovevo chiedere scusa, spiegando in breve i perché della mia scelta.

Francesca Eugenia Busdraghi, a Roma, porta avanti AzioneTrans. La sua nuova AzioneTrans. Spero con risultati migliori di quelli ottenuti da me. Non so come andrà avanti ma le auguro ogni bene.
Un'altra cosa.. e ..... e sì... 'sta cosa ora la posso/devo proprio dire alle persone transgender italiane: bene, ora avete le Associazioni che meritate.... le "dirigenze" che meritate. Statevene anni a convincere le psicoterapeute del MIT che siete trans.. così si spenderanno un sacco di quattrini (metà vostri, metà della Regione) e voi non transizionate per anni.... alla faccia dei protocolli internazionali sulla diagnosi e cura della condizione trans, che dichiarano come opzionale la psicoterapia negli adulti e non obbligatoria e... a vita (o quasi).

Noi ci abbiamo provato a ribellarci ma eravamo i soliti generali senza esercito....


Del resto ogni movimento di liberazione, si è liberato quando si è messo in gioco, non quando si è affidato a madrine e/o padrini che "pensano loro a tutto".

Io lascio i miei tantissimi scritti on line e i miei libri che spero di riuscire a continuare a scrivere.

Per il resto, su di me, non si conti più (cambierò anche il telefono, presto, che ancora squilla a ripetizione nonostante io dica che mi sono ritirata e dò altri numeri di altre associazioni e poi mi richiamano il giorno dopo perché non sono state considerate o sono state trattate con poca umanità).


Ogni gruppo, ogni movimento storico ha avuto quel che si meritava, scegliendosi i suoi leader.

Del resto di Giordano Bruno ce ne sono tanti e hanno quasi sempre perso, mentre i papi e le papesse, magari con le mani sporche di sangue, hanno quasi sempre vinto.

Questo accadrà finche la gente si fa gregge (pecora) e chi ha ideali si fa idealista, dimenticando troppo la realtà.

In fin dei conti il Comunismo che aveva di sbagliato? Una società che prevede che "ognuno dà secondo le proprie capacità e ognuno prende secondo i propri bisogni" è quasi evangelica.
Peccato che non teneva conto dell'avidità umana tra i nemici esterni del comunismo ma ancora di più tra quelli interni, che hanno trasformato un sogno in un incubo. In piccolo, molto in piccolo, è quel che è accaduto a Crisalide che resterà comunque sempre nel mio cuore per le centinaia di persone che ha aiutato a rendere la transizione un po' meno dura di quel che è.
Amen
Mirella Izzo

Genova 2 Aprile 2009

P.S.: ma che farò ora delle mie giornate, senza gli impegni del "movimento"? Innanzitutto i "casi miei" e pubblicamente continuerò a scrivere (qui o sui libri o su mirellaizzo.it o altrove) e farò del sito di Crisalide, delle sue 1000 pagine, un'enciclopedia aggiornata al 2008.
Chissà, magari ne regalo i contenuti a Wikipedia.it...