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venerdì 31 dicembre 2010

IMPORTAZIONE BLOG (NOTA DI SERVIZIO

IMPORTAZIONE BLOG (NOTA DI SERVIZIO

A causa della chiusura di un account FB, ho appena importato (con le date di pubblicazione corrette) alcuni interventi che magari non compaiono in evidenza come "nuovi" ma per chi non mi segue su FaceBook lo sono.
Riporto di seguito titoli e link per arrivare direttamente ai nuovi post elencati però in ordine di data originale, per chi avesse voglia di leggerli e commentarli:
Grazie per l'attenzione.
Mirella




giovedì 30 dicembre 2010

LODE ALL'IMPERFETTO (SDURATA COPPIE E SVITA CIVILE)

LODE ALL'IMPERFETTO (SDURATA COPPIE E SVITA CIVILE)

Guardando un banale film (seppur carino nella sua apparente semplicità della trama principale) come "Scusa se ti voglio sposare" (seguito di "Scusami se ti chiamo amore") mi sono emersi dei pensieri che il film, se guardato extra trama principale, quindi transversalmente, stimola (o perlomeno ha stimolato in me).
Le coppie scoppiano, non durano. I matrimoni mediamente si sfaldano dopo 4 anni (ufficialmente per cui mettiamoci già un anno di crisi precedente, mediamente), delle coppie di fatto si sa poco o niente grazie allla lungimiranza della politica italiana. Ho ragione di pensare che i tempi siano un po' più lunghi prima di arrivare allo sfaldamento. Questo perché l'aspettativa - di norma - è minore in una coppia di fatto rispetto a chi "decide il grande passo". Un passo così grande che le gambe non lo sostengono.
Prima era diverso. I matrimoni duravano una vita. Neppure era previsto il divorzio. Prima c'era la soggezione vicina alla schiavitù della donna nei confronti dell'uomo. Come minimo la soggezione economica. Le donne NON lavoravano e gli stipendi degli uomini erano pari a quelli che oggi danno a 2 lavoratori (mettiamo i componenti della coppia). La liberazione della donna si è miseramente schiantata contro il muro di un'astuta economia maschilista ancor prima che capitalista. Molte libertà la donna le ha conquistate e sono millenni di passi avanti avvenuti in pochi decenni (si pensi che fino a pochi decenni fa esisteva l'attenuante del "delitto d'onore").
Le coppie scoppiano e non durano, quindi, perchè le donne non sono più schiave, l'amore, per natura, non dura per sempre, e finito l'obbligo a stare insieme anche ad amore finito (che coinvolgeva anche gli uomini che però potevano distrarsi con amanti quasi ovvie e talvolta persino non nascoste).
Ma è davvero così? Meglio: è davvero solo questo il motivo?

domenica 28 novembre 2010

STORIE DI ORDINARIA FOLLIA QUOTIDIANA

STORIE DI ORDINARIA FOLLIA QUOTIDIANA

Il Maestrale infuria oggi da queste parti. Il vecchio palazzo in cui vivo, con finestre antidiluviane e persiane che non isolano fanno fischiare le finestre. Non c'è calorifero che tenga in giornate come queste dove l'aria passa da ogni dove. Sono a letto intorno alle 13 a guardare Inter Parma con scarso interesse e con Milky vicina a me al calduccio.
Improvvisamente un rumore fortissimo che fa tremare i pavimenti (di canniccio) dell'appartamento. Dopo pochi secondi ancora. Capisco subito che il rumore proviene dalla casa ma non dall'appartamento e che il rumore è di qualcosa di pesante che sbatte. Mi affaccio alla finestra, mettendo a rischio le "correnti interne" in appartamento e vedo, al piano di sotto, da un appartamento non abitato sottostante, le persiane e le finestre che sbattono fortissime ogni volta che il vento aumenta improvvisamente. L'aria gira ed entra anche dalla porta di casa, uscendo dalla porta del piano di sotto, entrando nella tromba delle scale e muovendo l'aria. Che fare? Nessuno abita là. Sto in un condominio dove sono tutti proprietari eccetto me che sono affittuaria. Non ho la più pallida idea di chi sia la proprietà dell'appartamento. Anche perché è cambiata da poco. I nuovo proprietari volevano fare un "loft" al terzo piano di una casa di inizio secolo costruita con travi di legno, pietre e "canniccio", tirando giù muri portanti ed è scoppiato un casino. Solo nell'appartamento dove vivo, dopo questi improvvidi provvedimenti (gioco di parole voluto) due porte non chiudono più e si sono formate nuove zigzaganti crepe. La cosa meravigliosa è che la proprietaria è ARCHITETTO!!!!!!! Forse era meglio studiasse ingegneria? Una lite tra condominio e nuovi proprietari. Loro che abbandonano il progetto - dopo la verifica che i danni c'erano - e poi io non ne so più nulla.
Questo per dire che non corre "buon sangue" tra i proprietari delle altre case e quelli dell'appartamento abbandonato e vuoto nel quale stanno sbattendo con clamore le finestre.
Per esperienza personale so che possono cadere giù, come minimo, i vetri. Sotto la strada un passaggio per le persone e tante auto posteggiate. Difficile passino persone ma le auto sono pronte ad accogliere, sfasciandosi, legni e vetri e quant'altro possa uscire da quellla bocca spalancata e vorticosa.
Attendo qualche minuto: mi aspetto che altri si affaccino e che chiamino i proprietari o l'amministratore o chissà chi. Silenzio assoluto. Il palazzo sembra disabitato.
Non aspetto altro tempo e chiamo il 115. Spiego il problema e rispondono che provvederanno.
Nel frattempo le persiane continuano a sbattere e ogni volta temo di sentire il rumore di uno schianto. Anche Milky non è tranquilla. Non resta che attendere. Ogni tanto guardo dalla finestra per vedere se altri avessero chiamato e provveduto, per fermare l'allarme ai vigili del fuoco (eravamo rimasti d'accordo così).
Finalmente suonano al portone. Apro loro e scopro che non passeranno dalla porta dell'appartamento ma si caleranno dalla mia finestra che è giusto sopra quella che sbatte.
Avrei potuto non chiamarli: la casa ora è un "cesso"... disordine dappertutto e non scopo da giorni... "ciliegina sulla torta", Milky ha appena fatto la cacca sul suo pannolone in bella vista, proprio mentre entrano i "pompieri".
Il "capo" ha bisogno di sapere il mio nome per questioni burocratiche.
"Eh... che casino... beh... All'anagrafe mi chiamo XXXX, nella vita Mirella". Non faccio tempo a terminare di parlare che mi dice subito che ha capito e si scusa. Io gli rispondo: "sapesse quante volte devo affrontare questa situazione". "Immagino" mi dice. Da quel momento in poi seguo le pericolose operazioni dei vigili. Lui non lavora ma mentre gli spiego perché ho chiamato e perché ho atteso qualche minuto mi dice: "Vede, lei ha fatto una cosa che dovrebbe essere considerata normale... ma oggi lei è l'eccezione... La gente se ne frega".

domenica 10 ottobre 2010

Ramon o Manuela?


GRAZIE PAOLA CORTELLESI 
Ringrazio amodomio84 che ha pubblicato questo monologo su youtube.
Il monologo è secondo me molto interessante ed offre molti spunti di riflessione, sia nei suoi aspetti di denuncia, sia in altri dove Paola "cade" (ma in buona fede) in alcuni stereotipi su cui non mi trovo d'accordo.
Credo però che anche l'esigenza scenica contribuisca a semplificazioni che altrimenti appesantirebbero il testo. E' evidente che non è, per me, l'intervento ai genitali (o altra chirurgia) a farci veramente uomini e donne, o per lo meno, non sempre, non è così per tutt*. Lei però parla di prostituzione trans sudamericana e quindi è comprensibile immaginare che il mancato intervento sui genitali sia dovuto a "leggi di mercato".
L'unica cosa che mi sento, appunto, di correggere a Paola, è proprio questo:
non sempre e non tutte le persone trans che non si operano ai genitali lo fanno per motivi di "mercato", non sempre l'intervento rende più o meno donna (o uomo) una persona transgender. Nella mia vita ho incontrato trans operate (ma anche donne biologiche!) che proprio non mi trasmettevano nulla di quel che appartiene all'inclusivo femminile e persino "semplici" travestiti che emanavano un'anima femminile da ogni poro (e non mi riferisco certo alle moine o alla bellezza ecc. ma a quelle cose che per scoprirle, di norma, serve almeno una chiacchierata).
In ogni caso mi resta solo una parola da dire a Paola Cortellesi:
GRAZIE
Mirella Izzo

mercoledì 6 ottobre 2010

Dimissioni da presidente Crisalide PanGender

DIMISSIONI DALLA PRESIDENZA DI CRISALIDE PANGENDER
E DA OGNI ALTRA CARICA/RESPONSABILITA' RELATIVA
AL MOVIMENTO TRANS E/O LGBTQI

Sul sito di Crisalide PanGender potete leggere le ragioni (o LA ragione) per la quale mi sono ritirata da ogni responsabilità attiva. Qui il link al post



LE VIE PERVERTITE DEL MASCHILISMO: GLI SPOT TV

LE VIE PERVERTITE DEL MASCHILISMO.
COME FARE DIVENTARE NORMALE IL PIU' BIECO SESSISMO 
ATTRAVERSO UNO SPOT TV
ATTENZIONE: QUESTO VIDEO SOSTITUISCE IL PRECEDENTE
NON PIU' DISPONIBILE!!
mi occupo di maschilismo da molti anni. Un maschilismo visto dalla parte transgender, quindi di chi ha vissuto, per un periodo della propria vita, come maschio/uomo.
Il più è contenuto in un libro di prossima (auto)pubblicazione che raccoglierà, in vari capitoli, il mio testamento politico rispetto a transgender, pangender, gender studies, transfemminismo e translesbismo, in primis.
Alcune cose però non riescono a stare in un libro. Inoltre, gli esempi di questa sottocultura dominante si accumulano giorno dopo giorno. Una cosa so per certa: uno spot così negli anni '70 '80 sarebbe stato sicuramente contestato dal movimento femminista. E oggi? Oggi sembra che tutto possa "passare" perché la politica ha perso di vista le cose e segue soltanto l'ideologia del berlusconismo o dell'antiberlusconismo. Battaglia giusta da fare, quella dell'antiberlusconismo ma guai se diventa una ideologia che assorbe le proprie energie al punto da dimenticarsi di quel che accade... in parte proprio a causa dello stesso fenomeno neo autoritario proposto da B. 
Credere però che l'unica battaglia da fare sia farlo cadere e poi... tutto si risolverà magicamente, è una follia. Qualcosa la rivoluzione bolscevica russa dovrebbe insegnare: non si può cogliere "il tutto" (ideologia) dimenticandosi delle "parti" (la vita sociale e i suoi cambiamenti).
Guardate il video e... femministe... fate un fischio, invece che battervi per escludere le transfemministe dal vostro movimento!
I commenti sono bene accetti, qui, in queste pagine
Mirella Izzo

martedì 10 agosto 2010

Trans: problema o risposta?

CHI E COSA SIAMO?
Siamo in agosto, mese di scarso desiderio di impegnarsi e di preoccuparsi per le vicende del mondo intero. Molte persone desidererebbero una "pausa" da ogni problema... Purtroppo ci si può solo isolare dal resto del mondo non seguendo tv, giornali, internet, ecc., ma i problemi personali e familiari restano: soldi, salute, amore, umore, autostima ecc.. Problemi o concreti o esistenziali che in comune hanno solo il fatto di "inseguirci" anche sulla punta dell'Everest.
Dico "Inseguirci" perché noi vorremmo scappare, spesso da tutte le difficoltà pratiche (ecco perché si dice che "la ricchezza non fa la felicità ma l'aiuta molto") e da noi stess* e dalle dinamiche relazionali che abbiamo messo in gioco o che abbiamo ereditato per nascita (la famiglia di sangue o adottiva).
Noi transgender siamo specialist* nelle questioni esistenziali ("Chi e cosa sono?"), ma, più sovente di quanto non si creda, diamo risposte molto diverse alla stessa domanda.. «Sono un maschio uomo o sono un errore biologico e sono maschio per errore ma donna?» «Non sono né maschio né femmina, né uomo né donna? Sono, al contrario, sia uomo sia donna?».
Domande che - di norma - restano oscure al "grande pubblico" di chi non vive sulla pelle questa opportunità che la vita ci ha posto davanti. Non la chiamo né sfortuna fortuna proprio per il motivo accennato: diamo risposte diverse alla stessa domanda, C'è chi ritiene una fortuna avere in sé "entrambe le "anime" del maschile e del femminile", c'è chi la ritiene una grave ferita e tenta in ogni modo di cancellare "l'errore originale", chi, ancora, nega di essere "due anime" e ritiene la propria condizione un errore meramente biologico che non porta affatto ad essere sia uomo sia donna, ma "donna intrappolata in un corpo maschile" o, viceversa "uomo intrappolato in un corpo femminile".
Chi ha ragione? Chi dà la risposta corretta? Chi sono io o chiunque altro, per dare una risposta univoca nel decretare chi sbaglia e chi è nel giusto? Al di là di alcuni punti fermi strettamente biologici (alcuni noti altri ancora no) che negare sarebbe una falsificazione evidente - e cioè, per esempio, che nasciamo maschi o femmine in termini genetici anche se ci sentiamo e sappiamo d'essere l'opposto di quel che ci dice il corpo e non possiamo modificare questa differenza nelle sue parti più "funzionali" come l'impossibilità a far transizionare delle ovaie in testicoli e viceversa, un utero in prostata e viceversa, ecc. - il resto appartiene più all'intimo sentire che non ad una oggettiva realtà. Perlomeno allo stato attuale delle nostre conoscenze psicobiologiche.
Alcuni studi (troppo pochi per diventare scientificamente accertabili) sembrano dimostrare che a livello di neuroscienze, effettivamente qualcosa di diverso vi sia anche nelle funzionalità biologiche fra noi trans e chi non lo è. Studi che sembrano dimostrare che i cervelli di tutte le persone trans analizzate  "funzionino" e abbiano caratteristiche tipiche del sesso opposto a quello di nascita. Qualora dovesse arrivare uno studio, replicato, di massa e con "cieco", fatto su persone trans prima che inizino la terapia ormonale e che desse lo stesso risultato di difformità tra corpo e cervello, ci troveremmo di fronte ad un nuovo affascinante enigma scientifico che però, nella correlazione inestricabile tra psiche e soma (PNI) non modificherebbe in modo determinante la "risposta individuale" che si darebbe alla citata domanda e, in questo caso, anche alla successiva «cosa significa avere un corpo maschile e una mente femminile (o viceversa)... Mi rende donna (o viceversa) o una via di mezzo, una sorta di terzo sesso, una sorta di intersessuale cerebro-somatico?»
L'aspetto "esistenziale" e - come tale - individuale, non credo potrà essere spazzato via mai. Anche qualora si trovassero aspetti genetici predisponenti (e se ce ne fossero anche altri, ignoti, che annulla o rinforzano o sostituiscano quelli scoperti?), il "kit diagnostico" di transgenderismo non credo sarà mai disopnibile. 
Non è come essere in cinta o meno o la misurazione dell'insulina. Nell'identità di genere entrano fattori "esistenziali" tali da mettere persino in dubbio l'attuale caratterizzazione patologico/psichiatrica della condizione stessa.
L'attuale bisogno di "ormoni/chirugie" ecc., questo sì, potrebbe diventare un obsoleto ricordo qualora gli studi attuali sulle staminali e sulla terapia genica dessero risultati per ora solo sperati. Il ricorso alla medicalizzazione "pesante" (mi riferisco alla chirurgia e a farmaci con impatto pesante) renderebbe ancora più difficile giustificare il già ingiustificabile inquadramento di patologia psichiatrica curabile con farmaci non psichiatrici e chirurgia non neuropsicologica.

In realtà, a ben guardare, la nostra realtà è così evidenziata e caricata di significati, esclusivamente per motivi culturali che vedono nell'appartenenza all'uno o all'altro sesso la prima e più importante discriminante per spiegare la natura umana. Esigenza di "classificazioni" chiare, inequivocabili per spartirsi gli "oneri" di una vita sociale, basata sul sesso di appartenenza. 

Senza questi aspetti, il nostro interrogarci sul "chi e cosa sono" non dovrebbe essere poi così diverso dalle domande ancestrali e universali che dovrebbe porsi ogni essere umano, da sempre. I classici "chi sono", "perché sono", "da dove provengo", "dove vado".
Proprio questi motivi culturali che ci fanno balzare in testa agli interessi "popolari" sia in termini morbosi, sia in termini di condanna dogmatica, sia in termini positivi, di curiosità verso il confronto con una realtà "altra" rispetto all'imposto dualismo sessuale, rende - di fatto - la nostra condizione un qualcosa che, pur partendo da uno specifico territorio dell'identità umana, diventa di valore universale per ogni essere umano.
Per questo subiamo un carico di stigma sociale vergognoso.
Per questo siamo l'oggetto del desiderio di molti studiosi della natura umana.
Per questo siamo altrettanto interessanti per chi si occupa di psiche o di sistema neuroendocrinologico, di genetica ed epigenetica.
Per questo raccogliamo tanto successo sia con uomini sia con donne in ambito sensuale.
Per questo sempre più raccogliamo l'interesse di sociologi e studiosi di diritto.
Per questo la nostra presenza fa sempre alzare lo "share" nelle tv.
Generalmente non ne siamo pienamente consapevoli noi, non lo sono né i ricercatori che ci studiano per trovare delle risposte, né - tantomeno - il "pubblico popolare" di tv e giornali,
ma di fatto, la nostra realtà, per via dei dogmi culturali che spezza e corrode, rappresenta un universale "remind", valido per tutte e tutti alle domande essenziali che chiunque dovrebbe porsi per vivere una vita consapevole e che la cutlura di una vita tutta esoversa (rivolta all'esterno, alle merci, al denaro, all'accumulo di beni materiali e umani, alla carriera, al bisogno di arrivare a fine mese o di arricchirsi, ecc) rende così difficile da praticare.
Viviamo in un mondo che non lascia molto spazio e tempo ad interrogarsi su di sé e per questo suscitiamo scandalo o morboso o appassionato interesse.
In fondo, non lo sappiamo, ma abbiamo una grande responsabilità sulle spalle: ricordare al mondo degli uomini e donne, che per vivere bisogna prima essere e per essere bisogna prima capire chi e cosa siamo.
Non c'è che dire: una bella grande responsabilità.... di cui, prevedo, l'umanità diventerà più consapevole tra qualche decennio (2012 permettendo).


Mirella Izzo
Genova 10 agosto 2010, ore 12


PS: questo scritto doveva, in partenza, essere una breve presentazione alla riproposizione "in casa" di una mia vecchia intervista rilasciata a blog esterni, che ritenevo ancora attuale e importante per la natura divulgativa del suo contenuto.
Poi, come talvolta mi accade, le mani hanno iniziato ad andare da sole, spinte da sinapsi che si formavano via via scrivendo e quindi, il pezzo ha assunto una sua autonoma natura e come tale ve lo presento

sabato 3 luglio 2010

BASTA CON I POLITICI CHE INSIDIANO LE TRANS


PRESS RELEASE
SCANDALO: SEMPRE PIU’ SPESSO STIMATE TRANS EXTRACOMUNITARIE VENGONO TROVATE – FORZATE COI SOLDI E POTENZIALI MINACCE DI ESPULSIONE - IN COMPAGNIA DI POLITICI COCAINOMANI

Non è più possibile sopportare questo stato di cose immorali
Normali persone transgender che vengono sempre più spesso circondate dal malaffare di politici=cocainomani persino incapaci di mantenere il riserbo sulla loro doppia scandalosa situazione di politici e cocainomani.
E dovremmo anche finirla con questi sottili distinguo da salotto fra “politici” e “cocainomani”. 
In quale altro luogo è stato proposto di mettere degli “sniffometri” se non nel Parlamento Italiano? 
Come per i metal detector in certe scuole americane violente: là le armi degli studenti, qui la cocaina dei politici.
Dopo i tanti casi di politici scoperti con le narici nella polverina, si dovrebbe finalmente avvertire come socialmente accettabile l’equivalenza “politico = cocainomane”.
Altro che “trans = prostituta”. La percentuale di trans che si dedicano allo scambio "soldi/piacere" sono in una percentuale ben inferiore rispetto ai politici sospettati d’essere dediti allo sniffo!

E’ ora di dire basta alla libera circolazione notturna dei politici=cocainomani che molestano le transessuali, per di più straniere e senza permesso di soggiorno, quindi meno capaci di difendersi dalle loro morbose attenzioni.
La spinta interiore verso il Male porta questi “poliscocainomani” a frugare nel torbido persino fuori dalle aule parlamentari, in una sorta di delirio ossessivo-compulsivo: non cercano trans italiane, non ci si fidanzano, né le sposano. Cercano quelle straniere per poterle tenere nascoste e, magari, farsi aiutare a trovare cocaina per pochi spiccioli, per non apparire. 
Indemoniati spiriti di uomini che con questi atteggiamenti spingono povere ragazze nel giro della prostituzione né più né meno di qualsiasi “magnaccia” di borgata.
Scelgono le trans per aggirare con matematica certezza antiche ed eterne norme etiche, ovvero per non rischiare di incorrere nell'abominio di accompagnarsi ad una donna durante le mestruazioni (Levitico 15-19-21) e per  possedere degli schiavi “sia maschi sia femmine” purché stranieri (Lev. 25:44) ma poi si abbandonano, con costoro, a serate di Champagne, Cocaina e Crostacei (e questi ultimi costituiscono abominio per il Levitico).
Inoltre si rifiutano di battere le loro mogli che usano costantemente vesti di diversi tessuti, sempre in contrasto con il Levitico. Per fortuna –  almeno per quest’ultima violazione - ci ha pensato la Corte di Cassazione, a restituire il diritto degli uomini a  maltrattare le donne, attraverso una Sentenza recentissima, ispirata diretamente da Dio!
Tutto questo descrive questi uomini come falsi uomini degni di fede e dalla “doppia faccia”.

Per queste ragioni è giusto chiedere:
-      che per i politici=cocainomani venga applicato il coprifuoco alle 21 di ogni sera e che non possano circolare se non nelle aule parlamentari dove potranno dar sfogo ai loro vizi distruttivi solo attraverso il pigiare qualche tasto per votare qualche legge, parto della loro mente confusa o di quella dei loro capicorrente;
-     la tutela delle persone trans attraverso la fornitura di “auto blu” e scorta di polizia per tutte le persone transgender, al fine ridurre il rischio - durante gli spostamenti - dagli ignobili assalti di questi peccatori inveterati in cerca di festini con schiave che erroneamente credono essere "sia maschi sia femmine", cocaina e - orrore - aragoste e champagne!
-     che Camera, Senato e Aule Consiliari Regionali diventino dei C.I.E., con  la contemporanea chiusura di quelli attualmente aperti;
-      che venga aperto un terzo C.I.E., a Roma, per ospitare quegli extracomunitari provenienti dalla Città del Vaticano ormai noti come “preti=pedofili”.
-       
La dignità delle “persone perbene=transgender” è sempre più offesa dall’impunità offerta a questi mostri, liberi di aggirarsi intorno a povere donne indifese, in attesa delle loro malefatte. A poco valgono pentimenti tardivi che mettono a repentaglio la stessa vita delle persone trans che coinvolgono nei loro sporchi bisogni di deviazioni (crostacei, champagne e cocaina).

Mirella Izzo                                                               

Mirella Izzo è Presidente dell'Associazione Crisalide PanGender                             

giovedì 20 maggio 2010

Il nuovo sito di Crisalide PanGender

IL NUOVO SITO DI CRISALIDE PANGENDER

Crisalide PanGender, associazione di cui sono attualmente presidente, ha cambiato pelle. Un sito/blog nuovo interattivo con i link ai vecchi contenuti e gli ultimi aggiornamenti tutti commentabili
Vi invito a visitarlo al nuovo link:



martedì 27 aprile 2010

Congresso 24 aprile 2010 - Permanenze


Il seguente post vuole essere la continuazione di un dialogo iniziato con il pubblico durante le conferenze di Novembre 2009 (on line diviso in parte 1 - parte 2 - parte 3 e parte 4) e del 24 Aprile 2010, organizzata dal C.I.R.S. Genova (non ancora on line), con la speranza di dare una continuità di dialogo che vada oltre gli incontri e si apra anche ad altri soggetti, assenti alle suddette manifestazioni.
Le seguenti parole si riferiscono sopratttuto in merito all'incontro del 24 u.s.
Buona lettura e l'invito a partecipare a questo blog con i vostri interventi.
L'incontro organizzato dal CIRS, sull'Identità di Genere, a Genova, il 24 aprile u.s. e che mi ha vista come relatrice della mattinata del convegno, è stata sicuramente un'esperienza nuova e arricchente per me, transgender, lesbica, presidente di Crisalide Pangender, invalida civile e chissà quante altre cose dovrei aggiungere per dare anche una vaga idea identitaria di me stessa.
Fondamentalmente, la distinzione più evidente rispetto ad analoghe esperienze del passato, era nel trovarmi - io non "operatrice" della psiche - in mezzo ad un pubblico totalmente o quasi tale.
Una distinzione che ha fatto del mio personale vissuto dell'evento, una giornata originale, nuova e da ricordare. Non nuova io al ruolo di "relatrice", ma nuovo il "pubblico attivo" con cui mi relazionavo.
Non posso che ringraziare Roberto Todella e Jole Baldaro Verde in primis, per lo spazio "non marginale" offertomi, non tanto come "testimone d'un vissuto", quanto come "esperta", perché soggetto autocosciente di sé e quindi "portavoce" di una possibile visione delle Identità di Genere, nata in seno a chi ha vissuto la contraddizione tra sesso genetico e Identità di Genere discordanti fra loro.
Una novità che il CIRS ha saputo mettere in pratica con l'incontro; tentativo che anche io avevo pensato (fallendo) di realizzare qualche anno attraverso la pubblicazione di un libro multiautoriale, nel quale le visioni delle Identità di Genere si confrontavano tra chi le studiava e chi le vivveva (e, ovviamente, le studiava anche poiché non basta "essere" qualcosa per conoscerla, se non ci si interroga su di sè e confronta con l'altro da sé).
Una novità che auspico possa presto riflettersi anche nella produzione di documenti, libri ed altre forme di comunicazione, dove i testi rappresentino il "contrappunto" delle due esperienze di partenza  e in cui possa diventare il terreno fertile per nuovi frutti e comprensioni sempre più approfondite della meravigliosa complessità dell'anima umana.
Meravigliosa tanto più "cosciente di sé" perché ogni potenzialità e complessità può anche diventare "terribile" se mal compresa o fraintesa e talvolta negata, obliata, se non rinnegata, rimossa ed infine stigmatizzata, discriminata.
Mi è spiaciuto lasciare l'aula prima della fine dei lavori ma tra i miei aspetti identitari che è giusto siano consociuti per spiegare alcune mie particolarità, stanno proprio nella voce "invalida". Sono andata via prima semplicemente perché energeticamente esausta e quindi fisicamente dolorante. Dolente e dolorante, per usare due "quasi sinonimi" usati però, il primo prevalentemente per "l'anima" ed il secondo per il "corpo"
Sebbene il CIRS mi abbia offerto molto tempo per confrotnarmi con tutt* voi (e l'asterisco sta per il rifiuto del "maschile neutro", almeno nello scritto), ci sono molte cose che sono rimaste nel cuore e non dette. Almeno sicuramente così è successo a me e immagino anche a qualcun* di voi.
Per questo scrivo queste righe. Per "tirar fuori" l'inespresso, o meglio, quella parte di "inespresso" che più spinge perché vuole uscire fuori.
Per questo le scrivo in un blog, al fine di consentire a chi c'era analoga possibilità.
Per questo ma anche per dare l'opportunità di mantenere, come le briciole di Hansel e Gretel, un segno che possa, se lo si vuole, continuare a comunicare.
Tornando a casa, dormendoci sopra, stamattina mi sono resa conto che una cosa su tutte mi è rimasta "in gola". E questa cosa nasce dal vissuto personale, dalla domanda più personale che mi è stata rivolta e non quindi dall'astrazione, pur indispensabile, della narrazione collettiva di percorsi personali e sociali.
Nasce da un insight che mi ha "colpita" stamattina mentre Milky si avvicinava a me, portando in bocca il suo osso di corde intrecciate, per offrirsi al gioco mattutino preferito.
L'ho pensato in relazione alla domanda che mi è stata posta sulla maternità. Su quanto questa mi fosse mancata nella vita.e poi sul se e sul come ho potuto esprimere questa  tipologia di sentimento nella realtà della mia vita senza figli.
L'ho pensato anche in relazione interconnessa con l'affermazione che per sentirsi ed essere donna, non è necessario rinnegare il proprio maschile interiore.
Tenuto conto che Milky ha due "mamme" e nessun "papà" mi è venuto in mente lo stereotipo (molto comune nella realtà) dei ruoli delle madri e dei padri (senza virgolette, questa votla). Una delle distinzioni più frequenti è proprio il fatto che la madre accudisce i figli mentre il padre - specie con i più piccoli - gioca ed attraverso il gioco, condivide e passa una serie di contenuti psichici (e culturali) di non poco conto.
Il mio "maschile", cresciuto nell'infanzia libero di giocare e non costretto a pseudogiochi femminili dove il  fil rouge è sempre la preparazione al ruolo di madre/donna di casa... Il mio maschile che quindi, ovviamente, preferiva il calcio o anche più semplicemente il gioco del pampano, all'interpretazione anticipata dei ruoli che ti aspetteranno da adulto*, tipico dei giochi "per bambine", ha mantenuto una capacità anche dentro il mio femminile prevalente, di continuare a "giocare", ad apprezzarne il valore liberatorio, purificante e catartico che purtroppo invece vedo raramente nelle mamme, ma, in genere, nelle donne.
Alcune civiltà che definiamo (e sono) barbare, costringono le donne all'abrasione della clitoride fin dall'infanzia per abituarle alla fedeltà e ad una sessualità passiva al servizio del proprio uomo. Da noi ci si è accontentati (almeno fino a pochi anni fa) ad abradere dal cervello delle bambine la capacità piena del significato del gioco.
Certo c'erano sicuramente bambine ribelli che si divertivano a giocare ai giochi veri con "noi maschi" (e io, in realtà ero proprio uno di queste), ma erano minoranzze chiamate "maschiacci".
Il gioco se non è esplorazione libera da condizionamenti di ruoli (di non gioco) adulti, non è vero gioco. Imititare un adulto calciatore che "gioca" al calcio" ha valori profondamenti diversi dall'imitare il "banchiere" o la "mamma" o la "casalinga" o anche la donna d'affari".*
Ho quindi pensato quanto il mio maschile VISSUTO nell'infanzia, o per meglio dire, il minor condizionamento di cui i bambini maschi godono, sia stato un dono enorme per la mia identità femminile.
Donne madri: trovate la voglia ed il tempo di giocare con i vostri figli... e non dico "fateli giocare" ma "giocate con loro" divertendovi con loro, così come fanno spesso i vostri compagni che a volte magari guardate con occhi di "superiorità", giudicandoli eterni bambini.
E' vero che gli uomini abusano spesso di questo privilegio infantile da farlo diventare un grave difetto da adulti ma non è la rimozione del gioco la soluzione alla "pseudo sindrome di Peter Pan" di cui sembrano - agli occhi di molte donne - soffrire i propri compagni.
Semmai è nel riposizionare nella scala dei valori questo fondamentale momento di liberazione umana, non nella negazione (specie se nasce da una rimozione di tutta una vita, anche infantile).
Io, immaginandomi madre e donna eterosessuale, mai delegherei a mio marito il piacere (ancor prima che ruolo) di giocare con i miei figli. Oh, li accudirei forse un po' meno, con qualche "pezza al culo" in più, ma giocherei con loro fin dai primissimi giorni, mesi di vita. In questo sarei molto diversa dall'immagine media della mamma tradizionale italiana (ma, per questo aspetto, non solo italiana, credo). Peraltro la mia compagna, pur più giovane di me, ma "nata donna" gioca meno di quanto faccia io... Un caso non fa statistica, però....
Non tanto il "mio maschile interiore" quanto il come è consentito crescere a chi nasce maschio, dà al mio maschile interiore connotati rari tra le donne nate tali.
La vergogna dei genitali, l'approccio spesso straziante con i primi approcci alla sessualità, dove istinto ed educazione stridono pesantemetne fra loro, il coraggio (che c'è quando si ha paura, ovviamente) di essere assertiv*, sono tutti retaggi della mia educazione al maschile vissuta nell'infanzia che mi rendono più facile esprimere quella mia parte di maschile interiore, per quanto piccola, liberamente.
E' evidente che sto generalizzando e che quindi si possono trovare eccezioni ad ognuna delle cose che ho detto, ma forse solo in questi ultimissimi anni, i ruoli infantili femminili si sono aperti un poco di più senza far ricadere la bambina nel ruolo di "maschiaccio" (che è un giudizio oltre che un ruolo e che è gradito solo da quelle bambine in cui il proprio maschile interiore è realmente forte, quindi gradito ad una estrema minoranza di bambine).
Anche per queste ragioni, nel documentario "O sei uomo o sei donna. Chiaro?" mi sono definita "donna con uno specifico diverso da chi donna è nata" o qualcosa del genere... Perché senza un'educazione al maschile io sarei diventata una ragazza infinitamente inibita e timida, perché ERO un maschietto infinitamente timido e solo le pressioni a non esserlo (perché «i maschi devono sapersi affermare nelle relazioni con gli altri bambini») mi hanno dato la voglia di cercare degli strumenti per vincere la timidezza... So che quando dico che sono una timida (d'origine) la gente si mette a ridere perché sono considerata - come minimo - una faccia tosta, se non peggio... e l'appellativo di "caterpiller" che mi sono guadagnata solo dopo la transizione, quindi solo come donna, è stato per me un enorme complimento che non mi ha scosso il mio senso d'identità femminile, anzi l'ha reso persino più... come dire... "figo..."?
Quel che quindi non ho fatto, durante l'incontro, è un appello alle donne a reimpadronirsi del gioco (qualora non abbiano saputo ribellarsi già nell'infanzia)... con i figli, con un cagnolino, un gatto... Anche ovviamente con gli adulti ma c'è un ma. Il gioco con gli adulti, tra adulti non ha quasi mai una qualità del gioco che puoi invece vivere con i bambini o in subordine, con quegli animali domestici che, proprio perchè addomesticati, restano un po' cuccioli per tutta la vita, con un'intelligenza paragonabile a quella di un bambino di 4-6 mesi di vita. Mi riferisco all'elasticità delle regole e alla capacità di adattamento immediato ad ogni improvvisa variazione di "impostazione", di fantasia che genera il gioco stesso. Lo spazio libero che ha regole estremamente semplici e costantemente mutabili... Quel gioco e solo quel gioco è una ricchezza che - da donna che ama in tutti i sensi le donne - desidererei si diffondesse sempre più, e non più come "stereotipo maschile" ma come un femminile liberato dai condizionamenti immediatamente post natali cui le "bimbe" sono sottoposte.
Certo ci sono anche orribili condizionamenti imposti ai maschi*. Ma questo è un altro argomento su cui, magari altra volta, mi permetterò di condividere con voi.
Come di tante altre cose "non dette" e che differenziano maschi e femmine e, addirittura, se predisposti, differenziano una stessa persona, uno stesso corpo, a seconda della prevalenza delle "sostanze informazionali" prevalenti che "giocano" sull'identità di genere un ruolo (in primis, ovviamente, gli ormoni sessuali).
Grazie.
Mirella Izzo

* Più volte ho, nel testo, usato l'asterisco per richiamare a queste righe che sto aggiungendo in data 30. Esiste uno stereotipo imposto ai bambini maschi molto importante e con conseguenze enormi. Non ne ho parlato perché richiederebbe un "capitolo" a parte d'un eventuale libro: mi riferisco al gioco della guerra, dei soldatini e di tutti quei giochi che hanno a che fare con il "togliere la vita" violentemente o il rischio di perderla; che hanno a che fare con l'aggressività testosteronica (che arriverà più tardi in modo esplosivo, con l'adolescenza) e la sua manifestazione oppure controllo (dipende anche da "come" si gioca, come si viene indotti a giocare "ste robe che equivalgono per certi versi al gioco della mamma. Con una differenza: le mamme ci sono sempre, le guerre no. E non è una differenza da sottovalutare, nelle sue conseguenze.

lunedì 15 febbraio 2010

Depsichiatrizzazione in Francia? LA GRANDE BEFFA

DEPSICHIATRIZZAZIONE DELLA CONDIZIONE TRANSGENDER IN FRANCIA?
UNA COLOSSALE, GRAVISSIMA BEFFA

Di seguito pubblico un comunicato stampa molto esplicito sulla palla clamorosa che ci stanno raccontando sulla depsichiatrizzazione della condizione trans in Francia. I media LGBT Italiani pubblicano con gran risalto e tripudio la notizia. Ebbene ecco cosa ne pensa chi subirà il cambiamento francese. Il seguente documento è del "Supporto Transgenere" di Strasburgo che quoto come mio. Se si vuole la depsichiatrizzazione, PRIMA bisogna garantire DOVE verrebbero inquadrate le condizioni "trans". L'ICD 10 dell'OMS parla include le "patologie" che possono essere riconosciute dagli stati membri. Non ci sono solo patologie. Ad esempio la gravidanza ed il parto non sono patologie ma sono incluse nell'ICD 10 come eventi naturali che abbisognano di cure mediche. Anche il "mobbing" è una malattia sociale con conseguenze psicologiche e pertanto sta dentro indirettamente nell'ICD 10. La nostra condizione non è quella omosessuale. Le persone trans, nel 99% dei casi hanno bisogno di farmaci, controlli, chirurgie. Purtroppo la teoria della phd Anne Vitale (e appoggiata da me) di includere la condizione trans nel DSM ma solo come stato d'ansia da deprivazione (sociale) della propria Identità di Genere non sembra che verrà presa in considerazione anche se sembra vi siano leggeri miglioramenti per il futuro (vedi mia nota precedente). Ma attent* a festeggiare l'evento francese e ancora più attenté a NON proporlo al Governo attuale. Ci accontentano in mezzo secondo... e il giorno dopo ci vanno altri a dire alle persone trans che hanno perso quel poco di SSN di cui dispongono:
Di seguito il Comunicato Stampa che NON condivido per le proposte alternative che propone (irrealizzabili, utopiche in questo momento storico come ipotizzare l'anarchismo possibile con gli esseri umani di oggi), ma che certamente spiega cosa sta accadendo in Francia.
Per quanto mi riguarda la strada è uscire dal DSM (o restarci come patologia sociale) ma NON dall'ICD 10 dell'OMS... e far le cose burocraticamente bene per non trasformare una apparente vittoria in una tragica sconfitta (con beffa).
IMHO
Mirella Izzo
Di seguito il comunicato stampa che spiega la situazione reale di quanto stia accadendo in Francia:


*COMUNICATO STAMPA - “Depsichiatrizzazione” la grande menzogna – quando lo Stato francese si prende gioco dei trans.*
(questo testo puo' essere diffuso liberamente)

Il Ministero della Sanita' di Roselyne Bachelot ha appena messo in pratica, il 10/2/2010 [1] cio' che aveva annunciato in pompa magna nel maggio 2009 [2]: eliminare cio' che chiama il “transessualismo” (e che noi chiamiamo la transidentita') dalla lista delle “patologie psichiatriche di lunga durata”, o ALD, secondo la definizione del Codice di Sicurezza Sociale.
Vale a dire dalla lista delle “patologie” le cui cure sono di fatto prese in carico e rimborsate al 100% dalle assicurazioni di malattia, lista che riguarda notoriamente le melattie mentali, che comprendeva notoriamente anche il “transessualismo”.
Come a maggio 09, il Ministero diffonde questa informazione con una campagna mediatica tonante e isterica, sotto elezioni, salutata da istituzioni e persone che parlano al posto delle persone transidentitarie, come se fosse una novita' rivoluzionaria e come se lo Stato francese fosse un campione internazionale di progresso dei diritti delle persone trans.
Oppure, come gia' avevamo previsto dopo l'annuncio del maggio 2009, non e' proprio nulla: no, lo Stato francese non “depsichiatrizza” la transidentita' – la de-rimborsa!

Di fatto priva, con un tratto di penna, un gran numero di persone transidentitarie di qualsiasi forma di rimborso per le cure, senza fornir loro alcuna alternativa, ad es. sotto forma di un ALD
“indefinita”, come fu ufficiosamente promesso nel 2009. E tutto questo senza cambiare alcunche' rispetto alle condizioni invivibili che vengono imposte ai trans da decenni.

Si tratta dunque di una vera e propria menzogna quella annunciata dai media, che “la Francia e' il primo Stato del mondo a depsichiatrizzare il transessualismo”.

La vera informazione del giorno e' che la Francia e' appena diventata uno Stato ancora piu' transfobico di prima: un ennesimo Stato che spinge le persone transidentitarie ogni giorno sempre piu' profondamente nella miseria senza far nulla per i diritti umani, civili e sociali, ne'
contro le discriminazioni che queste subiscono, notoriamente da parte dello stesso Stato francese.

Il Ministero della Sanita' e i suoi servizi, in particolare l'Alta Autorita' della Salute, nel suo rapporto estremamente retrogrado e transfobico dell'aprile 2009 [3], continua a parlare di “disturbo di identita' di genere” ed ad esaltare la supervisione medica, e incluso psichiatrica, delle persone transidentitarie.
Si parla anche di introdurre un “elenco nazionale dei transessuali”:
sinistri ricordi...

Ma torniamo un attimo agli annunci rimbombanti del Ministero della Sanita', e supponiamo che lo Stato francese abbia realmente depsichiatrizzato la transidentita': potrebbe, come logica conseguenza, abolire istantaneamente ogni discriminazione che ci viene imposta a causa della classificazione della transidentita' come malattia mentale... Attenti! Prendiamo tutto questo alla lettera.

Esigiamo di conseguenza che lo Stato francese prenda immediatamente le seguenti misure:

- La fine di qualsiasi patologizzazione della transidentita', a qualsiasi titolo e di qualsiasi forma si tratti: e' la transfobia ad essere una patologia, non la transidentita'.

- L'accesso libero e senza condizioni alle cure necessarie alle persone transidentitarie, senza classificarle come malate, ne' mentali ne' di altro tipo, compresa la definizione “disturbo di identita' di genere”.
Infatti i trans non sono per niente malati: le loro sofferenze sono esclusivamente conseguenza della transfobia dello Stato francese e della societa' transfobica che questo crea e gli impone.

- La fine del “percorso” e del “protocollo” che lo Stato francese impone ai trans, in totale illegalita', dato che non abbiamo bisogno del parere di sedicenti “esperti” per sapere chi siamo: gli esperti in transidentita' siamo noi stessi, che viviamo questa condizione 24 ore su 24.

- In particolare la fine immediata di tutti i maltrattamenti “medici” che lo Stato francese impone arbitrariamente ai trans: obbligo di sterilizzazione prima di qualsiasi accesso ai propri diritti civili e di uguaglianza, trattamenti medicalmente distruttivi, “competenze” sotto forma di vere violazioni, lavaggi del cervello...

- Che lo Stato francese paghi i danni: secondo il principio che tutti i danni devono essere pagati da chi li causa, lo Stato francese deve ripagare i danni ai trans per tutto cio' che a fatto loro subire, a livello di Diritti Umani, ormai da decenni. Subordinare questo rimborso ad una qualsiasi condizione, in particolare ad una classificazione dei trans come “malati” o persone “disturbate”, a qualsiasi titolo venga fatto, e' inaccettabile.

- I diritti civili e sociali uguali, pieni e completi per tutte le persone transidentitarie (diritto al lavoro, diritto alla salute, diritti familiari e parentali, diritto di voto senza fitro secondo
l'apparenza della persona...)

- L'abolizione della prima cifra del numero di Previdenza Sociale che stigmatizza i trans e li esclude di fatto dal mercato del Lavoro.

- L'abolizione di qualsiasi menzione del sesso e del genere su tutti i documenti di identita', per la stessa ragione.

- Il cambio di stato civile (compreso l'atto di nascita della persona) dietro presentazione di semplice domanda.

- Una vera politica di educazione pubblica contro la transfobia e l'omofobia da parte dello Stato francese, assieme ai gruppi autogestiti di persone LGBTI (lesbiche, gay, bisessuali, transidentitarie, intersessuate). Iniziando, ben inteso, dall'istruzione all'interno dello Stato francese stesso.

- Una vera politica di sanita' pubblica per le persone LGBTI, in particolare, ma non solo, nell'ambito delle Malattie Sessualmente Trasmesse. Cio' deve includere la possibilita' di donare sangue, cosa che a tutt'oggi ci e' ancora preclusa.

- La fine immediata delle violazioni, da parte dello Stato francese, della Carta Europea dei Diritti Umani, nello specifico a fronte delle persone transidentitarie, cosi' come richiesro dal Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d'Europa [4]

Tutto cio' vi sembra tanto? Ebbene non e' che lo stretto necessario per vivere una vita degna di questo nome. Noi siamo partiti. Lo e' anche lo Stato francese?
Non negozieremo alcuna di queste rivendicazioni minimali.
E continueremo a osservare da molto vicino tutto cio' che lo Stato francese e i suoi servizi faranno per o contro le persone transidentitarie, perche' crediamo nelle promesse solo quando esse si realizzano. E quando ci prendono sul serio.

*Support Transgenre Strasbourg*, 13 febbraio 2010
tel: 06 12 32 47 64 (après 18 h)
e-mail: sts67@sts67.org - web: www.sts67.org


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Note [i documenti sono in francese]:

[1] vedere
http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000021801916
(decreto originale consultabile su http://www.journal-officiel.gouv.fr/
alla data del 10 febbraio 2010)

[2] vedere
http://www.sante-sports.gouv.fr/declassification-de-la-transsexualite-de-la-categorie-affection-de-longue-duree-ald-23-affections-psychiatriques-de-longue-duree.html

[3] vedere
http://www.has-sante.fr/portail/jcms/c_766400/projet-de-rapport-sur-la-prise-en-charge-du-transsexualisme-la-has-ouvre-une-consultation-publique
e leggere la nostra analisi e risposta qui:
http://pccsxb.net/dl/sts/text/2009-05-11_cp_rapport_HAS.txt

[4] vedere http://www.coe.int/t/commissioner/Viewpoints/090105_fr.asp

sabato 13 febbraio 2010

DSM V: DA DISTURBATI A INCONGRUENTI?

NOTA BENE: TUTTO QUANTO SEGUE NON E' IL TESTO FINALE DEL DSM V MA LA TRADUZIONE ED IL COMMENTO DELLE PROPOSTE FATTE DAL SOTTOGRUPPO DI LAVORO DEDICATO AI CAMBIAMENTI DELL'INQUADRAMENTO DELL'ATTUALE DISTURBO DELL'IDENTITA' DI GENERE.
SI TRATTA QUINDI DI IPOTESI DI LAVORO (SEPPUR IN FASE AVANZATA) CHE NON SONO ANCORA IN APPLICAZIONE.
FINO ALLA PUBBLICAZIONE DEFINITIVA DEL DSM V EDIZIONE, RESTERANNO VALIDE DEFINIZIONI, CRITERI DI DIAGNOSI E TRATTAMENTO DESCRITTI NEL DSM IV EDIZIONE RELATIVI AL COSIDDETTO DISTURBO DELL'IDENTITA' DI GENERE

testi originali e traduzioni copyrighted by Mirella Izzo

Sbirciando sulle prime pubblicazioni in merito allo stato dell'arte dell'atteso DSM V (che credo slitterà, nella sua versione definitiva al 2012), si possono capire una serie di cose importanti. Innanzitutto che il ritardo della pubblicazione del "manualone" degli psichiatri APA americani (di nome) e di tutto il mondo (di fatto) non sembrerebbe più dovuto alla riclassificazione delle condizioni transessuale e transgender, ma per altri aspetti.
Tramonta l'ipotesi che a noi piaceva, del GEDAD, proposta dalla prof.ssa Anne Vitale e da me adottata come il miglior compromesso possibile e si fa largo un nuovo nome a rimpiazzare l'antipatico "Gender Identity Disorder (GID)", in Italiano "Disturbo dell'Identità di Genere" (DIG). Non saremo più "malat* di DIG" ma "malati di "Incongruenza" di Genere o IG (in inglese GI, Gender Incongruence). Come... Sempre malat*? Si... Gli psichiatri sono ben lontani dal "depsichiatrizzarci" da quel che sembra di capire dalle loro prime risultanze di anni di discussione. Del resto la dott.ssa Peggy Cohen Kettenis, chairwoman del sottocomitato per le patologie "di genere" non è la Vitale prima citata. Ha idee più conservative sulla nostra realtà. In realtà quel che ho sempre notato è che ciò che differenzia gli atteggiamenti verso di noi è dato dal quoziente di "empatia" posseduto da chi ci "studia". A volte anche un po' di immedesimazione e uscita dal "ruolo" di espert*.
In questo senso, basta scambiarsi 2 email per comprendere la differenza tra, ad esempio, l'italo americana Anne Vitale e la citata Cohen Kettenis. Aperta e pronta anche a colorare di note personali (sull'Italia ad esempio, quando le chiesi il permesso di tradurre un suo pezzo) la prima, estremamente professionale ma distante e consapevole dei diversi ruoli, la seconda.
Non voglio personalizzare la subcommissione sulla Kettenis. In realtà sono moltissim* le/gli studios* che compongono questo sottocomitato, ma certamente il ruolo di un chairman, in genere, è proprio "l'indirizzo", il tipo di ricerche che si studiano e quelle che si omettono, ecc. ecc.
La Kettenis fu molto gentile ad ascoltare anche le parole di una presidente di una sperduta associazione transgender italiana, ma certamente, delle stesse, non ha in realtà tenuto poi gran conto. Forse anche perché indicavo come "ok" uno studio che con lei non aveva nulla a che fare, ma era americano e di una studiosa con grandi capacità immedesimative.

INCONGRUENZA DI GENERE (IG)
Non possiamo essere certi della corretta traduzione in Italiano dei termini psichiatrici ma in questo caso Incongruenza di Genere dovrebbe essere la giusta traduzione del GI su cui convergono gli studiosi del DSM V a venire. Sappiamo che "disorder" diventa, in Italiano "disturbo" e non "disordine" ma in questo caso le due parole che definiranno la nostra condizione sembrano chiare.
Se si cambia un nome, in psichiatria o in medicina, è perché dietro vi è un cambiamento di concezione della "patologia" studiata. Non sempre però sono cambiamenti sostanziali. Talvolta sono più formali che reali, specie in ambito psichiatrico dove "lo stigma" è sempre sulla "porta" ad aspettare un passo falso per entrare. Ed è proprio questa una delle prime considerazioni che il sottocomitato fa sul cambiamento di nome. Le associazioni trans di tuto il mondo avevano protestato per quel nome "Disturbo dell'Identità di Genere" perché troppo "marchiante" ed anche perché era "a vita". Anche la persona "transizionata" restava una "malata di DIG". La IG invece, proprio perché parla di "Incongruenza", finisce nel momento in cui termina l'incongruenza fra sesso e gender, quindi, a fine transizione (ma sarà da capire bene cosa si intenderà per "fine transizione").
Quindi uno dei primi motivi per cui cambia il nome della nostra "patologia" (userò questo termine perché è ufficialmente quello, non per un'adesione personale o di gruppo a questa visione) è dato dalle spinte sociali nate in ambito "trans" in questi anni. Spinte che hanno messo più volte in crisi molti psichiatri (parole loro) tra quel che si trovavano di fronte (il "paziente") e il "libro" (il DSM IV). In qualche modo vi è stata una sorta di sinergia tra movimento transgender e la parte più sensibile degli psichiatri di tutto il mondo.
Purtroppo però - scrivo a caldo e leggendo documenti inglesi non ancora commentati dalla psichiatria italiana (che mi risulti) - IG, sebbene non più un "Disturbo" (nel nome), resta una "incongruenza" propria dell'individuo e quindi psichiatrica a tutti gli effetti. GEDAD (Disturbo d'Ansia da Deprivazione di Genere) con il suo "Deprivazione" apriva un interessante capitolo che IG non apre in modo netto e chiaro. La "deprivazione" era ovviamente biologica ma anche sociale. In GEDAD vi era la consapevolezza che in alcune civiltà dove lo status di "transgenere" era accettato, non sono mai giunte notizie di "disturbi o forme di pazzia o delirio di chi viveva come prototransgender: anzi in molte culture queste persone avevano alta considerazione e vivevano in uno stato di privilegio rispetto alle altre. Incongruenza di Genere è meno chiaro nel far capire se e quanto l'incongruenza psicofisica di genere (noi non parleremmo di incongruenza in una visione pangender) abbia delle ricadute sociali nella sua produzione di sofferenza, quindi patologia, quindi psichiatrizzazione.
Un'altra considerazione fatta e pubblicata dalla sottocommissione richiederà ulteriori commenti se vi saranno novità: scivono infatti:

The subworkgroup has had extensive discussion about the placement of GI in the nomenclature for DSM-V, as the meta-structure of the entire manual is under review. The subworkgroup questions the rationale for the current DSM-IV chapter Sexual and Gender Identity Disorders, which contains three major classes of diagnoses: sexual dysfunctions, paraphilias, and gender identity disorders (see Meyer-Bahlburg, 2009a). Various alternative options to the current placement are under consideration.

che, tradotto in Italiano suona come:

la sottocommissione ha avuto una vasta discussione sul posizionamento del GI nella nomenclatura del DSM V, dato che tutta la meta struttura del manuale è sotto revisione. La sottocommissione si interroga sulla razionalità dell'attuale capitolo "Disturbi sessuali e di identità di genere"" che contiene tre classi di diagnosi: disfuzioni sessuali, parafilie (o perversioni) e Disturbi dell'Identità di Genere (vedi Meyer-Bahlburg, 2009a). Svariate opzioni alternative sull'attuale classificazione sono sotto valutazione.

Certamente la quasi unanimità delle Associazioni che si occupano di Gender Studies e di Transgender, trova molto difficile immaginare una correlazione tra "l'Incongruenza di Genere" e le Perversioni o le Disfunzioni Sessuali. E' assolutamente necessario battersi per una diversa classificazione. Crediamo che tutte le sofferenze causate dalla dominante concezione di Genere meriterebbero un capitolo a se stante, anche perché non esiste solo lo status Transgender/Transessuale, ma molte altre condizioni di Genere che possono determinare sofferenza psichica (anche se non sono patologie strettamente psichiatriche). Pensiamo all'intersessualità che - lasciata in mano ai soli medici genetisti - sta provocando da anni le orribili "attribuzioni di sesso" alla nascita su base meramente genetica (non esistono solo i cromosomi XY a differenziare, quindi anche altri aspetti del genoma vengono presi in considerazione ma nulla sul senso di identità della persona intersessuata che, peraltro, dovrebbe essere compresa in età adulta e quindi lasciare i neonati intersessuati in uno status anagrafico - non previsto da nessuno Stato - di "neutralità" temporanea o anche permanente). Per quanto riteniamo che, specie nel caso intersessuale, ma anche, in parte, quello transgender, l'unico parametro da prendere in considerazione dovrebbe essere il libero arbitrio della persona rispetto al proprio genere, meglio che le persone possano dire la loro con gli Psichiatri che subire "ob torto collo" una "attribuzione" di sesso decisa dai genetisti, senza alcuna considerazione dello stato psicologico della persona... del resto diventa difficile capire cosa senta un neonato in base al proprio gender.
Se anche le persone transgender/transessuali finissero sotto le grinfie dei genetisti saremmo spacciat*: "o hai l'allele giusto nel tuo DNA o NON sei trans", qualunque cosa tu senta... Roba da brividi e che ci dovrebbe far pensare a cosa provano, crescendo, le/i nostr* coinquilin* intersessuali ! Certo anche tra i genetisti vi sono avanguardie che rifiutano la "matematica genetica del DNA" parzialmente disturbata da qualhe errore di trascrizione da parte dell'RNA, e che parlano di "epigenetica" ed altri fattori determinanti (come persino la cultura, per gli umani) nel modificare e stabilizzare mutazioni comportamentali e fisiche sia in presenza, sia in assenza di modificiazioni del genoma, ma sono ancora minoranze che spesso non posso "provare" ancora (o hanno provato ma le prove non sono state accettate dalla Genetica Ufficiale) le loro teorie, studi, determinazioni.
Quindi dovremmo stare più attent* nel chiedere la depsichiatrizzazione. Non che non sia un obiettivo giusto ma bisogna anche guardare in che mani si rischierebbe di finire se venisse abbandonata l'interpretazione psichiatrica magari a favore di una presunta predisposizione genetica.
Ma torniamo in argomento. Torniamo al lavoro della sottocommissione che ci interessa in questo "editoriale" a caldo e come tale suscettibile di cambiamenti.

Nel suo riassunto estremo, ad oggi, la stessa propone:

Gender Incongruence (in Adolescents or Adults) [1]

A. A marked incongruence between one’s experienced/expressed gender and assigned gender, of at least 6 months duration, as manifested by 2* or more of the following indicators: [2, 3, 4]

1. a marked incongruence between one’s experienced/expressed gender and primary and/or secondary sex characteristics (or, in young adolescents, the anticipated secondary sex characteristics) [13, 16]

2. a strong desire to be rid of one’s primary and/or secondary sex characteristics because of a marked incongruence with one’s experienced/expressed gender (or, in young adolescents, a desire to prevent the development of the anticipated secondary sex characteristics) [17]

3. a strong desire for the primary and/or secondary sex characteristics of the other gender

4. a strong desire to be of the other gender (or some alternative gender different from one’s assigned gender)

5. a strong desire to be treated as the other gender (or some alternative gender different from one’s assigned gender)

6. a strong conviction that one has the typical feelings and reactions of the other gender (or some alternative gender different from one’s assigned gender)

Subtypes

With a disorder of sex development

Without a disorder of sex development

Tradotto brevemente:

  • "La definizione di Gender Incongruence (negli adolescenti o adulti)
  • Una marcata incongruenza fra il gender vissuto/espresso e quello assegnato, della durata minima di 6 mesi e che si manifesti con almeno 2 o più dei seguenti indicatori:
  1. una marcata incongruenza fra il gender vissuto/espresso e i caratteri sessuali primari o secondari (o, nei giovani adolescenti, incongruenza verso le differenziazioni dei caratteri sessuali primari e secondari immaginati sul proprio corpo)
  2. un forte desiderio di sbarazzarsi dei propri caratteri sessuali primari e/o secondari a causa della marcata incongruenza con il proprio genere vissuto/espresso (o nei giovani adolescenti, il desiderio di prevenire lo sviluppo dei prossimi a venire cambiamenti dei caratteri sessuali secondari)
  3. Un forte desiderio per i caratteri sessuali primari e/o secondari dell'altro genere (rispetto a quello assegnato. NdT)
  4. Un forte desiderio di appartenere all'altro genere (o qualche genere alternativo differente da quello assegnato)
  5. Un forte desiderio di essere trattato/a come appartenenti all'altro genere (o qualche genere alternativo, differente da quello assegnato)
  6. Una forte convinzione di avere i tipici modi di sentire e reazioni attribuite all'altro genere (o qualche genere alternativo, differente da quello assegnato)

Sottotipologie:

  • Con disturbi dello sviluppo sessuale
  • Senza disturbi dello sviluppo sessuale

Alcune novità, rispetto al DSM IV molto importanti vengono subito evidenziate. Due in particolare: la validità del criterio al fine della diagnosi positiva del desiderio di cambiare anche solo i "caratteri sessuali secondari" e che l'incongruenza non debba essere necessariamente dicotomica "uomo/donna o donna/uomo" ma includa "qualche genere alternativo differente da quello assegnato" ("or some alternative gender different from one’s assigned gender" in originale)
Il primo cambiamento lascia ancora qualche dubbio. Dal punto di vista strettamente clinico i caratteri sessuali primari sarebbero solo le gonadi, quindi testicoli per gli uomini e ovaio per le donne. Il riferimento ai caratteri secondari (ma non specificati) potrebbe quindi dare adito a diverse interpretazioni. Includere o non includere come necessari per la diagnosi, il desiderio di modifcare i genitali (pene e vagina)? Di fatto, nella consuetudine vengono considerati, per estensione, caratteri sessuali primari anche pene e vagina, in quanto direttamente collegati alle gonadi e, per caratteri sessuali secondari, si intendono la disposizione dei grassi, il seno, la barba, la voce, ecc. Nella seconda accezione estensiva, il cambiamento sarebbe rivoluzionario e - se fatto proprio dall'OMS e dagli stati membri - potrebbe obbligare le Nazioni ad adottare leggi che prevedano il cambio anagrafico anche per le persone "trans" che non intendano modificare i caratteri sessuali primari (gonadi e genitali).
Il secondo cambiamento sembra più chiaro anche se resta vago. Viene per la prima volta introdotto il concetto di "non dualità" dei generi. Nel parlare di "altri generi" si dichiara implicitamente l'esistenza di identificazioni di genere "miste" o "altre" che stanno dentro l'incongruenza di genere e non sono più considerate patologie psichiatriche di tipo "border line della personalità". Le persone che oggi si definiscono "genderquer" potrebbero, volendolo, accedere alla diagnosi e ai cambiamenti del proprio corpo (e anche anagrafici), senza dover ricorrere a penose bugie sulle proprie future intenzioni con i medici (cioè di voler "diventare donna o uomo" secondo stereotipo).

In qualche modo sembrerebbe che la psichiatria si stia da anni facendo carico delle nostre condizioni. Già i DSM III e IV, fatti propri dall'OMS hanno obbligato molti Stati a togliere dall'illegalità o dalla "perversione" la condizione trans (binaria "uomo/donna"). Oggi, con il DSM V, gli psichiatri sembrano accogliere le più importanti istanze del movimento transgender (anche perché i loro studi si basano sull'esperienza e non sull'ideologia... almeno così la scienza tende ad essere, pur subendo centinaia e centinaia di condizionamenti culturali, che però, nel tempo possono essere abbandonati perché l'approccio scientifico è adogmatico).

Sebbene indirettamente, gli psichiatri considerino appartenenti allo statu di "Incongruenza di Genere" (che è una sofferenza lecita dell'essere umano e di ignota origine), anche le "Gender Variances" e incita a considerare incluse anche le persone transgender e genderqueer e non solo la "transessuale tipicizzata 40 anni fa, obbligatoriamente etero, obbligatoriamente desiderosa ad ogni costo di operarsi ai genitali ecc.. Se non viene più considerato folle (border line) sentirsi di genere neutro, ad esempio, prima o poi Tribunalil e Stati dovranno prendere in considerazione revisioni profonde nelle proprie anagrafi.

Infine, scrive il sottocomitato altrove, la diagnosi di Disturbo dell'Identità di Genere era "a vita" (si restava tali anche a fine transizione) mentre l'Incongruenza di Genere finisce con la fine dell'incongruenza stessa. Cosa non da poco perché da "patologia inguaribile", lo status transgender, diventa una "incongruenza guaribile" e guaribile con la transizione anche dei soli caratteri sessuali secondari.

Altre cose si leggono negli abstract che spiegano le modificazioni proposte e sopra elencate sono:

For the adult criteria, we propose, on a preliminary basis, the requirement of only 2 indicators. This is based on a preliminary secondary data analysis of 154 adolescent and adults patients with GID compared to 684 controls (Deogracias et al., 2007; Singh et al., 2010). From a 27-item dimensional measure of gender dysphoria, the Gender Identity/Gender Dysphoria Questionnaire for Adolescents and Adults (GIDYQ), we extracted five items that correspond to the proposed A2-A6 indicators (we could not extract a corresponding item for A1). Each item was rated on a 5-point response scale, ranging from Never to Always, with the past 12 months as the time frame. For the current analysis, we coded a symptom as present if the participant endorsed one of the two most extreme response options (frequently or always) and as absent if the participant endorsed one of the three other options (never, rarely, sometimes). This yielded a true positive rate of 94.2% and a false positive rate of 0.7%. Because the wording of the items on the GIDYQ is not identical to the wording of the proposed indicators, further validational work will be required during field trials.

In breve spiegano che utilizzando anche solo due criteri, di quelli già proposti ad inizio documento, su vari studi fatti, si sono ottenuti dati con solo lo 0.7% di "diagnosi sbagliate"

Tra le note finali, il sottocomitato scrive:

1. It is proposed that the name gender identity disorder (GID) be replaced by “Gender Incongruence” (GI) because the latter is a descriptive term that better reflects the core of the problem: an incongruence between, on the one hand, what identity one experiences and/or expresses and, on the other hand, how one is expected to live based on one’s assigned gender (usually at birth) (Meyer-Bahlburg, 2009a; Winters, 2005). In a recent survey that we conducted among consumer organizations for transgendered people (Vance et al., in press), many very clearly indicated their rejection of the GID term because, in their view, it contributes to the stigmatization of their condition.

Da tradurre, più o meno, in:

1. Si propone che il nome Disturbo dell'Identità di Genere (GID) sia sostituito da "Incongruenza di Genere (GI) perchè l'ultimo è un termine descrittivo che meglio riflette il punto focale del problema: una incongruenza tra - da una parte - quale identità una persona sente e/o esprime e - dall'altra parte - come ci si aspetta che una persona viva rispetto al genere assegnato (in genere alla nascita) (Meyer-Bahlburg, 2009a; Winters, 2005). In un recente sondaggio che abbiamo condotto, tra le organizzazioni dei consumatori per le persone transgender (Vance et al., In corso di stampa), molte persone hanno chiaramente indicato il loro rifiuto del termine GID, in quanto, a loro parere, esso contribuisce alla stigmatizzazione della loro condizione.

Timidamente ed implicitamente, nella spiegazione dei perché della nuova definizione rispetto alla vecchia fa capolino il "sociale" e la sociologia. Secondo gli psichiatri, quindi, sentire e vivere l'incongruenza fra il proprio genere sentito e quello attribuito alla nascita (non lo dicono ma è quello che risponde ai caratteri genetici più diffusi XY, maschio e XX femmina), non è più un disturbo. Meglio ancora, gli psichiatri non entrano nel merito se lo sia o meno. Semplicemente, nel definire le condizioni transessuale, transgender e persino genderqueer (termini ormai unificabili visti i criteri di diagnosi), si limitano ad osservare l'incongruenza e gli effetti psichici di sofferenza che produce, senza giudicarla. Inoltre gli psichiatri sembrano interessati anche agli aspetti sociali e sociologici della Incongruenza di Genere, facendo riferimento al rifiuto della vecchia definizione che aumenta il rischio di stigma sociale verso le persone T*. E' questa la prima volta che il mondo accademico psichiatrico sembra ascoltare e accogliere qualche (poche) istanza proveniente dalle rappresentanze transgender. Il qual fatto (ascoltare "i malati psichiatrici" su argomenti relativi alle diagnosi) la dice lunga su quanto poco "psichiatrica" sia in realtà la nostra condizione. E dovrebbe anche far rientrare nelle nevrosi (che non incidono sulla capacità di intendere e di volere) e non nelle psicosi (che invece incidono) la nostra condizione

Scrivono ancora:

2. In addition to the proposed name change for the diagnosis (see Endnote 1), there are 6 substantive proposed changes to the DSM-IV descriptive and diagnostic material: (a) we have proposed a change in conceptualization of the defining features by emphasizing the phenomenon of “gender incongruence” in contrast to cross-gender identification per se (Meyer-Bahlburg, 2009a); (b) we have proposed a merging of the A and B clinical indicator criteria in DSM-IV (see Endnotes 10, 13); (c) for the adolescent/adult criteria, we have proposed a more detailed and specific set of polythetic indicators than was the case in DSM-IV (Cohen-Kettenis & Pfäfflin, 2009; Zucker, 2006); (d) for the child criteria, we have proposed that the A1 indicator be necessary (but not sufficient) for the diagnosis of GI (see Endnote 5); (e) we have proposed that the “distress/impairment” criterion not be a prerequisite for the diagnosis of GI (see Endnote 15); and (f) we have proposed that subtyping by sexual attraction (for adolescents/adults) be eliminated (see Endnote 18) but that subtyping by the presence or absence of a co-occurring disorder of sex development (DSD) be introduced (see Endnote 14). As in DSM-IV, we recommend one overarching diagnosis, GI, with separate, developmentally-appropriate criteria sets for children vs. adolescents/adults. The text material will provide updated information on developmental trajectory data for clients who received the GI diagnosis in childhood vs. adolescence or adulthood.

In questo paragrafo la sottocommissione evidenzia i cambiamenti di criteri che sarebbero da utilizzare nel DSM V al posto di quelli usati nel DSM IV. Il discorso si fa più tecnico ma fondamentalmente gli psichiatri sostengono che in Incongruenza di Genere vi sono delle variazioni sostanziali rispetto al DSM IV.

Propongono (a) un cambiamento di concettualizzazione delle questioni da definire enfatizzando il "fatto" dell'incongruenza di genere in contrasto con l'"identificazione crossgender" in sé; inoltre (b) propongono l'unificazione degli indicatori clinici che nel DSM IV erano suddivisi in A e B (vedi note 10 e 13 successive) per i criteri validi per adolescenti e adulti e propongono un set più dettagliato e specifico di indicatori politetici rispetto ai casi del DSM IV (Cohen-Kettenis & Pfaffin, 2009; Zucker, 2006).
Nei criteri per i bambini
propongono che l'indicatore A1 sia necessario (ma non sufficiente) per la diagnosi di GI (vedi la nota finale 5); propongono che il criterio di "disagio/compromissione" (dello stato psichico. NdT) non sia più un prerequisito per la diagnosi di GI (vedi la nota finale n. 15) e (f) la sottotipizzazione dell'attrazione sessuale (per adolescenti/adulti) sia eliminata (vedi Nota finale n. 18) ma che sia introdotta la presenza o assenza della sottotipizzazione di concorrenti Disturbi (in originale "disorder") di sviluppo sessuale (DSD) (vedi nota finale n. 14). Come nel DSM IV raccomandano un diverso set di sviluppo e diagnosi tra bambini e adolescenti/adulti. Il materiale dei diversi criteri forniranno informazioni aggiornate sui dati di traiettoria di sviluppo per i clienti che hanno ricevuto la diagnosi GI nell'infanzia o nell'adolescenza o l'età adulta.

Più complesse e di difficile interpretazione, le parole precedenti dicono qualcosa anche a noi "profani" della psichiatria. I casi elencati (per la diagnosi) nel DSM IV erano pochi... qui si parla di una maggior tipizzazione (quindi un ampliamento, si dovrebbe dedurre, delle casistiche e motivazioni che portano all'Incongruenza di Genere) ma non si dettaglia e quindi lascia aperto uno spazio di dubbio non da poco. Viene finalmente abbandonato il criterio dell'orientamento sessuale come indicatore dell'Incongruenza di Genere, slegando "quel che ci si sente d'essere" da quel che "ci piace sessualmente". Viene invece introdotta una nuova causa. Persone che hanno avuto Disturbi di Sviluppo Sessuale possono sentire più appropriato transizionare che mantenere un "gender" che è stato compromesso da aspetti prettamente sessuali del proprio corpo(mente).

Nella nota finale 3 aggiungono:

3. It has been recommended by the Workgroup to delete the “perceived cultural advantages” proviso. This was also recommended by the DSM-IV Subcommittee on Gender Identity Disorders (Bradley et al., 1991). There is no reason to “impute” one causal explanation for GI at the expense of others (Zucker, 1992, 2009).

Semplicemente chiedono di eliminare gli eventuali "vantaggi culturali percepiti". Fatto già raccomandato dal sottocomitato del DSM IV. Non vi è alcuna ragione per imputare come spiegazione del GI, vantaggi ottenuti a spese altrui (Zucker, 1992, 2009).
Togliere insomma qualcosa di aberrante ma ancora presente nel DSM IV, seppur ben poco utilizzato nelle diagnosi recenti.

Nota finale 4:

4. The 6 month duration was introduced to make at least a minimal distinction between very transient and persistent GI. The duration criterion was decided upon by clinical consensus. However, there is no clear empirical literature supporting this particular period (e.g., 3 months vs. 6 months or 6 months vs. 12 months). There was, however, consensus among the group that a lower-bound duration of 6 months would be unlikely to yield false positives.

che in italiano suona come:

4. E' stata introdotta la durata di sei mesi come periodo minimo di distinzione tra una GI temporanea o persistente. Il criterio usato per il periodo è stato deciso in base al consenso clinico. In realtà non vi è alcuna letteratura empirica e chiara a supporto di questo particolare periodo (per esempio 3 mesi contro i sei mesi o i sei mesi contro i 12 mesi). C'è stato invece un consenso tra i membri del gruppo che una durata inferiore ai sei mesi aumenterebbe il rischio di errori diagnostici (falsi positivi) (tra GI temporanea o permanente. NdT).

Con questa nota gli psichiatri dimostrano uno dei tanti "vagolare nel buio" rispetto ai "perché" della origine dell'Incongruenza di Genere. I sei mesi proposti sono un periodo scelto empiricamente, semplicemente osservando le cartelle cliniche delle persone. Purtroppo questo "periodo minimo" è davvero negativo. Darà, se accolto, spazio a protocolli come quello italiano (ONIG) che tengono sotto osservazione psicologicamente le persone trans per periodi illimitati senza dare una diagnosi positiva o negativa. Ci impegneremo affinché venga tolto il "minimo". Sei mesi per capire se una GI sia temporanea o persistente, sembra un periodo sicuramente più che sufficiente e più elevato di altri periodi di osservazione per vere patologie psichiatriche. Questo "minimo" è una delle novità peggiori di questo documento.

Nota finale 13

13. In the DSM-IV, there are two sets of clinical indicators (Criteria A and B). This distinction is not supported by factor analytic studies. The existing studies suggest that the concept of GI is best captured by one underlying dimension (Cohen-Kettenis & van Goozen, 1997; Deogracias et al., 2007; Green, 1987; Johnson et al., 2004; Singh et al., 2010)

Traduzione:

3. Nel DSM-IV, ci sono due serie di indicatori clinici (Criteri A e B). Questa distinzione non è supportata da fattori relativi a studi analitici. Gli studi esistenti suggeriscono che il concetto di IG è meglio definito da un'unica dimensione sottostante (Cohen-Kettenis , 2007; verde, 1987; Johnson et al., 2004, Singh et al., 2010)

Nota finale 14

14. There is considerable evidence individuals with a DSD experience GI and may wish to change from their assigned gender; the percentage of such individuals who experience GI is syndrome-dependent (Cohen-Kettenis, 2005; Dessens, Slijper, & Drop, 2005; Mazur, 2005; Meyer-Bahlburg, 1994, 2005, 2009a, 2009b). From a phenomenologic perspective, DSD individuals with GI have both similarities and differences to individuals with GI with no known DSD. Developmental trajectories also have similarities and differences. The presence of a DSD is suggestive of a specific causal mechanism that may not be present in individuals without a diagnosable DSD.

In Italiano:

14. Vi è una considerevole evidenza che persone con DSD (Disturbi di Sviluppo Sessuale) fanno esperienza di GI e possono desiderare di cambiare il proprio Genere assegnato. La percentuale degli individui che fanno esperienza di GI è "sindrome-dipendente (Cohen-Kettenis, 2005; Dessens, Slijper, 2009b). Dal punto di vista fenomenologico, gli individui DSD con GI hanno sia similarità sia differenze analoghe agli individui con GI senza DSD conosciuti. Anche lo sviluppo delle lnee guida (trajectories in originale. NdT) hanno somiglianze e differenze. La presenza di un DSD è indicativa di uno specifico meccanismo causale che non può essere presente in individui senza un DSD diagnosticabile.

Nota finale 15:

15. It is our recommendation that the GI diagnosis be given on the basis of the A criterion alone and that distress and/or impairment (the D criterion in DSM-IV) be evaluated separately and independently. This definitional issue remains under discussion in the DSM-V Task Force for all psychiatric disorders and may have to be revisited pending the outcome of that discussion. Although there are studies showing that adolescents and adults with the DSM-IV diagnosis of GID function poorly, this type of impairment is by no means a universal finding. In some studies, for example, adolescents or adults with GID were found to generally function psychologically in the non-clinical range (Cohen-Kettenis & Pfäfflin, 2009; Meyer-Bahlburg, 2009a). Moreover, increased psychiatric problems in transsexuals appear to be preceded by increased experiences of stigma (Nuttbrock et al., 2009). Postulating “inherent distress” in case one desires to be rid of body parts that do not fit one’s identity is, in the absence of data, also questionable (Meyer-Bahlburg, 2009a).

In Italiano:

15. Raccomandiamo che che la diagnosi GI sia data sulla base del solo criterio A e che il disagio e/o compromissione (psichica. NdT) (il criterio D nel DSM-IV) debbano essere valutati separatamente e indipendentemente (dalla diagnosi di GI. NdT). Questo problema di definizione rimane in discussione presso la Task Force per il DSM-V per tutti i disturbi psichiatrici e potrà essere rivisitato in attesa dell'esito di tale discussione. Anche se ci sono studi che dimostrano che gli adolescenti e gli adulti con diagnosi DSM-IV, di GID (con sofferenza e disagio profondo. NdT) abbiano funzionato correttamente, questo tipo di disfunzione non è affatto una constatazione universale. In alcuni studi, per esempio adolescenti o adulti con GID sono risultati con funzioni psicologiche entro un range non clinico (Cohen-Kettenis , 2009). Inoltre, l'aumento di problemi psichiatrici nelle persone transessualil sembrano essere preceduto da aumentate esperienze di stigma (Nuttbrock et al, 2009). Postulare la presenza di "angosce insite" nel caso in cui la persona desidera liberarsi di parti del corpo che non corrispondono alla propria identità è, in assenza di dati, discutibile (Meyer-Bahlburg, 2009a).

La psichiatria sembra finalmente rendersi conto che la scoperta dell'essere "trans" e quindi desiderare una transizione, magari anche chirurgica, non necessariamente provoca "disforia" profonda. Altrettanto finalmente, gli studiosi sembrano rendersi conto che spesso è lo stigma sociale a determinare un aumento dei disturbi psicologici, più che lo scoprirsi "trans" in sé. Propongono quindi che la GI non necessariamente produca in sè e per sè "disturbi" o "disforie". Questo probabilmente spiega anche il perché entrambi questi termini spariscono dalla definizione delle condizioni transgender. Un passo avanti molto atteso da decenni, in ambito transgender.

Nota finale 16

16. Although the DSM-IV diagnosis of GID encompasses more than transsexualism, it is still often used as an equivalent to transsexualism (Sohn & Bosinski, 2007). For instance, a man can meet the two core criteria if he only believes he has the typical feelings of a woman and does not feel at ease with the male gender role. The same holds for a woman who just frequently passes as a man (e.g., in terms of first name, clothing, and/or haircut) and does not feel comfortable living as a conventional woman. Someone having a GID diagnosis based on these subcriteria clearly differs from a person who identifies completely with the other gender, can only relax when permanently living in the other gender role, has a strong aversion against the sex characteristics of his/her body, and wants to adjust his/her body as much as technically possible in the direction of the desired sex. Those who are distressed by having problems with just one of the two criteria (e.g., feeling uncomfortable living as a conventional man or woman) will have a GIDNOS diagnosis. This is highly confusing for clinicians. It perpetuates the search for the “true transsexual” only, in order to identify the right candidates for hormone and surgical treatment instead of facilitating clinicians to assess the type and severity of any type of GI and offer appropriate treatment. Furthermore, in the DSM-IV, gender identity and gender role were described as a dichotomy (either male or female) rather than a multi-category concept or spectrum (Bockting, 2008; Bornstein, 1994; Ekins & King, 2006; Lev, 2007; Røn, 2002). The current formulation makes more explicit that a conceptualization of GI acknowledging the wide variation of conditions will make it less likely that only one type of treatment is connected to the diagnosis. Taking the above regarding the avoidance of male-female dichotomies into account, in the new formulation, the focus is on the discrepancy between experienced/expressed gender (which can be either male, female, in-between or otherwise) and assigned gender (in most societies male or female) rather than cross-gender identification and same-gender aversion (Cohen-Kettenis & Pfäfflin, 2009).

In Italiano

16. Anche se la diagnosi secondo DSM-IV del GID include più situazioni del solo transessualismo, è ancora spesso usata come equivalente di transessualismo (Sohn & Bosinski, 2007). Ad esempio un uomo può incontrare i due criteri fondamentali solo se crede di avere il tipico sentire di una donna e non si sente a proprio agio con il ruolo di genere maschile. Lo stesso accade per una donna che frequentemente passa "come uomo" (per esempio per questioni di primo nome, abiti, taglio dei capelli) e non si sente a proprio agio vivendo come una donna tipica. Alcuni che hanno avuto una diagnosi di GID basata su questi sottocriteri, differiscono chiaramente da una persona che si identifica completamente con l'altro genere e può trovare conforto solo vivendo permanentemente nell'altro ruolo di genere, che ha una forte avversione verso le caratteristiche sessuali del proprio corpo e vuole modificarlo tanto quanto sia tecnicamente possibile nella direzione del sesso desiderato. Quelli che soffrono di problemi a causa di uno solo dei due criteri (per esempio sentirsi a disagio vivendo come un uomo o una donna convenzionali) avranno una diagnosi di GIDNOS. Queso fatto è fortemente confusivo per i clinici. Perpetua soltanto la ricerca del "vero transessuale", al fine di identificare i giusti candidati per le terapie ormonali e chirurgiche, invece che facilitare i clinici a comprendere il tipo e la severità di ogni tipologia di GI ed offrire un trattamento appropriato. Inoltre, nel DSM IV, l'Identità di Genere e il Ruolo di Genere erano descritti come una dicotomia (o maschio o femmina) invece che come un concetto o uno spettro multi categoriale (Bockting, 2008; Bomstein, 1994; Ekins & King, 2006; Lev, 2007; Røn, 2002). L'attuale formulazione rende più esplicito che una concettualizzazione della GI che riconosce l'ampia variazione delle condizioni, renderà meno probabile che un solo tipo di trattamento sia collegato alla diagnosi. Prendendo quanto detto sull'evitare la dicotomia maschio-femmina, nella nuova formulazione, il focus è sulla discrepanza tra il genere vissuto/espresso (che può essere sia maschio, femmina, via di mezzo o altra cosa) e il genere assegnato (nella maggioranza delle società "maschio o femmina") piuttosto che l'identificazione cross-gender e l'avversione per il proprio Gender (Cohen-Kettenis & Pfäfflin, 2009).

Un capitolo che sarà da comprendere meglio. Se da una parte la visione più ampia della definizione di GI rispetto a quella di DIG, includendo diverse tipologie, oltre quella tipica di desiderio totale di appartenenza fisica e sociale al sesso opposto a quello di nascita in una visione dicotomica maschio vs/ femmina, non può che essere considerato un fattore positivo, dall'altra l'ipotesi del "giusto trattamento per il giusto "livello" e "quantità" di Inadeguatezza di Genere, lascia spazio a conseguenze un po' spaventose. Quali altri "trattamenti"? Se il "livello" di GI è basso si cura con gli psicofarmaci? Sarebbe un passo indietro di centinaia di anni. Se da una parte gli psichiatri si rendono conto che la ricerca "della vera persona transessuale" sia una ricerca vana, dall'altra non si comprende bene, abbandonando il concetto di "vero transessuale", come si intenderebbe trattare la varietà di diverse "non identificazioni" con il genere assegnato. Non vi è chiarezza sull'esclusione di trattamenti psichiatrici verso chi mostra un disagio di solo genere, rispetto a chi lo sente sia di Genere, sia rispetto al proprio corpo.
Anche in questo caso, proveremo ad avere qualche risposta in più...

Nota Finale 17

17. In referring to secondary sex characteristics, anticipation of the development of secondary sex characteristics has been added for young adolescents. Adolescents increasingly show up at gender identity clinics requesting gender reassignment, before the first signs of puberty are visible (Delemarre-van de Waal & Cohen-Kettenis, 2006; Zucker & Cohen-Kettenis, 2008).

In Italiano:

17. Per i giovani adolescenti è stato aggiunto il criterio dell'anticipazione delle caratteristiche sessuali secondarie, anche prima dello sviluppo dei caratteri sessuali secondari. Vi è un aumento di richieste verso i clinici di riassegnazione di genere da parte di adolescenti che non hanno ancora sviluppato i primi segni visibili di pubertà. (Delemarre-van de Waal & Cohen-Kettenis, 2006; Zucker & Cohen-Kettenis, 2008).

Una novità importante e positiva che potrebbe aprire le porte ad alcuni trattamenti (ad esempio di interruzione del processo che porta al dimorfismo sui caratteri sessuali secondari, con l'uso di farmaci analoghi dell'LHRH) anche verso i minorenni che manifestino una forte disidentificazione con il proprio genere assegnato.

Nota finale 18:

18. In contemporary clinical practice, sexual orientation per se plays only a minor role in treatment protocols or decisions. Also, changes as to the preferred gender of sex partner occur during or after treatment (DeCuypere, Janes, & Rubens, 2005; Lawrence, 2005; Schroder & Carroll, 1999). It can be difficult to assess sexual orientation in individuals with a GI diagnosis, as they preoperatively might give incorrect information in order to be approved for hormonal and surgical treatment (Lawrence, 1999). Because sexual orientation subtyping is of interest to researchers in the field, it is recommended that reference to it be addressed in the text, but not as a specifier. It should also be assessed as a dimensional construct.

In Italiano:

18. Nella pratica clinica contemporanea, l'orientamento sessuale di per sé ha solo un ruolo secondario nei protocolli di trattamento o nelle decisioni. Inoltre, si verificano casi di cambiamento di preferenze sessuali verso un genere o l'altro durante o dopo il trattamento (Decuypere, Janes, Può essere difficile valutare l'orientamento sessuale in individui con una diagnosi GI, in quanto, in fase pre-operatoria, potrebbero fornire informazioni non corrette al fine di ottenere l'autorizzazione per il trattamento ormonale e chirurgico (Lawrence, 1999). Poiché la sottotipizzazione "orientamento sessuale" è di interesse per i ricercatori del campo, si raccomanda che tale riferimento sia indicato ma non come dato identificatore (per la GI? NdT). Dovrebbe essere valutato come un costrutto dimensionale (?. NdT).

Era l'ora che venisse ufficializzato il dato dell'indipendenza tra Identificazione di Genere e Orientamento Sessuale e che i clinici si rendessero conto delle montagne di bugie raccolte nelle loro cartelle cliniche di clienti transessuali che raccontavano loro tutto quel che questi volevano sentire per ottenere una diagnosi positiva e l'accesso alle terapie ormonali/chirurgiche. Sarebbe interessante capire se gli "esperti" si siano resi conto che anche le autobiografie raccontate in ambito "non sessuale" non sempre corrispondono alla verità. Tutte le trans MtF sanno che per avere maggiori probabilità di una diagnosi favorevole devi raccontare che da bambino giocavi con le bambole. In alcuni casi è vero, in altri no. Ma in tutti i casi le persone trans MtF raccontano delle bambole, anche quando non corrisponde a verità. Un accenno autobiografico. Io ho potuto raccontare di essere attratta dalle donne e che da bambino preferivo giocare a pallone (e persino coi soldatini) piuttosto che con bambole e "cucine in miniatura" che usavano tra le femmine per prepararle al loro ruolo stereotipato di mamma e donna di casa, perché ho trovato una persona intelligente ed anche per una lotta personale contro il "mito" della trans tutta bambole e "think pink". Moltissime bambine, oggi, sono più attratte dai mostri splatter che non dalle classiche bambole ma nessuno pensa di farle transizionare a maschi!!!!

Nota Finale 19:

19. The subworkgroup has had extensive discussion about the placement of GI in the nomenclature for DSM-V, as the meta-structure of the entire manual is under review. The subworkgroup questions the rationale for the current DSM-IV chapter Sexual and Gender Identity Disorders, which contains three major classes of diagnoses: sexual dysfunctions, paraphilias, and gender identity disorders (see Meyer-Bahlburg, 2009a). Various alternative options to the current placement are under consideration.

In Italiano:

19. Il sottogruppo ha avuto un'ampia discussione circa la collocazione del GI nella nomenclatura del DSM-V, come avviene per la meta-struttura di tutto il manuale che è in fase di revisione. Il sottogruppo si interroga sulle motivazioni per l'attuale DSM-IV a riguardo del capitolo "Disturbi sessuali e dell'Identità di Genere" che contiene tre principali categorie di diagnosi: disfunzioni sessuali, parafilie e disturbi dell'identità di genere (cfr. Meyer-Bahlburg, 2009a). Sono allo studio diverse opzioni alternative per la prossima collocazione.

Qui gli esperti ci informano che tutto il DSM sarà sottoposto a verifica sulle nomenclature, classificazioni ecc. e che anche loro si stanno interrogando sulla logica di mettere insieme, nell'attuale categoria dei "Disturbi Sessuali e dell'Identità di Genere" le disfunzioni sessuali, le perversioni (parafilie) e i disturbi dell'Identità di Genere. Un noto politico italiano non molto fluente nel suo italiano commenterebbe con un "che c'azzecca?".

Le precedenti sono le prime considerazioni "a caldo" di quanto letto e compreso. Sicuramente seguiranno altri approfondimenti su questo tema ed anche su altri che toccano i nostri compiti statutari. L'invito è a "restare sintonizzati" ed anche a commentare ed eventualmente correggere sia le traduzioni sia le interpretazioni date ai documenti ufficiali del "sottogruppo" (qui a volte tradotto con sottocommissione) che studia i cambiamenti da apportare nel DSM V edizione a riguardo della definizione del cosiddetto "Disturbo dell'Identità di Genere". A presto.

Mirella Izzo

1a edizione, Genova, 10-12 febbraio 2010

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