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lunedì 9 giugno 2008

Prostituzione un reato?

Per consentire un dibattito riporto sul blog il comunicato stampa di AzioneTrans, sulle dichiarazioni del ministro Maroni ed il progetto di istituire il reato di prostituzione.

COMUNICATO STAMPA - RIFLESSIONI SUL REATO DI PROSTITUZIONE

Il Ministro Maroni ha invitato pubblicamente alla riflessione riguardo il reato di “adescamento”, quindi di prostituzione. Nella speranza che l’invito non fosse esclusivamente rivolto ai Parlamentari, ci permettiamo alcune riflessioni che sottoponiamo al Ministro ed a chiunque dovrà assumersi responsabilità in merito all’argomento.

Come è noto, la prostituzione – specie quella “in strada” – è formata da donne in gran parte extracomunitarie e sotto trafficking e da persone transessuali, anch’esse spesso extracomunitarie e sotto trafficking (fatto che si vuol rendere poco noto per affermare l’immagine della “trans” che “batte” perché le piace farlo), ma con una più alta percentuale anche di italiane.

Come responsabili nazionali di AzioneTrans, la nostra competenza è più specifica per la prostituzione transessuale e su questa ci permetteremo alcune considerazioni più approfondite, dopo una più generale sul “reato di prostituzione” in sé. Pensare di mettere nelle carceri donne che spesso arrivano in Italia attraverso dei veri traffici di carne e sono costrette a prostituirsi, dovrebbe far ribollire il sangue ad ogni uomo e donna, di qualunque “colore politico” sia. Punire le vittime è operazione semplice ma inutile (dove sono tutte queste carceri femminili? Quanti giudici e processi?) ed ha il sapore pesante della beffa.

Per quanto riguarda la prostituzione transessuale - spesso la più biasimata dalla gente e dai media - per quanto riguarda le extracomunitarie valgono le stesse considerazioni fatte per le donne sotto trafficking.

Per le “trans” cittadine italiane che si prostituiscono, crediamo di poter dire senza tema di smentita, che considerarle criminali in uno Stato che non ha mai applicato le Direttive Europee e le pronunce della Corte di Giustizia Europea che, in modo esplicito, stabiliscono l’obbligo di applicazione delle norme sulle pari opportunità fra i sessi, anche per chi intenda o sia nel percorso di transizione da un sesso all’altro, rappresenti un vero accanimento anti umanitario, ai limiti della violazione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

Invitiamo il Ministro Maroni e tutte le forze politiche del parlamento a riflettere sull’incredibile ingiustizia che comporterebbe punire chi si prostituisce perché non ha una chance di trovare lavoro. Potremmo elencare centinaia di casi di transessuali che, superati i primi test in Aziende che cercavano personale, sono poi state respinte perché con documenti “non in regola” (con cosa? In realtà sono perfettamente in regola secondo le leggi italiane) o “perché si vede” anche se già rettificate all’anagrafe.

Se prima non si mettono in atto tutte quelle disposizioni che obbligano alle pari opportunità anche per le persone transessuali, se non si combatte contro uno stigma sociale ingiustificato dai fatti (la transessualità non produce alcun danno alla comunità), se non si provvede a dare documenti adeguati anche a chi non possa o intenda sottoporsi ad una chirurgia “pesante”, se insomma, da una parte lo Stato induce alla prostituzione proprie cittadine e dall’altra le punisce, si determina un vero sopruso inumano ed ingiusto.

Ci permettiamo di ricordare al Ministro, al Governo tutto, che la richiesta di AzioneTrans su questi temi, presentata da poco al Comune di Roma, è stata fatta immediatamente propria dal sindaco, Gianni Alemanno, importante esponente dei partiti che compongono l’attuale Governo.

Attivarsi contro palesi ingiustizie, evidenti distorsioni di un sistema che rinchiude proprie cittadine nei ghetti, per la semplice condizione umana che vivono, non dovrebbe essere né di sinistra né di destra, ma di semplice buonsenso e umanità.

Rifletta sig. Ministro e riflettano tutti i parlamentari anche su questo, prima di procedere con norme che servono solo a stigmatizzare ancora di più, chi è costretta alla prostituzione e a nient’altro.

E per quanto riguarda la regolamentazione della prostituzione, pur essendo preferibile al reato, resta un “cerotto” che non interviene nell’unico processo che potrebbe contrastarla. Uno Stato attivo nel combattere tutte quelle situazioni sociali, culturali ed economiche, che portano donne e transessuali a vendere il proprio corpo.

Genova – Roma, 9 giugno 2008

Per AzioneTrans

Mirella Izzo Francesca Busdraghi

Presidente Nazionale Segretaria Nazionale

5 commenti:

Anonimo ha detto...

cara Mirella, quello che dici nel tuo comunicato è ovviamente giusto e corretto,vorrei però aggiungere una considerazione che vado ripetendo da tempo : una corretta legislazione in materia di prostituzione non può essere una legge contro la violenza,contro la discriminazione,contro lo schiavismo, insomma contro tutto quello che non è giusto in Italia. Il problema, a mio avviso, è semplicemente quello di dare un corretto assetto giuridico ad una attività che, di per se, non è illegale: regolamentare in un certo modo la prostituzione pensando esclusivamente a chi vi è "Costretta" per vari motivi, a me sembra un po' come castigare le pasticcerie per salvaguardare chi è diabetico. Ben vengano leggi che colpiscono lo schiavismo e la discriminazione nel campo del lavoro, ma questi problemi mi sembra che riguardino numerosi ambiti lavorativi e quindi, volendo colpirli, necessitino di una legislazione che non si concentri solo sul meretricio nel cui caso, certi aspetti degradanti sono più la conseguenza di un assoluto vuoto legislativo anzichè le caratteristiche precipue dell'attività in oggetto. Se una obbiezione , e quindi eventuali proposte correttive, si dovessero fare queste devono riguardare,prima di tutto, l'approccio mentale al problema che, sempre secondo me, esclude sistematicamente alcuni aspetti assolutamente fondamentali :

1) esistono persone che si prostituiscono, italiane ma anche non italiane, assolutamente non coercizzate e libere nelle loro scelte e che niente fanno per ledere i diritti altrui.

2) ogni tentativo di legge mira sempre a redigere una serie di doveri e di proibizioni, mentre non si preoccupa di delineare l'assetto giuridico di questa attività lavorativa, indicandone i doveri ma anche gli innegabili diritti.

3) le sex worker continuano ad essere viste solo ed esclusivamente come povere mentecatte nelle mani di feroci negrieri, gente da salvare e basta, dimenticando che il movimento delle prostitute italiane, da anni, non chiede di essere salvato, ma solo una giusta legislazione che permetta di svolgere questa attività tranquillamente e senza ledere la sensibilità di altre persone.

Non dimentichiamo che esistono già leggi contro lo schiavismo, l'immigrazione clandestina e contro la discriminazione, si tratta quindi, caso mai,di chiedere la loro corretta e tempestiva applicazione, mentre, ad oggi, per quanto riguarda la prostituzione esiste solo la legge merlin (del 1956 se non sbaglio... ) . Le sex worker italiane e non, che non commettono reati, che non ledono la quiete pubblica, che non feriscono il comune senso del pudore (sic !!) sono stanche di essere indicate come soggetti a cui rivolgere nuove imposizioni , di essere viste come soggetti penalmente pericolosi, di essere mischiate a chi evade la legge di essere, qui si, veramente, emarginate e trattate o come appestate o come, ripeto, poverette da redimere ed, infine, di essere chiamate in causa ogni volta che si parla di schiavismo, di discriminazione, di degrado sociale ect ect Così facendo si "sfrutta" e si colpisce l'anello debole di una catena che trae le sue origini non tanto dall'esistenza di un mercato del sesso, inteso come libera scelta e come necessità, ma, ripeto, da un vuoto legislativo inerente solo a tale attività.

Mirella Izzo ha detto...

Cara Tiziana,
magari ti stupirà, visto che non vi è cenno di questo nel comunicato stampa, ma sono quasi compeltamente d'accordo con le tue osservazioni. Non la penso diversamente da te, ma nel comunicato si parlava di altro e AzioneTrans ha anche delle priorità di intervento oltreché intervenire anche in base a quel che offre l'agenda politica.
Il reato di prostituzione, o meglio, di adescamento, è stato intanto pensato per chi lavora in strada. Là dove la percentuale di sex worker volontarie si riduce drasticamente.
Quindi su questo l'Associazione è intervenuta.
Inoltre, come dicevo, esistono delle priorità che ogni associazione si dà. Altre ass.ni trans sono spesso state viste come il sindacato delle trans prostitute e non delle e dei trans tout court.
Noi invece vediamo prioritario liberare il "mestiere" dalla coercizione diretta o indiretta.
Le lacrime di chi non vuole prostituirsi e deve farlo toccano, oltre che la ratio anche il cuore e lo straziano. Le implorazioni fatte ad AzioneTrans perché trovi lavoro a chi ci chiama disperata perché non vuole prostituirsi, sono una priorità rispetto al "che tipo di regolamentazione" dare al lavoro di sex worker. Anche perché è un'attività dove soggetti molto diversi fra loro vengono in qualche modo mischiati dentro la parola "prostituzione". Chi sceglie il sex working come propria attività e chi è vittima di trafficking o "sceglie" perché il resto dei lavori sono off limits, sono persone che fra loro hanno ben poco in comune. E' di poco tempo fa la dichiarazione delle trans del "ghetto" di Genova, nota zona dedita alla prostituzione transessuale, di votare tutte Lega Nord. Il motivo è semplice: loro "nemiche" sono le trans sudamericane irregolari.
Dietro questa parola quindi esistono realtà persino opposte e che si scontrano fra loro.
Quindi pur essendo d'accordo con le tue osservazioni, esse vengono in secondo piano, rispetto al trafficking o all'alienazione delle trans dal mondo del lavoro.
Inoltre Maroni ha paventato il "rischio" del reato di prostituzione (voluto da altri componenti del centro destra) proprio per propagandare i red light districts, soluzione preferita dalla Lega perché "così queste signorine pagano le tasse" (quasi testuale). Quindi quel che si teme è proprio una regolamentazione delle italiane nelle case (o bordelli??) e la criminalizzazione delle straniere e di una buona fetta di trans italiane che per svariati motivi potrebbe non entrare o non riuscire ad entrare nei "neobordelli" immaginati dalla Lega Nord.
Di fronte a tutto questo ed in virtù del fatto che il documento è un comunicato stampa e non un trattato politico sulla nostra posizione rispetto alla prostituzione in ogni suo aspetto, così abbiamo deciso di scriverlo, scegliendo quello che abbiamo ritenuto essere la priorità. Anche perché sappiamo ormai da tempo che se metti troppe cose in un comunicato stampa, il rischio è che pubblichino quel che meno è controcorrente e comunque lascia più spazio ai tagli delle Agenzie.
Che poi molti comunicati "non passino" per nulla.. questo è un problema antico di cui si lamentano persino strutture gigantesche come la C.G.I.L. (salvo che non sia il Segretario Nazionale a parlare o non si tratti di scioperi che toccano il "pubblico").
Spero di avere spiegato il perchè del taglio del nostro comunicato.
Un caro saluto.
Mirella

Anonimo ha detto...

Io penso che la prostituzione (sia maschile che femminile che trans o altro) sia anche nei casi di libera scelta un sintomo di non inserimento in una societa' che potrebbe e dovrebbe creare valori e primo fra tutti l'autostima, la volonta' e l'impegno a sviluppare opportunita' di cooperazione e socializzazione per la produzione di benessere collettivo. E' sempre esistita? Lo so. Anche il cannibalismo. La prostituzione quando scelta di rimbalzo per il rifiuto di lavorare se non nell' ambito delle morbosita' di coloro che pagano per masturbarsi con il corpo altrui, e quando non causata dall'emarginazioni economico-sociali-legislative e' pura pigrizia. Liberi di essere pigri? Certo. Tassati allora. Comunque se la prostituzione fosse una svolta intelligente e liberatoria le piu' grandi menti nel corso della storia l'avrebbero intrapresa. Io dico invece: creazione di ottimi posti di lavoro con contratti che fanno venire voglia di lavorare. Creazione di centri training che ti preparano al vero lavoro. Ma sopratutto una educazione all'autostima e al credere che la nostra mente e il nostro corpo sono il nostro tempio e che la cultura e lo sviluppo individuale e collettivo nonche' l'amore del prossimo e della vita sono quello che contano. Vorrei a questo punto dire che parlo da laica e laicista.

Mirella Izzo ha detto...

Non vorrei sembrare una specie di Ponzio Pilato, ma se da una parte ho dato ragione a Tiziana, dall'altra potrei darla anche a te, ma solo a livello personale.
Il punto è che noi non vogliamo dare un giudizio etico/morale sulla prostituzione in sé ed altre tipologie di sex working.
Noi dobbiamo liberare quel mercato dallo sfruttamento e dall'essere l'unico mestiere disponibile per le trans. Non solo di fatto, ma anche culturalmente. Si perché si vede dai libri e dai quotidiani che solo per noi esiste l'equivalenza fra condizione e mestiere. Un libro che si intitola "Vita da Trans" parla solo di prostituzione trans. Recentemente, dopo il caso Lapo, il Secolo XIX di Genova pubblicò un articolo che diceva che dopo il caso Elkann, "le trans guadagnavano di più di prima".
Io ho provato a spiegare alla mia (ex) azienda che essendo io trans, dovevano darmi l'aumento di stipendio, come scritto dal quotidiano, ma invano. E' evidente che in quel caso, trans era prostituta e bon. E quando chiesi la rettifica, molti giornalisti (anche una donna) inizialmente non capivano di cosa mi lamentassi. Solo quando ho fatto l'esempio: "ma se avessero scritto, in un articolo che riguarda la prostituzione femminile, "le donne guadagnano di più" tu ti saresti incazzata?" la giornalista ha immediatamente compreso di cosa parlavo e poi ebbi spazio con un articolo/intervista che rettificava l'approccio iniziale del quotidiano.
Quindi la possibilità - specie per le nuove generazioni - di non entrare obbligatoriamente nel sex working e, culturalmente, spezzare questa odiosa equivalenza.
Sarà tanto più facile farlo, tanto più saranno le persone trans inserite nel contesto lavorativo, sia esso dipendente o di intrapresa.
Ciao
Mirella

Anonimo ha detto...

cara Mirella

infatti avevo ben capito il senso del tuo intervento. Non mi sembra questa l'occasione per disquisire sulla liceità di una certa attività, ne stabilirne la maggiore o minore dignità. Credo sia sufficiente rispettare le libere scelte del prossimo, che le si condividano o meno anche perchè, lo sappiamo, spesso la moralità e quanto ne compete è cosa molto soggettiva e non generalizzabile a priori. Il rapporto con il lavoro è una questione certamente centrale nella vita e nel percorso di una trans, specialmente se lo si vede collegato alle indubbie necessità economiche che gravano su questo percorso e quindi, se visto come problema sociale, ovvero inerente alle istituzioni, assume inevitabilmente una assoluta priorità. Certamente tanto ci sarebbe da fare e da dire, e quindi ben venga ogni richiamo possibile al problema. Il mio intervento si riferiva, più limitatamente e pragmaticamente, all'oggetto richiamato dal titolo, escludendo, quindi, lo ripeto, giudizi sia su quanto precede, sia sulla cosa in se. ma vorrei porgere un ulteriore oggetto di riflessione : come si può notare, quasi sempre parlare di leggi sulla prostituzione porta ad includere giudizi sulla stessa, spesso, addirittura, fino a perdere di vista la cosa di cui si parla per limitarsi al solito, generico, giudizio negativo. Ora se questo fa parte della libertà di ciascuno, credo sia però vero anche che i giudizi morali dovrebbero essere messi da parte quando si intende riflettere sulle regole ed in questo ambito io ritengo che una legislazione che parificasse la prostituzione ad una qualsiasi attività professionale, indicandone quindi diritti e doveri, otterrebbe, tra l'altro, anche lo scopo, marginale se vogliamo, di renderla meno "Traumatizzante" per chi l'avesse intrapresa poco convinta, motivata dalle pressanti necessità economiche ma turbata da aspetti, appunto morali ed inerenti alla propria dignità. Perchè se è certamente corretto sottolineare quanto sia ingiusta la mancanza di alternative, la discriminazione ect ect credo sia anche vero che sarebbe cosa buona e giusta che, ove si decidesse di svolgere comunque una certa professione,questa fosse regolamentata in modo tale da non creare una serie di problemi accessori e, spesso, devastanti per molte. Per inciso, sarebbe da ricordare come molti degli aspetti "Negativi" di questo lavoro derivano proprio dalle condizioni in cui viene svolto che, a loro volta, hanno origine proprio dalla mancanza di una legislazione moderna e realistica. Ripeto, senza entrare nel merito se sia condivisibile una certa scelta. A ben vedere, e per eccesso, ci sono persone laureate che accettano di fare gli operatori ecologici, e questo credo sia già di per se abbastanza frustrante ma, quantomeno, l'attività di netturbini ha le sue regole, giuste o no,ma comunque tali da renderla socialmente regolamentata in modo accettabile. Questa stessa condizione credo sarebbe necessaria anche per tutte quelle persone che, non subendo ricatti, violenze et similia, decidono di intraprendere una certa attività, prescindendo, lo ripeto, da giudizi morali, che,comunque, non dovrebbero competere al legislatore e dando per scontato che,per certe categorie, sarebbe comunque, ed ovviamente, giusto, avere le stesse possibilità ed alternative di un qualunque altro cittadino italiano.

Trovo importante il tuo passaggio dove dici : Noi invece vediamo prioritario liberare il "mestiere" dalla coercizione diretta o indiretta. Il raggiungimento di questo obbiettivo, a mio avviso, passa anche dalla scrittura di una legislazione corretta e coerente con le reali necessità di chi svolge questo lavoro, pensata in questo senso, e non, come accade da sempre, limitata all'elencazione di doveri e di limiti, o votata ad una aprioristica "salvazione" ,ignorandone completamente i basilari diritti tra cui c'è anche, appunto, la libertà e la pari dignità.

Grazie comunque per l'attenzione e la piacevole discussione.